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 Lisistrata

 

Anfitrione

 

L'avaro

 

La locandiera

 

Il gatto con gli stivali

 

Raperonzolo

 

Gli amanti timidi

 

La bottega del caffè

 

Il ventaglio di Lady Windermere

 

La signora dalle camelie

 

Cyrano de Bergerac

 

Il berretto a sonagli

 

Miseria e nobiltà

 

Persicone mio figlio

 

La nemica

 

 

LUIGI PIRANDELLO - Il berretto a sonagli

D'accanto e non di fronte, col garbo e la buona maniera si riportano gli uomini a casa.

Abbiamo tutti come tre corde d'orologio in testa: la seria, la civile, la pazza.

Io guardo in terra e conto le stelle, anche senz'occhiali!

Non c'è più pazzo al mondo di chi crede d'aver ragione.

LUIGI PIRANDELLO - Il berretto  a sonagli

Riduzione e libero adattamento a cura di Cultura&svago

 

COMMEDIA IN DUE ATTI

 

PERSONAGGI
  

Ciampa, scrivano
La signora Beatrice Fiorìca
La signora Assunta La Bella, sua madre
Fifì La Bella, suo fratello
Il delegato Spanò
La Saracena, rigattiera
Fana, vecchia serva della signora Beatrice
Nina Ciampa, giovane moglie del Ciampa
Vicini e vicine di casa Fiorìca

Salotto in casa Fiorìca riccamente addobbato all'uso provinciale. Un uscio in fondo; usci laterali con tende. La scena è uguale per tutti e due gli atti.

 

SCENA PRIMA

 

La signora Beatrice, seduta sul divano, piange. La Saracena, seduta di fronte, la guarda contrariata.
Fana (indicando la signora che piange) - Siete contenta ora? Non vi rode la coscienza di attizzar questo fuoco e di rovinare una famiglia?

La saracena (donnone sui quarant'anni; sgargiante, con scialle stretto alla vita. Alzandosi) - Che dite? Coscienza, foco... Fatemi il piacere, signora!

Beatrice (sui trent'anni, pallida, isterica, seguitando a piangere) - Non le date retta... lasciatela perdere...

La saracena - No, le dica che io ho obbedito a un vostro ordine preciso.

Fana - A Dio, sì, a Dio dobbiamo dar conto tutti!

La saracena (a Fana) -  L'anima l'abbiamo tutti, servi e padroni, davanti a Dio; non voglio chiacchiere, sul mio conto. Qual è la vostra coscienza, vedere la povera signora pianger lagrime di sangue, patir le pene dell'inferno, e dite «Pazienza! L'offra a Dio!» Questa è la coscienza?

Fana - Questa, sì, per chi ha timore di Dio!

Beatrice - Allora un uomo vi tartassa, vi pesta sotto i piedi; è Dio, vero?

Fana - No. Io dico che dobbiamo offrirlo a Dio, signora mia! Ma quando mai gli uomini si sono presi così di fronte, a petto? Usar la forza con chi è più forte di noi? Piano piano, signora mia, d'accanto e non di fronte, col garbo e la buona maniera si riportano gli uomini a casa.

La saracena - E già! E per esser così, tutte le donne, gli uomini, oh! toppe da scarpe ne fanno di noi!

Fana - Questo la mia signora non può dirlo, ché è trattata in casa come una regina. Il cavaliere è prudente e la rispetta, non le fa mancare mai nulla.

Beatrice - Volete star zitta? Prudenza, già! rispetto, abbondanza, la casa piena. E fuori lui, che fa? E la mia pace? e il mio cuore?

Fana - Oh Madre di Dio!

La saracena - Ma che Madre di Dio! Una casa dov'è entrata la gelosia è  distrutta, è finita, terremoto perpetuo! 

Beatrice - Di rabbia, piango! Se lo avessi qua, lo squarterei! Dite, dite, Saracena, posso sorprenderli insieme davvero, domani stesso?

La saracena - Come due uccellini dentro il nido. Alle dieci e mezzo Vossignoria li prenderà tutti e due, a occhi chiusi. Una denunzia al Delegato. A tutto il resto penserò io. Il padrone le ha promesso di portarle da Palermo un certo regalo, una bella collana a pendagli. Scriva la denunzia, signora.

Beatrice (friggendo) - No...è meglio che faccia venire qua il Delegato Spanò, (deve tutto a mio padre, sant'anima). Andate a chiamarmelo.

Fana (trattenendo la Saracena) - Un momento... Signora mia, mi perdoni, al marito di questa buona donna, a Ciampa, Vossignoria ha pensato?

Beatrice - Sì, ho pensato a lui, non v'immischiate! So dove devo mandarlo.

La saracena - Dove vuol mandarlo? Ci pensano loro a mandarlo via! Ma già,  appena il padrone arriva e sale al banco, lui volta le spalle e se ne va da sé.

Fana - Siete pazza! Date a intendere che Ciampa sa tutto e sta zitto?

La saracena - Zitta voi, che non sapete nulla! Ma come? Vede la moglie con le bùccole agli orecchi; quattro anelli alle dita; domani le vede la collana a pendagli, e crede che se li sia comperati coi suoi risparmi? Quando il padrone è al banco, lui è sempre in strada, col naso all'aria, girando qua e là.

Fana - Lo sanno tutti che, ogni qual volta esce dal banco, tira su la spranga e la mette alla porta della stanza accanto e ci mette anche il catenaccio!

La saracena - Già! e il padrone la leva, perché ha la chiave.

Beatrice - (Alla Saracena) Ciampa ce lo leviamo dai piedi: lo farò partire questa sera. Fana ... non dovete fargli capire... Posso fidarmi di voi?

Fana - Signora mia, io l'ho tenuta in braccio da bambina! Non vuole fidarsi di me? (Piange.)

Beatrice - Via, via, non piangete adesso!

Fana - Vossignoria ha un fratello; ha la mamma, Vossignoria: si consigli con loro, che sono sangue suo e non possono tradirla.

Beatrice - Basta, non voglio più sentir nessuno! Andate a chiamarmi Ciampa! E voi, Saracena, il Delegato Spanò: pregatelo di venire qua subito.

La saracena - No, signora. Mandi lei (indica Fana) dal Delegato; a Ciampa ci penso io. Me ne vado. Siamo intese? Vossignoria è ferma? Per domani?

Beatrice - Ferma, ferma: fermissima, per domani. 

La saracena - Bacio le mani a Vossignoria e vado a chiamarle Ciampa.

(S'avvia alla porta, sente una forte scampanellata): Oh, suonano!

Beatrice (a Fana) - Aspettate. Forse è mio fratello. Se è lui: mi raccomando! (Le fa cenno di tacere.)

Fana - Se Vossignoria vuole che non parli... (Esce)

 

SCENA SECONDA

 

Entra Fifì La Bella, bel giovanotto, elegante, di ventiquattro anni.

La saracena (inchinandosi) - Serva di Vossignoria.

Fifì (squadrandola con disprezzo) - Ah, voi qua?

La saracena - Stavo per andarmene...

Beatrice - Sì, andate, andate. Siamo intese. Aspetto subito Ciampa.

La saracena -  Faccia conto che è qua. Bacio le mani a tutti e due. (Esce).

 

SCENA TERZA

 

Fifì - Che hai da spartire tu con codesta megera? Non sai che una signora per bene non può riceverla senza pericolo di compromettersi?

Beatrice - Già! Perché sa tutte le vergogne e le infamie di voi maschiacci, e avete paura che le mogli o le mamme vengano a conoscerle!

Fifì - Brava, sì. Coltivati sempre codeste belle idee, tu, e poi mi saprai dire dove andrai a finire!

Beatrice - Ah lo so bene dove andrò a finire. Non te ne curare! Per vojaltri tutto lo studio è di tenermi qua zitta e all'oscuro d'ogni cosa!

Fifì - Sei piena di veleno per tutti!

Beatrice - Ricordo quando ti bisognò questo danaro: (imitando la voce del fratello) "ajutami! salvami: ho giocato, perduto: sarebbe il disonore!" E fui costretta a ricorrere a questa "megera" per mandarla a Palermo a mettere in pegno, di nascosto a mio marito, un pajo d'orecchini e un braccialetto.

Fifì - Ah, l'hai fatta venire per quel pegno?

Beatrice - Voglio che domani sera  gli orecchini e il braccialetto siano di nuovo a casa. Ho mandato a chiamar Ciampa: lo faccio partire ora.

Fifì - Hai da pararti con tutti i tuoi ori per ricevere domani tuo marito?

Beatrice - E come! Devo fargli un'accoglienza! Vedrai che festino! (Suonano alla porta) Ecco Ciampa. Dammi il danaro. Puoi andartene.

 

SCENA QUARTA

 

Fana (dall'uscio in fondo) - C'è Ciampa. Vuole che passi?

Beatrice - Fatelo entrare. (In disparte le dice piano) Andate dove ho detto.

Fana (pianissimo) - Dal Delegato?

Beatrice - Pregatelo di venir da me. Fatelo entrare nello studio; fate presto.

Fana - Sissignora. Prendo lo scialle e vado. (Via.)  

Entra Ciampa: sui quarantacinque anni; capelli folti, lunghi; senza baffi; due larghe basette , grossi occhiali a staffa. Porta all'orecchio una penna. Ciampa - Bacio le mani alla signora. Caro signor Fifì. Eccomi umile servitore.

Beatrice - Eh, via! Servitore, voi? Padroni siamo tutti senza distinzione: voi, Fifì, mio marito, vostra moglie: tutti uguali! E non so se io sono sott'a tutti!

Ciampa - Per carità! Eresie, signora! Che dice mai!

Fifì - Lasciatela dire! Dice così, perché tutte le donne, secondo lei...

Beatrice - Non tutte, no: certe donne! Perché altre sanno prendervi con le buone e vi sanno lisciare così (gli passa una mano sulla guancia) e queste stanno sopra a tutte, anche se vengono dalla strada.

Ciampa - La signora ha nominato anche mia moglie? Io sono a servizio, ma mia moglie non deve essere nominata, né per bene, né per male.

Beatrice - Ne siete così geloso, che adombrate solo a sentirla nominare?

Ciampa: Nossignora. Marcio con un principio: moglie, sardine ed acciughe: queste, sott'olio e sotto salamoja; la moglie, sotto chiave. Eccola qua!

(Cava dalla tasca una chiave e la mostra) . 

Beatrice - Quasi che, chiudendo la porta, non restasse aperta la finestra!

Ciampa - Va bene, signora. Ma obbligo del marito è chiudere la porta.

Beatrice - Ah, davvero non avrei mai supposto che foste così terribile, voi!

Ciampa - Terribile? Ma no! Quando si sono messi i patti belli chiari avanti ...

L'uomo considera la donna che ha bisogno di prender aria alla finestra; la donna considera l'uomo che ha l'obbligo di chiudere la porta. E basta. Che comandi ha da darmi la signora?

Beatrice - Sentite, Ciampa: ho bisogno di voi, persona fidata, più che di famiglia...  Per la devozione e per tutto.

Ciampa - Lei vuol farmi intendere qualcosa che la parola non dice.

Che significa che io sono più che di famiglia? Che significa "per tutto»"? Sono io con la coda di paglia o lei la vuol pigliare contro di me?

Fifì - Contro di voi? Contro di tutti! È un affar serio!

Beatrice - Si può sapere che ho detto? O che non so più parlare adesso?

Ciampa - Non è questo, signora mia. Vuol che gliela spieghi io, la cosa com'è? Lo strumento è scordato.

Beatrice - Lo strumento? Che strumento?

Ciampa - La corda civile, signora. Abbiamo tutti come tre corde d'orologio in testa. (Con la mano destra chiusa come se tenesse tra l'indice e il pollice una chiavetta, finge di dare una mandata prima sulla tempia destra, poi in mezzo alla fronte, poi sulla tempia sinistra.) La seria, la civile, la pazza. Dovendo vivere in società, ci serve la civile; che sta qua, in mezzo alla fronte. Ci mangeremmo tutti l'un l'altro, come tanti cani arrabbiati. Io mi mangerei - per esempio - il signor Fifì. Non si può. Allora do una giratina alla corda civile e gli vado innanzi sorridente, la mano protesa: - "0h quanto m'è grato vedervi, caro il mio signor Fifì!". Ma se le acque s'intorbidano, cerco di girare la corda seria, per chiarire, rimettere le cose a posto. Se poi non mi riesce in nessun modo, sferro la corda pazza, perdo la vista degli occhi e non so più quello che faccio!

Fifì - Benissimo! benissimo! Bravo, Ciampa!

Ciampa - Lei, signora, in questo momento, deve aver girato ben bene in sé per gli affari suoi o la corda seria o la corda pazza, che le fanno dentro un brontolio di cento calabroni! Intanto, vorrebbe parlare con me con la corda civile. Ne segue che le parole che le escono di bocca sono della corda civile, ma stonate. Dia ascolto a me; la chiuda. Mandi via subito il signor Fifì...   

Beatrice -  Ma no, perché? Lasciatelo stare.

Fifì - Volete levarmi il piacere di starvi a sentire?

Ciampa (con intenzione) - Lei, signora, su la tempia destra, dovrebbe dare una giratina alla corda seria per parlare con me a quattr'occhi: per il suo bene e per il mio!

Beatrice - Non sto parlando per ischerzo, io. Vi voglio parlare seriamente.

Ciampa - Sta bene, allora. Badi però, signora, a chi non giri a tempo la corda seria può toccar di girare, o far girare agli altri la pazza: gliel'avverto.

Fifì - Mi pare che cominciate voi adesso, caro Ciampa, a parlare stonato.  

Ciampa - Da ragazzino, mio padre, invece di ripararsi la fronte, si riparava le mani. Inciampando, cadendo, tirava subito le mani indietro e si spaccava la fronte. Io, caro signor Fifì, metto le mani avanti, perché la fronte io me la voglio portare sana, libera, sgombra. (S'inchina) Ai comandi della mia signora.

Beatrice - Dovreste partire questa sera stessa per Palermo.

Ciampa (con sorpresa) - Per Palermo? E come? Domani arriva il padrone...

Beatrice - Ha forse tanto bisogno di voi domani al banco il padrone?

Ciampa - Certo! Io sono lo scrivano. Scrivo per conto del padrone; tengo registri, sbrigo affari. E lei vorrebbe mandarmi questa sera stessa a Palermo?

Beatrice - Se dico a mio marito che vi ho mandato io! Non mi sarà permesso di darvi un incarico?

Ciampa - Lei può sempre comandarmi, signora! È la mia padrona! Andare a prendere una boccata d'aria in una grande città come Palermo, è la vita! Soffoco qua, signora mia! Appena cammino per una grande città, già non mi pare di camminare sulla terra, mi s'aprono le idee! Ah, fossi nato in qualche città del Continente, chi sa che sarei a quest'ora...

Fifì - Professore... deputato... anche ministro...

Ciampa - Non esageriamo. Pupi siamo, caro signor Fifì! Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo. Pupo io, pupo lei, pupi tutti. Dovrebbe bastare, santo Dio, esser nati pupi così per volontà divina. Nossignori! Ognuno poi si fa pupo per conto suo: quel pupo che può essere o che si crede d'essere. E allora cominciano le liti! Ogni pupo, signora mia, vuole essere rispettato, non tanto per quello che dentro di sé si crede, quanto per la parte che deve rappresentar fuori. Esempio: lei qua, signora, è moglie, è vero?

Beatrice - Moglie, già! almeno...

Ciampa - Non ne è contenta, ma come moglie vuole rispetto, non è vero?

Beatrice - Lo voglio? Altro che! Lo pretendo. E guaj a chi non me lo porta!

Ciampa - E così, ognuno! Lei col mio riverito principale, se  fosse solo amico, potrebbe stare insieme nella pace degli angeli. La guerra è dei due pupi: il pupo-marito e la pupa-moglie. Dentro, si strappano i capelli, le dita negli occhi; fuori, vanno a braccetto: corda civile lei, corda civile lui, corda civile tutto il pubblico e i due pupi godono, pieni d'orgoglio e di soddisfazione!

Fifì (ridendo) - Ma sapete che siete davvero spassoso, caro Ciampa!

Ciampa - Questa è la vita: conservare il rispetto della gente, tenere alto il proprio pupo, quale si sia, per modo che tutti gli facciano sempre tanto di cappello! Veniamo a noi, signora. Che devo andare a fare a Palermo?

Beatrice: Queste, Ciampa, sono trecentocinquanta lire. (Gliele dà). Vado a prenderne altre centocinquanta di là e due polizze.

Ciampa (guardando Fifì con severità) - Del monte?

Beatrice - Precisamente. Si tratta di ritirare gli oggetti. Un pajo d'orecchini e un braccialetto, in due astucci. Vado a prendervi le polizze. (Esce)

Fifì - Siccome mia sorella li ha messi in pegno per fare un favore a me, di nascosto a suo marito...Ho restituito a mia sorella il danaro. E mia sorella desidera che gli oggetti domani ritornino a casa.

Ciampa - Domani? E che scusa troverà per il principale d'avermi mandato a Palermo alla vigilia del suo arrivo? Non avrebbe potuto mandarmi prima, senza che lui ne sapesse nulla?

Fifì - Veramente il danaro io gliel'ho portato ora.

Ciampa - Signor Fifì, qua sotto gatta ci cova! Badi che sua sorella ha qualche grillo per la testa.

Beatrice - Ah, eccomi qua. Non potevo ritrovare le polizze e mi sono turbata. (A Ciampa) Eccole qua. E queste sono le altre centocinquanta lire.

Ciampa - Sta bene. Ma a ciò che lei dirà domani al principale che non mi troverà al mio posto, ci ha pensato, signora?

Beatrice - A tutto ho pensato! (Gli mostra un altro rotoletto di danari) Vedete? Questo è il danaro per il vostro viaggio e altre centocinquanta lire...

Fifì - Tutte codeste carte da cento, tu...

Beatrice (Al fratello) - Son danari miei, messi da parte. (A Ciampa) Con queste altre centocinquanta lire, a Palermo voglio che mi compriate una bella collana a pendagli. Dirò a mio marito che l'ho veduta al collo d'una certa amica mia e che m'è tanto piaciuta! Capricci! Mio marito me li sa!

Ciampa - Perché da me? Che vuole da me, lei, signora mia? Come posso comprare una collana uguale, se non so com'è?

Beatrice - Andate da Mercurio, il nostro giojelliere. La collana di quest'amica mia fu certo comperata da lui. Andateci e la troverete.  Partite subito eh?

Fifì - Mi sembra che la scusa sia trovata bene!

Beatrice - Meglio di questa? Meglio di questa non avrei potuto preparargliela una sorpresa a mio marito! Quando mi vedrà domani con questa collana al petto... Badate che c'è un treno che parte ora alle sei.

Ciampa - Vado a chiudere il banco; chiudo con la spranga e col catenaccio l'uscio della mia stanza e parto. Vorrei che quest'ora di tempo fosse per la signora. Se Vossignoria volesse ancora pensare, riflettere...

Beatrice: No, niente. Addio, addio.

Ciampa: Signora, le rammento mio padre che tirava indietro le mani... Signora, vuole che le porti qua mia moglie? Per mia quiete, signora.

Beatrice - Vostra moglie? Qua? (Sghignazzando) Non ci mancherebbe altro! Sarebbe proprio da ridere! Che volete che ne faccia qua, di vostra moglie?

Ciampa - Le dico: per mia quiete.

Beatrice - Ma se la chiudete sotto chiave, secondo il vostro principio! Non ci mettete anche la spranga?

Ciampa: E il catenaccio, signora. E verrò a portare le chiavi a lei! Se Vossignoria non vuole mia moglie, almeno le chiavi bisogna che se le prenda!!

Beatrice: E va bene, portatele, purché non perdiate altro tempo.

Ciampa: Andiamo, signor Fifì. (S'avvia. Esce con Fifi)

Via con Fifì La Bella.

 

 

 

SCENA QUINTA

 

Beatrice (avvcinandosi all'uscio) - Signor Delegato, entri qua, finalmente!

Spanò (sui quarant'anni, barbuto, capelluto) - Fulminato, signora. Proprio. 

Beatrice - Non è più tempo di parole, signor Delegato. Bisogna concertare subito quel che s'ha da fare. Si figuri che voleva portarmi qua la moglie!

Spanò - Si calmi, signora, si calmi, per carità!

Beatrice - Come vuole che mi calmi? Gli voglio dare una lezione davanti a tutto il paese, una di quelle lezioni che non se la dovrà più dimenticare!

Spanò - Ma le conseguenze, le ha misurate tutte? 

Beatrice: Che dovrò separarmi, lei dice? Prontissima. Ma prima voglio lo scandalo, e grosso! L'ha da vedere il paese chi è il cavalier Fiorìca che tutti rispettano! Io faccio la denunzia. Lei è pubblico ufficiale, non si tiri indietro.

Spanò: Va bene... signora, certo... se lei mi fa la denunzia... 

Beatrice (un po' civettando, per rabbia) - Signor Delegato... non vuole ajutarmi?

Spanò - Voglio ajutarla... ma consideri che io sono un amico di famiglia...

Beatrice - Lei dev'essere per la giustizia!

Spanò - Sissignora, e sono obbligato a non guardare in faccia a nessuno! Ma per la venerazione che porto alla santa memoria di suo padre, che fu padre anche per me, signora ...  quanto bene mi voleva, signora! e quante cose m'insegnò! Signora, certi piccoli peccati veniali...certi diversivi...

Beatrice - Bei diversivi! Questa è la sua giustizia? Così sostiene una povera donna che non può difendersi da sé? Voglio fare la denunzia. Come si fa?

Spanò - Oh Dio, ma per la denunzia, non ci vuol niente... È il servizio, signora! Servizio delicatissimo, difficile... Bisognerà accedere, non visti, alla faccia dei luoghi... studiare la topografia... Oh che le pare? indizi...  prove...

Beatrice - Non c'è bisogno di niente, signor Delegato! Conosce la Saracena? La mandi a chiamare! Le dirà tutto, per filo e per segno!

Spanò - Signora, le ho già parlato! Due porte abbiamo, signora. Una, dalla parte del banco del cavaliere; l'altra, dalla parte opposta, delle due stanze annesse al banco, abitazione del Ciampa. C'è poi un uscio di mezzo, tra il banco e queste due stanze del Ciampa. E il Ciampa lo suol chiudere di qua, dalla parte del banco, con spranga e catenaccio. Lei ci va con le guardie, contemporaneamente dalle due parti. Quelli non aprono se prima non hanno richiuso quest'uscio di mezzo, facendosi trovare uno di qua, l'altra di là!

Beatrice: E allora... allora non c'è rimedio?

Spanò: Non c'è rimedio? Se lei avesse la chiave del banco...

Beatrice: L'ho! l'ho! Me la deve portar lui, Ciampa, ora stesso, prima di partire! Lo aspetto. Vuol portarmela lui, per forza. Io anzi non la volevo!

Spanò: Non capisco! Non capisco... E allora... lei può esser più che sicura che Ciampa non ha il benché minimo sospetto... Positivo, sa!

Beatrice: Ma che dice? E perché voleva portarmi qua la moglie, allora?

Spanò - Perché... santo Dio, in paese, signora mia, è notorio a tutti ...

Beatrice - ...che io sono gelosa? Con questa scusa, lui ha fatto sempre il comodo suo. Lo dimostro io, alla gente, se son gelosa a torto o a ragione! Lei ha la chiave, apre il banco, prima che egli richiuda l'uscio di mezzo, e...

Spanò (con un sorriso di compatimento) - Le pare che sia così stupido il cavaliere da chiudere a chiave solo la porta del banco? Ci metterà anche il paletto! Io debbo fare le intimazioni; atterrare la porta; il cavaliere avrà tempo di richiudere l'uscio di mezzo e rimettere spranga e catenaccio.

Beatrice - Oh Dio mio! E come si fa?

Spanò - Arriva alle dieci, il cavaliere? Uno dovrà esser già lì dentro nascosto, mezz'ora prima: alle nove e mezzo! Tutto fatto. 

Beatrice (esultante) -Bravo! Mi detti... mi detti la denunzia, allora, subito!

(Si sente sonare il campanello)

Beatrice - Sarà Ciampa che mi porta la chiave! Si ritiri qua (Indica l'uscio)

 

SCENA SESTA

 

Ciampa (dietro la tenda dell'uscio con una valigetta in mano) - Permesso?

Beatrice - Avanti, avanti, Ciampa.  (Con maraviglia e indignazione vedendo entrare insieme col Ciampa la moglie) Che vedo?

Ciampa - Signora, le ho portato mia moglie.

Beatrice (sulle furie) - Voi ve la riportate ora stesso, senza perdere un minuto di tempo! Non voglio sentir nulla! Non voglio nemmeno guardarla!

Ciampa - Signora, mia moglie è pulita, modesta...

Beatrice - Non so che farmene! (Rivolgendosi a lei) Mi meraviglio di voi che sapendo che qua non avete nulla da fare, siate venuta dietro vostro marito!

Nina (sui trent'anni, veste con molta ricercatezza, risponde con gli occhi bassi, ma con voce chiara) - Signora, se mio marito mi ha comandato così...

Ciampa (esultante) - Benissimo!

Beatrice - Potevate risparmiarvi tanta obbedienza, poiché a vostro marito io avevo assolutamente proibito di portarvi qua!

Nina (con gli occhi bassi) - Ma questo io, signora, non potevo saperlo.  

Beatrice - Gliel'avete imbeccata bene la parte, eh?

Ciampa - Nossignora: dice la verità. Io ho fatto l'obbligo mio a portargliela. Può tenerla in cucina, farla dormire sotto i fornelli con la gatta.

Beatrice - Volete farmi perdere la pazienza voi, oggi? Farmi dire ciò che non voglio e non debbo? Vi dico d'andar via, e basta cosi!

Ciampa - Io gliel'ho portata, e lei non la vuole. E allora, ecco qua le chiavi. Io parto. Pensi, signora, che son adesso nelle sue mani. (Consegna le chiavi; si avvicina alla moglie e finge di darle corda come a un fantoccio) Nina, aspetta: Corda civile. Riverenza, occhi bassi e diritta a casa!

Nina (inchinandosi) - Serva sua. (Esce con Ciampa, che si volta e fa a Beatrice il segno di girar la corda seria sulla tempia destra) 

 

Tela

 

ATTO SECONDO

 

SCENA PRIMA

 

Beatrice (scarmigliata, sulle furie, presso l'uscio a sinistra, gridando verso l'interno a Fana): - Voglio esser fuori prima di sera! Via da questa casa maledetta! (Si ode una scampanellata alla porta.)

Fana (venendo fuori dall'uscio a sinistra) - Oh Madre di Dio, e chi sarà?

Beatrice Andate ad aprire. Se è il Delegato, fatelo entrare e ditegli ch'abbia pazienza un momento. Non posso presentarmi cosi! (esce)

Fana va ad aprire. Entrano  Assunta La Bella, seguita da Fifì, che tiene per le braccia Fana e la scrolla furiosamente. Madre e figlio sono sconvolti.

 

SCENA SECONDA

 

Assunta (correndo e gridando) - Beatrice! Beatrice! Dov'è? Dov'è? Beatrice! (Entra per l'uscio a sinistra, seguitando a chiamare.)

Fana (difendendosi da Fifì che la investe) - Ma perché se la prende con me, signorino?

Fifì (che tiene per le braccia Fana e la scrolla furiosamente) - Perché obbligo vostro era di venire da me, ad avvertirmi!

Assunta (rientrando dall'uscio a sinistra) - Ma dov'è mia figlia? Ditemi dov'è! Beatrice! Beatrice!

Beatrice (accorrendo alle grida e buttandosi tra le braccia della madre) -Mamma! mamma! (Scoppia in singhiozzi.)

Assunta - Figlia mia, figlia mia, che hai fatto? Ti sei rovinata!

Fana (difendendosi da Fifì che la investe) - Ma se volle far tutto da sé, senza dare ascolto a nessuno! Glielo dissi tante volte, povera me! Parli lei, signora, per carità! Le dissi: «Si rivolga a suo fratello, che è uomo! Ne chieda consiglio, prima, alla sua mamma!».

Assunta - Non dirne niente neanche a me! Buttarsi così allo sbaraglio senza dirne niente a nessuno!

Fifì (afferrando per un braccio la sorella e strappandola dalla madre) - Vorrei sapere perché piangi ora! Lo sai che hai messo tutto il paese sossopra?

Assunta - Lo hanno arrestato, figlia mia! lo hanno arrestato!

Fana - Il padrone? Madre di Dio!

Assunta - E anche lei!

Fana - Anche la moglie di Ciampa?

Beatrice - Tutt'e due? Ah, sono contenta! Proprio quello che volevo!

Assunta - Ma che dici, figlia!

Fifì - La vergogna? Lo scandalo?

Beatrice - Sì, sì, lo scandalo! la vergogna addosso a lui!

Fifì - E addosso a te, pazza! Che hai guadagnato con codesta follia che hai commessa?

Beatrice - Che? Ma questo! Ecco! (Tira un gran respiro di sollievo) Ah! - posso rifiatare... gli ho dato la lezione che si meritava! Sono libera! libera!

Fifì - Libera? Pazza! Che libera? Libera di venirtene a casa mia, ora, senza poter più cacciare il naso fuori della porta! Libera, dice! Senza più stato...

Beatrice - Non me n'importa nulla! Purché non me lo veda più davanti! Stavo a prepararmi per andar via! Mi preparo da jersera.

Fifì - E jeri io ero qua! Dimmi un po': fu quella megera, con cui ti trovai qua a confabulare?

Fana - Sì, sì, appunto! quella, quella, signorino! La Saracena.

Assunta Oh Dio! -E come, figlia? con una donnaccia di quella specie ti sei messa? E tu Fifì, tu non hai sospettato nulla?

Fifì - Potevo immaginarmi questo?

Fana - Mi mandarono a chiamare il Delegato Spanò...

Fifì - Il Delegato Spanò, avete detto?

Assunta (a Beatrice) - Spanò, creatura di tuo padre, ha potuto far questo? senza sconsigliartelo? Ah, quando mai simili vergogne, in casa nostra! Come non hai pensato a me, figliuola mia? Sono vecchia io! Ti pare che possa reggere a colpi così forti? Io domani ne morrò...

Fifì - Tranquilla, mammà, non ve la prendete. Ha voluto cacciarsi in questi guaj, la pazza? E ora ci resti!

Assunta - Già! Come se non fosse più mia figlia e tua sorella! Che dici!

Fifì - Ci pensa ora, che è mia sorella? Aveva me, qua, jeri! Che possiamo farci più? Solo ricondurcela a casa, perché certo qua, ora, con suo marito non potrà più rimanere!

Beatrice - E chi vuole rimanerci?

Si sente il campanello alla porta. Tutti restano sospesi.

Assunta (sbigottita) - Chi sarà?

Beatrice - Non ho paura di nessuno, io!

Fifì (a Fana)- Andate ad aprire. Ci sono qua io.

Fana - Venga con me, per favore, signorino: tremo tutta...

Fifì (alla madre e alla sorella) - Andate di là, vojaltre. (A Fana) E voi su, ad aprire! senza smorfie!

Assunta - Vieni, vieni, figlia mia, vieni con me... (Esce con Beatrice)

 

SCENA TERZA

  

Fifì (rimasto solo davanti la comune, mentre Fana apre la porta d'ingresso) Ah, è lei, signor Delegato?

Spanò (entrando) - Sempre a servirla, signor Fifì!

Fifì - Ah, sì, un bel servizio davvero ha reso lei alla famiglia, se ne può vantare! E veramente abbiamo motivo di ringraziarla e di restargliene grati!

Spanò - Lei mi ferisce, signor Fifì!

Fifì - Ma come, scusi, è questo il modo di procedere d'un amico verso una famiglia, da cui lei, santo Dio, ha ricevuto tanti favori?

Spanò - Perciò le dico che lei mi ferisce! Nel mio sentimento più sacro mi ferisce! Io un pubblico funzionario sono, signor Fifì!

Fifì -Grazie tante! Lo so bene. Sto dicendo all'amico! Come? Lei viene qua.

Spanò- Chiamato dalla signora! 

Fifì va bene; e si riceve una denunzia?

Spanò - Che dice? Mi ferisce, caro signor Fifì... Io prima feci di tutto... - e la signora lo può dire... feci di tutto, signor Fifì, per persuadere la signora...

Fifì Poteva sentir l'obbligo di venire prima da me, per farle ritirare la denunzia.

Spanò - E allora le dico che lei non conosce sua sorella! Mi minacciò che l'avrebbe portata lei direttamente al signor Commissario, la denunzia.

Rientrano Assunta e Beatrice dall'uscio a destra. Spanò accorre a baciar la mano alla signora Assunta, che se ne schermisce.

Spanò - Signora mia riveritissima, no... lasci, lasci che gliela baci codesta mano santa... E lei, signora Beatrice, dica qua, la prego, a suo fratello...

Assunta (interrompendolo) - Mi sembra inutile, signor Delegato, inutile, caro Fifì, fare ancora codeste rimostranze.

Beatrice - Del resto, il signor Delegato ha ragione. Fui io, fui io, sissignori.

Spanò (a Fifì) - La sente? Benedetta bocca di verità! Signora Assunta mia... che io venero come una madre, lei ora mi fa piangere, sissignore, perché se torti ho io, è per eccesso d'amicizia! Potevo mettere io le mani addosso, io, al cavalier Fiorìca? E allora per eccesso d'amicizia, non potendo... non volendo farlo io... ho incaricato un altro... il mio collega Logatto, un calabrese. E ha visto? ha visto che cosa ha fatto? Ignorante! Testa di mulo!

Fifì Arrestò tutt'e due, mio cognato e la donna?

Beatrice Ma fece il suo dovere! Fece proprio quello che doveva fare!

Assunta - Zitta, figlia! Non sai quello che ti dici!

Fifì - Li trovò dunque insieme? Insomma, mi dica!

Spanò -  Ecco... i-i-insieme e non insieme... Flagranza vera non c'è. Non si può dire che ci sia. E questa è una gran cosa! Anzi, allo stato degli atti, si può dimostrare che non c'è niente di niente. Niente, assoluto!

Fi E allora? Perché li arrestarono?

Spanò - Perché c'era quella testa-di-mulo di calabrese! Ecco il mio rimorso! Ma il cavaliere sarà rilasciato questa sera stessa! Lo prometto e lo giuro! Se no, non mi chiamerò più Alfio Spanò!

Fifì - Sta bene, ma mi dica intanto, in nome di Dio, come fu!

Spanò - Logatto, mediante la chiave data dalla signora Beatrice, entrò nella sede del banco del cavalier Fiorìca e si nascose nel bugigattolo attiguo alla sala. Quando le guardie bussarono alla porta dell'annesso quartierino di Ciampa, e intimarono d'aprire in nome della legge, il cavaliere, appena la donna scese ad aprire, fece per entrare nella sala del banco...

Beatrice (con un grido di trionfo) - Vedete? Dunque era nelle stanze del Ciampa! Aveva aperto l'uscio di mezzo.  E come lo aveva aperto, se Ciampa lo aveva chiuso e mi aveva portato la chiave? Ecco la prova che è vero!

Spanò (ripigliandosi) - Nossignora, non è prova... Catenaccetti inglesi, signora: hanno tutti due chiavi. Il cavalier Fiorìca ha dichiarato che,  arrivato da Catania, non potendo figurarsi di non trovare al suo posto il Ciampa, vedendosi tutto impolverato dal viaggio, povero galantuomo! e avendo fretta di prender visione della corrispondenza arrivata durante la sua assenza (sono parole del verbale), bussò, dice, all'uscio, per domandare alla moglie del Ciampa, dice, il mezzo di lavarsi almeno le mani.

Beatrice (con stridula risata) - Le mani... uh, già!... le mani! Figuriamoci!

Spanò Le mani, povero galantuomo! dovendo aprire la corrispondenza...  

Dice che la moglie del Ciampa gli fece passare l'altra chiave di sotto l'uscio!

Beatrice - Uh, ma guarda, di sotto l'uscio! che bella combinazione!

Spanò (seguitando) - Come s'è constatato, signora, veramente di sotto l'uscio la chiave passa. E il cavaliere era in maniche di camicia, decentissimo! E lei ...era... in sottana e camicia, come vanno le donne per casa, in questa stagione, con questo caldo...Un po' scollata la camicia... braccia di fuori...

Beatrice Eh già! basta che non li abbiano trovati nudi tutt'e due!

Assunta - Beatrice, come puoi parlar così? Non ti riconosco più, figlia mia!

Beatrice - Nascondiamo, nascondiamo! Già, ripariamo! vestiamole queste vergogne! Vergogna è dirle, certe cose. Farle, non è niente!

Spanò - Quanto alla donna, la arrestarono per. ... decolté eccessivo, lei mi intende! Il cavaliere, perché... come si vide metter le mani addosso, diventò una furia, una furia d'inferno! Ci fossi stato io, avrei compatito. Quella testa-di-mulo di calabrese, invece, s'è incornato a volerlo responsabile d'ingiurie e l'ha tratto in arresto. Ma sarà rilasciato, prometto, questa sera stessa.

Fifì - Ma già... dico, se non risulta niente...

Spanò - Niente! Perquisito tutto, la borsa di viaggio... anche la giacca che il cavaliere s'era levata...

Beatrice - Anche la giacca? anche la borsa di viaggio? E non hanno trovato una collana, a pendagli, che egli le aveva promesso in dono da Palermo?

Spanò - Signora, chi parlò a lei di codesta collana? La Saracena? Ne parlò anche a me! È una sciocchezza! La moglie del Ciampa dice che, leticando con le vicine di casa che le dànno la baja per tutti gli anelli che tiene alle dita, si vantò che uno di questi giorni, per farle crepar d'invidia, sarebbe loro apparsa parata come una Madonna, al balcone, con una gran collana a pendagli, al petto, lei dice. Sa invece, signora, che cosa s'è trovato invece nella borsa di viaggio del signor cavaliere? Un libriccino da messa piccolo piccolo, con la rilegatura d'avorio e le pagine dorate.

Assunta - Vedi, figlia? Per te!

Spanò - Aspetti, e anche una scatola di mandorle candite.

Assunta - Quelle che piacciono a te!

Fana - Ma se l'ho sempre detto io, che la tratta come una regina!

Beatrice s'abbatte piangendo, pentita e commossa, sul seno della madre.

Spanò (Approva col capo) - Sarebbe prudente, signor Fifí, se riesco a far rilasciare il cavaliere stasera, che la signora non si facesse trovare in casa.

Fifì - Ce la porteremo a casa con noi!

Spanò - Almeno per qualche giorno. Bisognerà compatirlo! Ha un diavolo per capello, povero galantuomo, e minaccia cose dell'altro mondo. Ma gli passerà! Dopo qualche giorno, le furie svaporano e tutto ritorna come prima.

Lunga Pausa. D'improvviso si ode una violenta scampanellata alla porta.

Fana (spaventata) - Signore, ajutaci! E' Ciampa! Con la moglie arrestata...

Fifì - Meglio cercare di fargli intendere la ragione, qua, tra me e lei!

Spanò - Già... ma badi... badi che farà cose da pazzi!

Beatrice (mansueta) - Sarà bene che mi ritiri, con la mamma, è vero?

Assunta - Andiamo, andiamo, figliuola mia. Lasciamoli soli, tra loro uomini.

(Esce con Beatrice)

Fifì (a Fana che s'avvia tremante con le altre donne) - Andate ad aprire!

Fana esce  

 

SCENA QUARTA

 

Fana (rientra subito rinculando) - Madre di Dio! Un morto è! È entrato ed è caduto a sedere!

Fifì e Spanò - Come! Che è stato? Ciampa entra, cadaverico, con l'abito e la faccia imbrattati di terra; la fronte ferita; il colletto sbottonato; la cravatta sciolta, e gli occhiali in mano. Fifì e Spanò gli si fanno attorno premurosi e costernati, e gli scuotono con le mani la polvere dal vestito.

Fifì - Ma come! Che è stato, caro Ciampa?

Spanò - Siete forse caduto?

Ciampa (piano, cupo) - Niente. Mi si sono rotti gli occhiali.

Fifì (il Delegato prende una seggiola) - Ecco, sedete... sedete qua...

Spanò - Qua c'è la seggiola...

Ciampa -Grazie. Non seggo.

Spanò - Ma se non vi reggete in piedi!

Ciampa - Non dubiti. Sette spiriti ho, come i gatti.  La signora?

Fifì - La signora è di là ... ma in questo momento non può parlare con voi.

Ciampa - Parlare? E che bisogno ha più di parlare? Dopo il fatto!

Fifì -Ma il fatto, caro Ciampa, non è come voi forse v'immaginate!

Spanò - Negativo! negativo! verbale assolutamente negativo!

Fifì - Ecco, sentite? ve lo dice il signor Delegato. V'assicuro che non avete proprio ragione di star così!

Spanò - Lo assicurano gli atti, gli atti - il verbale. Lo dice il verbale! Per con-sta-ta-zi-o-ne-lè-gà-lè!

Ciampa - Dovrei consegnare certi oggetti alla signora.

Fifì - Quelli che avete ritirati da Palermo? Potete consegnarli a me.

Ciampa - Mi pare più giusto, poiché c'è il signor Delegato, consegnarli a lui.

Fifì - Ma sì, a lui o a me (A Spanò) Son certi oggetti che Ciampa ha ritirati dal monte... Ma potete anche lasciarli lì... (Indica un tavolino)

Ciampa - E lei dà poi tanto peso alle formalità d'un verbale?

Fifì - Ma no... Che c'entra? Nel verbale è la constatazione d'un fatto, come v'ha spiegato il Delegato.

Ciampa - E sta bene! Voglio che sia, anche questa, constatazione legale di un altro fatto: che io consegno qua al signor Delegato questi oggetti, perché fui mandato dalla signora...

Spanò - Ma sì, lo so, caro Ciampa!

Ciampa - Sì, allontanato con quest'incarico. E  io, da umile servitore, sono andato e sono tornato, disimpegnando l'incarico e consegnando qua, come consegno a lei, questi due oggetti. (Trae di tasca due astucci.) Uno, e due. Non voglio altro. (Fa per andarsene) Me ne vado. Volevo parlare con la signora. Non si può. Me ne vado.

Fifì - Ma che vorreste dire, scusate, alla signora? Fana, di dietro, fa più volte segno di no, di no a Fifì, con una mano sotto il mento.

Ciampa (voltandosi all'improvviso, sorprendendola in quel gesto e rifacendoglielo): Che avete, per caso, mal di gola, voi? Difficoltà di respiro? Per vostra regola, io guardo in terra e conto le stelle, anche senz'occhiali!

Fifì (interrompendolo) - Mia sorella non può, perché tanto io, quanto il signor Delegato, quanto mia madre che è di là con lei, le abbiamo fatto toccar con mano la follia che ha commesso; e n'è pentita, pentitissima! È vero?

Ciampa - Ah, piange...

Fifì - Piange perché, ve lo può dire il Delegato, glien'ho dette di tutti i colori.  

Spanò - Verissimo! Terribile!

Fifì - V'assicuro, Ciampa, che voi non le potreste dir più di quanto le ho detto io!

Ciampa - Sua sorella non ha fatto altro che prendere il mio nome, il mio pupo..., si ricorda che jeri io qua parlai di pupi? il mio pupo: buttarlo a terra, e, sopra, una calcagnata, così! (Butta il cappello in terra e lo pesta col piede) Perché la signora, povera pupa, s'è creduta anche lei calpestata... La posizione nostra, la mia e la sua, in fondo, sono uguali: io qua, lei di là. Una sola domanda volevo rivolgerle; non alla signora, ma alla sua coscienza. Spanò - Sappiamo bene che siete un galantuomo, Ciampa!

Ciampa - Mi piace che ci sia lei, signor Delegato, perché così vede il cuore... d'un uomo che piange e che fa sangue, sangue davvero, perché sono stato assassinato... (Scoppia in improvvisi e irrefrenabili singhiozzi)

Fifì e Spanò - Ma no... ma no... che dite!... Ma se non ce n'è ragione! State tranquillo, Ciampa!

Ciampa - Questa sola domanda, insomma, alla signora, in presenza vostra, volete lasciarmela fare?

Fifì - Ma sì! Ecco, ve la chiamo. (Chiama) Beatrice! Mammà! Vieni, Beatrice!

 

 

SCENA QUINTA

 

Fifì (a Beatrice che entra con la madre) - Ciampa vuol rivolgerti non so che domanda.

Assunta (pietosamente) - Oh, poverino! Siete ferito?

Ciampa - Non è niente, signora. Il guajo è per gli occhiali, che si sono rotti. Ci vedo e non ci vedo. Ma, tanto, ormai, non ho più niente da vedere.

(A Beatrice) Questa sola domanda a lei, signora: crede, in coscienza, d'aver avuto ragione di far questo, nonostante io jeri, presente suo fratello...

Assunta (cercando d'interromperlo) - Ma sì, sappiamo tutto, Ciampa!

Fifì - Che finanche le portaste qua vostra moglie!

Ciampa - Lascino dire a lei! Perché può darsi che la signora, nonostante tutto, abbia voluto colpire anche me, credendo d'avere tutta la ragione di farlo. È così, signora? Mi risponda - in coscienza!

Beatrice (esitante) - No... io... io, a voi...

Spanò - La signora non voleva colpir voi, caro Ciampa! Tant'è vero che vi volle allontanare, mandandovi a Palermo!

Beatrice - Ecco... già... io... come dice il Delegato...

Ciampa - Ah, no, signora! Che lei non abbia pensato a me, non è possibile! Per ben due ore io qua, jeri, non feci altro che mettere le mani avanti!

Beatrice - Sì, sì. E appunto per questo volli mandarvi a Palermo! Per avere mano libera, qua, su vostra moglie e su mio marito! Senza pensare a voi.

Ciampa - E che cos'ero io? Niente? Mi gettava a terra con due dita, come uno strofinaccio qualunque; mi buttava in un canto, come se non ci fosse da fare nessun conto di me... Ma voglio ammettere tutto, signora! voglio entrare nella sua coscienza e ammettere che lei non si sia fatta scrupolo di colpirmi perché io, secondo lei, sapevo tutto e stavo zitto. Risponda. È così?

Beatrice - Eh... poiché lo dite voi stesso... sì, è proprio così.

Ciampa - Lei deve provarmi che uno, uno solo, signora, in tutto il paese potesse sospettare di me quello che lei ha creduto! che uno, uno solo potesse venire a dirmi in faccia: - «Ciampa, tu sei becco, e lo sai!».

Fifì (subito) - Ma no! Ma chi? Ma nessuno!

Spanò (contemporaneamente) - Ma a chi poteva venire in mente!

Assunta (contemporaneamente) - Ma che dite, Ciampa!

Fana (contemporaneamente) - Veramente a nessuno, Signore Iddio, in coscienza!

Ciampa (dominando le esclamazioni simultanee) - Ma la signora potrebbe dire: Se non lo sapevano gli altri, era noto a voi e tanto basta! È vero? Non neghi! Io ho bisogno della sua coscienza, signora, non del verbale. E' vero?

Beatrice - È vero, sì. Sorpresa dolorosa e costernazione negli altri. Silenzio.

Ciampa (ferito, tentennando il capo) - Ah, signora. Io ora parlo... non per me... parlo in generale... E che può saper lei, signora, perché uno ruba; perché uno ammazza; perché uno, poniamo, brutto, vecchio, povero, per l'amore d'una donna che gli tiene il cuore stretto come in una morsa, ma che intanto non gli fa dire: ahi! che subito glielo spegne in bocca con un bacio, per cui questo povero vecchio si strugge e s'ubriaca, che può saper lei, signora, con qual doglia in corpo, con quale supplizio questo vecchio può sottomettersi fino al punto di spartirsi l'amore di quella donna con un altro uomo, ricco, giovane, bello, specialmente se poi questa donna gli dà la soddisfazione che le cose son fatte in modo che nessuno se ne potrà accorgere? È come una piaga, questa, signora: una piaga vergognosa, nascosta. E lei che fa? stende la mano e la scopre così... pubblicamente? Io, signora, che lei aveva sospetti su mia moglie e su suo marito. Gelosia! Chi non ne ha, quando si vuol bene? Compatisco lei per la gelosia! Ero venuto qua, jeri, apposta per farla parlare, per farla sfogare. Aveva un sospetto?  Se lei avesse parlato seriamente con me, io me ne sarei tornato a casa e avrei detto a mia moglie: "Pst! Fagotto, e via!".  Oggi mi sarei presentato al signor cavaliere: "Signor cavaliere, bacio le mani: non posso star più con lei, perché ho altri affari. "E perché crede che io le portai qua, jeri, mia moglie? Ma per farla scattare, signora, per farle scatenare dalla bocca tutta la tempesta che lei covava dentro! Glielo gridai finanche: "Parli! Parli!" E lei non volle dir niente! Volle gettarmi a terra, assassinarmi... E che vuole che faccia io ora? Debbo tenermi questo sfregio? comperarmi una testiera con due bei pennacchi, per far la mia comparsa in paese? e tutti i ragazzini dietro, a gridarmi: Bèèè... Bèèè... e io, sorridente, a ringraziare tutti?

Fifì - Ma che sfregio! che testiera! che ragazzini! Se non c'è stato niente!

Spanò - Niente di niente! Niente assoluto!

Ciampa - Perché lo dice il verbale, ma chi vuole che creda a codesto suo verbale dopo tanto scandalo: Guardie, Delegato, sorpresa in casa, arresto...

Spanò - Sta bene! Ma con risultato negativo! Dunque...

Ciampa - Signor Delegato, son macchie d'olio, che non si levano, queste! Diranno: "Si tratta d'un cavaliere! Hanno accomodato la cosa!". E come resto io? Lei, signora, poteva prendersi questo piacere, se credeva che suo marito si fosse messo con qualche ragazza, dando una lezione a suo marito . meglio. Ma qua c'era un uomo di mezzo, signora! Come non pensò a me, lei? O che ero niente, io? Lei s'è tolta questo piacere; ha fatto ridere tutto un paese; domani rifarà pace con suo marito... per lei sarà finito tutto, ma io? resto col verbale, che non c'è stato nulla? E debbo sopportarmi che tutti, domani, vengano a dirmi in faccia: "Non è nulla; la signora ha scherzato!" 

Io dico qua, con la massima calma, testimoni voi tutti, che questa sera o domani, appena mia moglie ritorna a casa, con l'accetta le spacco la testa! E non ammazzo soltanto lei, perché forse farei un piacere alla signora! Ammazzo anche il signor cavaliere, per forza, signori miei! per forza!

Fifì e Spanò (afferrandolo, mentre le tre donne gridano e piangono) - Che è? che avete detto? Voi siete, pazzo! Chi ammazzate?

Ciampa (pallido, stravolto, quasi sorridente) - Tutti e due! Per forza! Non posso farne a meno! Non l'ho voluto io!

Fifì - Voi non ammazzate nessuno, perché non ne avete né diritto né ragione! Ma se pure l'aveste, ci saremo qua noi a impedirvelo!

Spanò - Ci sono io!

Ciampa - Signor Delegato, me l'impedisce oggi..., anche domani! ma doman l'altro l'ammazzo! Io sono calmo, signor Delegato. Lei m'è testimonio che io non volevo questo. Mi ci hanno buttato in questo fosso! Con questo sfregio in faccia, davanti al paese, se lo scrivano bene in mente, io non resto!

Beatrice (insorgendo) - Ma se ve lo dico io ora, se ve lo dico io, Ciampa, che non ne avete nessuna ragione?

Ciampa - Me lo dice ora, lei, signora? Lo riconosce ora, che non doveva mettere a questo cimento un uomo? Troppo tardi, signora mia!

Fifì - Ma, scusate, se lo riconosce lei stessa, che non c'è stato niente...

Ciampa - Codesto «niente», signor Fifì, lei, a me, non me lo deve dire!

Fifì - Ma se lo scandalo è stato per una pazzia!

Assunta (incalzando) - Per una pazzia, per una pazzia, Ciampa!

Spanò (incalzando) - Per una pazzia, ve lo confessa la stessa signora!

Fifì (incalzando) - Se ve lo dice lei! Ve lo confermiamo tutti! Una pazzia.

Tutti (In coro) - Una pazzia! sì, una pazzia!

Ciampa (all'improvviso, raggiante): Oh Dio! Oh che bellezza! Signori, si può aggiustar tutto pacificamente... Ah, che respiro! Mi metterei a ballare, a saltare per il gran peso che mi son levato dal petto! Le mie mani possono restar pulite e me le bacio! SLei, sgnora, vada a prepararsi!.. Subito, subito!

Beatrice (trasecolata, come tutti gli altri) - Io? Perché?

Ciampa - Vada a prepararsi! Non perdiamo tempo! (Guarda l'orologio) Voi, Fana, e lei, signora Assunta, vadano ad ajutarla a mettere un po' di biancheria, nella valigia! Facciamo presto! Non c'è tempo da perdere!

Beatrice - Perché debbo partire? E dove? Vi ha dato di volta il cervello?

Ciampa - A me? Nossignora! Ha dato di volta a lei il cervello! L'o riconosce suo fratello, il Delegato; sua mamma, tutti: lei è pazza e va al manicomio! 

Beatrice - Al manicomio? io? io, al manicomio?

Ciampa - In una casa di salute, signora! Tre mesi. Villeggiatura.

Beatrice (indignata) - Ma ci andrete voi, al manicomio! voi! Uscite fuori! fuori di casa mia! subito fuori!

Ciampa - Signora, non comprende che questo è l'unico rimedio? Per lei! Per il signor cavaliere! Per tutti! Ha svergognato anche il signor cavaliere, e deve dare anche a lui una riparazione di fronte al paese? Si dice:  È pazza! e non se ne parla più! Si spiega tutto! Pazza, pazza da legare! E solo così io non ho più niente da vendicare! Mi disarma. Il cavaliere non avrà più da mortificarsi, domani, comparendo tra i suoi amici; e la signora va a farsi tre mesi di villeggiatura! Sbrighiamoci, ma deve partire subito!

Fifì - Sì, sì, è giusto! è giusto!  (A Beatrice) Capisci? È per finta!

Beatrice - Ma chi io? Tu sei pazzo! Io, al manicomio?

Assunta - Figlia mia, è per rimedio, non senti?

Spanò - Per rimedio, signora! Sembra anche a me la risoluzione migliore! Pensi anche al signor cavaliere, signora...

Beatrice - Volete davvero che passi per pazza davanti a tutto il paese?

Ciampa - Ma davanti a tutto il paese, lei, signora, non ha bollato con un marchio d'infamia tre persone? Uno, d'adulterio; un'altra, di sgualdrina; e me, di becco? Ah, lei vorrebbe dirlo soltanto d'aver commesso una pazzia? Non basta, signora! Deve dimostrare d'esser pazza, pazza davvero, da chiudere!

Beatrice - Pazzo da chiudere sarete voi!

Ciampa - Nossignora... Lei. Per il suo bene! E lo sappiamo tutti qua, che lei è pazza. E ora deve saperlo anche tutto il paese. Non ci vuole niente,  signora mia! Niente ci vuole a far la pazza! Basta che lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede, e tutti la prendono per pazza!

Beatrice (furente, convulsa) - Ah, dunque voi lo sapete che io ho ragione, e che avevo ragione di far questo?

Ciampa - No. Non c'è più pazzo al mondo di chi crede d'aver ragione! Vada! si prenda questo piacere, di fare per tre mesi la pazza per davvero! Le par cosa da nulla? Potessi farlo io, come piacerebbe a me sferrare qui (indica la tempia sinistra) tutta la corda pazza, cacciarmi fino agli orecchi il berretto a sonagli della pazzia e scendere in piazza a sputare in faccia alla gente la verità. L'uomo potrebbe vivere duecent'anni! Sono i bocconi amari, le ingiustizie, le prepotenze che ci tocca ingoiare, che c'infràcidano lo stomaco! non poter sfogare, non poter aprire la valvola della pazzia! Lei può aprirla: ringrazii Dio! Sarà la sua salute, per cent'anni! Cominci a gridare!

Beatrice - Comincio a gridare?

Ciampa - Sì, ecco qua! in faccia a suo fratello! (Glielo spinge davanti) Forza! in faccia al Delegato! (Glielo spinge davanti) In faccia a me! Solamente da pazza lei può pigliarsi il piacere di gridarmi in faccia: "Bèèè!".

Beatrice - E allora, sì: Bèèè!... ve lo grido in faccia, sì: bèèè! bèèè!

Fifì (cercando di trattenerla) - Beatrice!

Spanò (cercando di trattenerla) - Signora!

Assunta (cercando di trattenerla) - Figlia mia!

Beatrice (gridando) - Sono pazza? E debbo gridarglielo: Bèèè! bèèè! bèèè!

Ciampa (tutti fanno per portar via Beatrice, che grida come una pazza) - Ecco la prova: è pazza! Che bellezza! Bisogna chiuderla! bisogna chiuderla! 

Balla dalla contentezza, battendo le mani. Alle grida sopravvengono i vicini e le vicine, sbalorditi e chiedono coi gesti che cosa sia accaduto.

Ciampa (Batte le mani, festante, al colmo della gioja) - È pazza! È pazza!... Se la portano al manicomio! È pazza! 

E mentre i curiosi, spinti ora dal Delegato, ora dal fratello, si ritirano commentando la disgrazia, si butta a sedere su una seggiola in mezzo alla scena, scoppiando in un'orribile risata, di rabbia, di selvaggio piacere e di disperazione a un tempo.