Alfonso Gatto

Vita e opere

 

ALFONSO GATTO (1909 - 1976)

 

Nato a Salerno nel 1909, svolse diverse attività lavorative prima di diventare giornalista. Nel 1926 si iscrisse alla facoltà di Lettere all'Università di Napoli "disertandola agli ultimi corsi". Svolse le più svariate attività lavorative (commesso di libreria, correttore di bozze), alternate a lunghi periodi di disoccupazione. Nel 1932 esordì con Isola, raccolta mista di prosa e versi, che fu favorevolmente recensita da Eugenio Montale e Sandro Penna.

Nel 1934 si trasferì a Milano, che considerò "città natale sua e della sua poesia". In quello stesso anno sposò Jole Lo Turco, da cui ebbe una figlia. Il matrimonio non fu felice. Collaborò a diverse riviste e strinse amicizia con Sinisgalli, Zavattini, Sereni, Sassu. Si dedicò anche alla pittura.

Nel 1936 la polizia politica lo arrestò con l'accusa di cospirazione comunista. Fu liberato dopo pochi mesi, ma rimase sorvegliato speciale fino al 1943. Nel 1938 fondò con Vasco Pratolini la rivista Campo di Marte, quindicinale di di azione artistica e letteraria. Vinse un premio letterario per la raccolta Poesie e nel 1941-41 fu nominato professore di lettere al liceo artistico di Bologna "per chiara fama".

Durante la seconda guerra mondiale prese parte attiva alla Resistenza. Nel 1945, con altri, stampò il primo numero de L'Unità. Nel 1946 si innamorò di Graziana Pentich, una giovane poetessa e artista triestina, con cui visse fino al 1960 e da cui ebbe due figli. Compì numerosi viaggi e spostamenti come giornalista. Nel 1951 abbandonò il PCI. Nel 1962 morì il secondogenito Teodoro (avuto da Graziana). Visse anni di grande inquietudine e anche nuove storie d'amore. Morì in un incidente stradale nel 1976.

 

Tra le sue raccolte di poesie ricordiamo Isola, Morto ai paesi, Il sigaro di fuoco (Poesie per bambini), Osteria flegrea, La storia delle vittime (Poesie dalla resistenza) e Poesie d'amore. Tra le opere in prosa ricordiamo La sposa bambina.

Pubblichiamo qui alcune sue poesie, consigliandovi di consultare le raccolte complete

 

ALFONSO GATTO - Osteria flegrea, Milano 1962

ALFONSO GATTO - Poesie 1929-69, Milano 1972

ALFONSO GATTO - Poesie d'amore, Milano 1973

ALFONSO GATTO - Poesie, Milano 1998

ALFONSO GATTO - Tutte le poesie, Oscar Classici Mondadori Milano 2005

All'alba

 

Come la donna affonda e dice vieni

dentro più dentro dov'è largo il mare

Come la donna è calda e dice vieni

dentro più dentro dov'è caldo il pane

e dirla noi vorremmo mare pane

la donna sfatta che ci prese all'alba

dentro il suo petto e ci nutrì di sonno.

 

*FORSE  MI LASCERÀ DEL TUO  BEL VOLTO 

 

Forse  mi lascerà del tuo  bel volto

amore  un soffio e la  celeste sera

disparirà  come un silenzio intorno.

Era  la neve dolce del  tuo passo

e  la città dai poveri  cantieri

spegneva  al cielo umido l'azzurro

riverbero  dei muri. Mi parlavi

sciolta  dal busto come una  fanciulla

e  lontana da te, quasi  in un sogno,

io  ti vedevo scendere nel  dolce

sentiero  della sera, aprire l'ombra.

Una  parola basta sul tuo  cuore,

e  nessuno di te saprà  mai dire

il  silenzio che imbianca  del tuo soffio.

Solo  la notte, di cui  passa eguale

la  luna nei miei sogni  e ferma al cielo

gli  alberi, i colli e  sui cipressi il vento.

Nel  suo tiepido oblio che  l'oriente

strugge  di care lontananze ed  ombre,

io  so che il giorno  ti soccorre, vivi,

e  dimentichi i sogni e  la mia voce.

Mi  resta solo del tuo  bene l'aria,

un  passato di nulla, una  parola.

 

DENTRO L'AMORE

 

Al segno che ti dà la stanza sciogli

sulla parete l'ombra dei capelli,

le braccia alzate, la flessuosa voglia

d'avermi, e già dal ridere mi volti

nella raffica buia, mi cancelli

per affiorare dal lamento vano.

Smarrita, nel cercarmi con la mano,

nel distinguermi il volto, grata, piena

d'aperto e poi ripresa dalla lena

della dolcezza, calma a poco a poco

come in un lungo brivido. Dal gioco

degli occhi che balbettano mi ridi

sul petto a colpi di piccoli gridi.

 

CORRENTE

 

Alla fuga degli occhi il tuffo dei capelli

ingorgato dal riso che rompe i riflessi

sprofonda l'acqua che m'incarna e snelli

ai miei gridi d'infanzia son bambini messi

 

in collo alla mamma contenta della sua faccia.

Come alle carni ancora annottate

in cui gonfio mi muto eterna m'abbraccia

l'infanzia, il chiasso rotto a testate

 

in un amore sempre più sazio e duro.

Resistente forza intesa a mordermi, stretto

l'ultimo sonno in me solo, il puro

presagio d'amarmi con ampia madre al mio petto.

 

Gracile corpo avvinto nelle braccia

ha freddo, al procace buio divora i suoi occhi:

ne sgorga fuggente in riso la mamma che s'affaccia

sul mare e tutta colma par che vi trabocchi

colle case, col cielo, col fresco nero dei ricci

che sgorgano alle canestre.

 

 

SERA DI NAPOLI

 

 La canzone dei poveri s'accende

dopo la sera con un lume solo.

E la vecchia città murata al cielo

nella rotonda cupola dell'erba

rispecchia nel suo freddo stacco il giorno

sbiadito dei garofani.

                                    Dispera

in un'allegra povertà la voce

sciupata d'una femmina, il fanciullo

che corre sulle case; alle ringhiere

tese nei fili ancor si spoglia il bianco

riverbero dei muri e tocca il capo

fatto già d'ombra a una donna uscita

al suo balcone d'aria con la mano

dolcissima sul petto.

                                  Basta il vento

l'ultimo vento della sera ai lumi

che tornano dal mondo, a quell'odore

sbiadito di garofano se il cuore

trema ogni volta s'apparire al canto

triste che cerca la felicità.

 

Inverno a Roma

 

I bambini che pensano negli occhi

hanno l'inverno, il lungo inverno. Soli

s'appoggiano ai ginocchi per vedere

dentro lo sguardo illuminarsi il sole.

Di là da sé, nel cielo, le bambine

ai fili luminosi della pioggia

si toccano i capelli, vanno sole

ridendo con le labbra screpolate.

Son passate nei secoli parole

d'amore e di pietà, ma le bambine

stringendo lo scialletto vanno sole

sole nel cielo e nella pioggia. Il tetto

gocciola sugli uccelli della gronda.

 

Le grandi notti d'estate  

 

Le grandi notti d'estate

che nulla muove oltre il chiaro

filtro dei baci, il tuo volto

un sogno nelle mie mani.

Lontana come i tuoi occhi

tu sei venuta dal mare

dal vento che pare l'anima.

E baci perdutamente

sino a che l'arida bocca

come la notte è dischiusa

portata via dal suo soffio.

Tu vivi allora, tu vivi

il sogno ch'esisti è vero.

Da quanto t'ho cercata.

Ti stringo per dirti che i sogni

son belli come il tuo volto,

lontani come i tuoi occhi.

E il bacio che cerco è l'anima.

 

*AMORE

 

Nella sera armoniosa che rivela

favole calme e sogni al mio passato

l'amore così timido mi svela

desideri perduti, quasi il fiato

 

delle prime parole in cui si vela

idillio eterno il mondo immaginato.

O di silenzio calda già s'inciela

la rondine nel volo e l'incantato

 

fanciullo lascia a scorgere serena

la notte che all'oriente s'allontana.

e del mio cuore nulla saprò dire

 

ad altri mai, fu tenero ed in piena

di sua pietà travolto lasciò vana

memoria al tempo, un sogno di morire.

 

Nudo

 

Godo in occhi marini

paeselli colorati

ai tuoi fianchi di carne.

Soffice nel vento dei capelli

ricrei orride forme sul letto agitato del mare.

M'alzo in bavero di sonno

tra le rupi, fischiante gelido:

la mia testa di broncio

scava un abbraccio nelle sue spalle

 

Alba

 

Passerà l'alba in un sogno,

al freddo freddo d'ogni casa

al solitario azzurro del mare.

E' nudo il mondo un'altra volta.

Erompa il cuore con la mela rossa

contenta d'esser dura.

 

In una selva molle di nuvole e di nevi

pozz'acre di verde si rimescola il mare.

 

Lo spazio smemorato si ridesta

tra lontananze ventilato leggero.

 

*Bambina

 

Il tuo volto ha smarrito

il ridere negli occhi

per una vaga libertà che corre

dal tuo corpo leggera.

E scarna, trafelata,

nel respiro ti tocchi

come delusa d'innocenza, vera.

E' breve il sogno che t'arride, un fiato

in cui trasali in giro

trepida d'un dolore appena nato

come seno al respiro.

 

ALFONSO GATTO

 

*Qui, alla panchina di sole,

la faccia ad occhi chiusi tra le palme,

io t'ascolto venire. Tu potresti

incamminata ad apparirmi avere

il tuo passo di ghiaia, questo sole

di chi passa esitante o siede lieto.

Per tutti giunge sui capelli il nome

della brezza che veste il primo amore,

un giorno che durò tutta la vita.

 

Canto alle rondini

 

Questa verde serata ancora nuova

e la luna che sfiora calma il giorno

oltre la luce aperto con le rondini

daranno pace e fiume alla campagna

ed agli esuli morti un altro amore;

ci rimpiange monotono quel grido

brullo che spinge già l'inverno, è solo

l'uomo che porta la città lontano.

E nei treni che spuntano, e nell'ora

fonda che annotta, sperano le donne

ai freddi affissi d'un teatro, cuore

logoro nome che patimmo un giorno.

 

AMORE DELLA VITA

 

Io vedo i grandi alberi della sera

che innalzano i cieli dei boulevards,

le carrozze di Roma che alle tombe

dell' Appia antica portano la luna.

Tutto di noi gran tempo ebbe la morte.

Pure, lunga la via fu alla sera

di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo

alle luci sorgenti ai campanili

ai nomi azzurri delle insegne, il cuore

mai più risponderà?

Oh, tra i rami grondanti di case e cielo

il cielo dei boulevards

cielo chiaro di rondini!

O sera umana di noi raccolti

uomini stanchi uomini buoni,

il nostro dolce parlare

nel mondo senza paura.

Tornerà tornerà,

d' un balzo il cuore

desto

avrà parole?

Chiamerà le cose, le luci, i vivi?

I morti, i vinti, chi li desterà?

 

Amore notturno

 

Una notte vicino alla sua casa

e dal balcone aperto nella mite

notte del Sud, la donna che m'apparve

golosa di risucchio come un'acqua

gelata. E non avrà mai volto,

sale la gola chiara, scende al buio

degli occhi avidamente salda.

A bocca aperta nella pioggia, un nero

grappolo le lasciava goccia a goccia

sapore di città disse di vento.

 

Notte

 

Tremo d’esile vena per lontane

arie di suono, mi lusingo in volto.

Come alleviate toccano le vane

solitudini il cielo vuoto, ascolto.

Lungo sereno dileguano piane

voci apparenti nel mondo sepolto:

m’adeguano nel sonno di montane

bare odorose, ed il cuore n’è folto.

 

Osteria flegrea

 

Come assidua di nulla al nulla assorta

la luce della polvere! La porta

al verde oscilla, l’improvvisa vampa

del soffio è breve.

Fissa il gufo

l’invidia della vita,

l’immemore che beve

nella pergola azzurra del suo tufo

ed al sereno della morte invita.

 

 

*Sottovoce

 

Una sera di nuvole, di freddo

e di luce che spiega ad altro il senso

della mia vita, questo vago accordo

di memorie in sordina, sottovoce

di me, di te, poveramente assorti.

Si resta a volte soli nella veglia

di un racconto sospeso, allora soli,

ignoti l'uno all'altro, ed ora uniti

dal ricordo che un nulla ci divise.

Il rammarico punge, se mi dici:

<<bastava che quel giorno...>>, ti sorrido

con la mesta sfiducia di sapere

che mai giunsi per tempo, che geloso

di te, del tuo passato, almeno vedo

il tuo sguardo d'amore al primo incontro.

Ma forse è giusto credere che allora

tu m'avresti perduto:

come un ragazzo che si lascia indietro

nella paura d'essere felice.

 

Il tuo volto

 

Il tuo volto

un sogno nelle mie mani.

Lontana come i tuoi occhi

tu sei venuta dal mare,

dal vento che pare l'anima.

E baci perdutamente

sino a che l'arida bocca

come la notte è dischiusa

portata via dal suo soffio.

Tu vivi allora, tu vivi,

il sogno ch'esisti è vero.

Da quanto t'ho cercata.

Ti stringo per dirti che i sogni

son belli come il tuo volto,

lontani come i tuoi occhi.

E il bacio che cerco è l'anima.

 

Un fiore a Asolo

 

Un fiore a Asolo

Questi fiori pungenti che la brina

di novembre inghirlanda sopra i morti

e Asolo, il silenzio che avvicina

il ricordo del sole, noi assorti

in quel nulla dolente che l'amore

lascia negli occhi.

''Qui riposa Manàra, prendo un fiore

dalla sua tomba'', e nel guardarmi tocchi

il cespo di vetrato che si spezza.

''Ero il suo bel paggetto'' tu mi dici

''mi chiamava così...'' Passa la brezza

delle memorie, passano gli amici

a dirti, amore, che non c'è dolcezza

più triste e più vogliosa dei tuoi occhi.

 

Prima che tu risponda

 

Prima che tu risponda

Non ha parole chi rivolge agli occhi

la sua domanda e trova nello sguardo

gli occhi a conferma d'essere l'amore.

Quale il dubbio, di giungere in ritardo

sul tempo, di cadere nell'aperto

della speranza? Basta il mio tremore

a dirmi vivo e fragile, ma sono

la vita, il soffio che ti chiama in dono.

Ha solo gli occhi chi si parla solo,

attende la risposta dai suoi primi

giorni che visse a trattenere il fiato,

la meraviglia dell'offerta. C'era,

nella terra e nel cielo, il suo sgomento

d'aver tutto allo sguardo, c'era il sole

a lenirgli l'immagine del tempo

per ogni giorno che gli nasce nuovo.

Prima che tu risponda, ascolta l'aria

che dai millenni ignora se la voce

è fatta di silenzio o di parole:

perchè l'amore s'abbia nella morte

-nel suo congedo- l'ora dell'incontro.

 

L'erba, il silenzio il muovere dell'ombra

 

Soli, nel pianto tuo della mattina,

l'erba, il silenzio, il muovere dell'ombra,

e gli steli del vento. Il tuo sollievo

è vederti calma nell'attesa

ch'io giunga da lontano, il tuo riposo

è la speranza d'incontrarci a sera

per caso in un inverno.

Lasciarti per sparire,

per essere il tuo cielo dove guardi

senza rimorsi, avere il tuo rimpianto,

la tua memoria, le tue mani vuote...

Forse è più dolce piangermi che avermi.

 

ALFONSO GATTO

 

Ogni domanda incontra il tuo sorriso

e più nulla ha di te, la mesta esigua

dolcezza è nel disegno del tuo viso

uno sguardo compiuto che consente

senza parole al tuo sottrarti, ambigua

ma intrepida sul filo della mente.