Antonia Pozzi

 

ANTONIA POZZI (1912 - 1938)

 

Poetessa italiana, morta suicida giovanissima, laureata in Filologia, ebbe come amici i poeti Vittorio Sereni e i filosofi Remo Cantoni ed Enzo Paci. Visse alcune infelici storie d'amore. Nel 1938 le famigerate leggi razziali colpirono le famiglie di alcuni suoi amici cari. Già affetta da depressione, scrisse una disperata lettera d'addio ai familiari e si uccise.

 

Tra le sue opere, pubblicate postume, ricordiamo alcune raccolte di poesie, tra cui Parole, La vita sognata ed altre poesie inedite.

 

 

POESIE DI ANTONIA POZZI

 

Grido

Guardami: sono nuda

Morte di una stagione

Confidare

Voce di donna

Certezza

Don Chisciotte

Il volto nuovo

Desiderio di cose leggere

Pioggia

L'ancora

Bellezza

Sole d'ottobre

Sfiducia

Pudore

Amor fati

Mano ignota

La porta che si chiude

Solitudine

Treni

Acqua alpina

 

 

Grido 


Non avere un Dio
non avere una tomba
non avere nulla di fermo
ma solo cose vive che sfuggono
essere senza ieri
essere senza domani
ed accecarsi nel nulla
- aiuto –
per la miseria
che non ha fine.

 

 

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Forse la vita è davvero / quale la scopri nei giorni giovani: / un soffio eterno che cerca / di cielo in cielo / chissà che altezza. ANTONIA POZZI, Parole

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VINCENT VAN GOGH - The Seine Bridge at Asnières
VINCENT VAN GOGH - The Seine Bridge at Asnières

ANTONIA POZZI - Morte di una stagione

 

Piovve tutta la notte

sulle memorie dell’estate.

Al buio uscimmo

entro un tuonare lugubre di pietre,

fermi sull’argine reggemmo lanterne

a esplorare il pericolo dei ponti.

All’alba pallidi vedemmo le rondini

sui fili fradice immote

spiare cenni arcani di partenza

e le specchiavano sulla terra

le fontane dai volti disfatti.

DUPRE'
DUPRE'

ANTONIA POZZI - Confidare

 

 Ho tanta fede in te. Mi sembra

che saprei aspettare la tua voce

in silenzio, per secoli

di oscurità.

 

Tu sai tutti i segreti, come il sole:

potresti far fiorire

i gerani e la zàgara selvaggia

sul fondo delle cave

di pietra, delle prigioni

leggendarie.

 

Ho tanta fede in te. Son quieta

come l'arabo avvolto

nel barracano bianco,

che ascolta Dio maturargli

l'orzo intorno alla casa. (1934)

 

 

Dante Gabriel Rossetti La donna della finestra 1879
Dante Gabriel Rossetti La donna della finestra 1879

ANTONIA POZZI - Voce di donna

Io nacqui sposa di te soldato.
So che a marce e a guerre
lunghe stagioni ti divelgon da me

Curva sul focolare aduno bragi,
sopra il tuo letto ho disteso un vessillo -
ma se ti penso all’addiaccio
piove sul mio corpo autunnale
come su un bosco tagliato.

Quando balena il cielo di settembre
e pare un’arma gigantesca sui monti,
salvie rosse mi sbocciano sul cuore;
Che tu mi chiami,
che tu mi usi
con la fiducia che dai alle cose,
come acqua che versi sulle mani
o lana che ti avvolgi intorno al petto.

Sono la scarna siepe del tuo orto
che sta muta a fiorire
sotto convogli di zingare stelle.

Certezza

Tu sei l’erba e la terra, il senso
quando uno cammina a piedi scalzi
per un campo arato.
Per te annodavo il mio grembiule rosso
e ora piego a questa fontana
muta immersa in un grembo di monti:
so che a un tratto
- il mezzogiorno sciamerà coi gridi
dei suoi fringuelli -
sgorgherà il tuo volto
nello specchio sereno, accanto al mio. (1938)

Don Chisciotte (ANTONIA POZZI)

I

Sulla città
...silenzi improvvisi.

Varchi
con un sorriso indefinibile
i confini:
sai le spine di tutte le siepi.

E vai,
oltre i fiati caldi degli uomini,
il sonno dopo gli amori,
l'affanno e la prigionia.

Su la petraia che è azzurra
come le corolle del lino,
liberata
canti correndo:

ma chiudi gli occhi
se in fondo al cielo
le ali bianche dei mulini
si dilacerano
al vento.

II

Fioche
dalla terra brulla
ti giungono
grida atterrite:

mentre seguita
su l'ala immensa
a rotare
la tua crocefissione.


(21-22 febbraio 1935)

ANTONIA POZZI - Il volto nuovo

 

Che un giorno io avessi
un riso
di primavera - è certo;
e non soltanto lo vedevi tu, lo specchiavi
nella tua gioia:
anch'io, senza vederlo, sentivo
quel riso mio
come un lume caldo
sul volto.

Poi fu la notte
e mi toccò esser fuori
nella bufera:
il lume del mio riso
morì.

Mi trovò l'alba
come una lampada spenta:
stupirono le cose
scoprendo
in mezzo a loro
il mio volto freddato.

Mi vollero donare
un volto nuovo.

Come davanti a un quadro di chiesa
che è stato mutato
nessuna vecchia più vuole
inginocchiarsi a pregare
perché non ravvisa le care
sembianze della Madonna
e questa le pare
quasi una donna
perduta -

così oggi il mio cuore
davanti alla mia maschera
sconosciuta (1933).

ANTONIA POZZI - INVERNO
 
Il ghiaccio inazzurra i sentieri
la nebbia addormenta i fossati
un lento tepore devasta
i colori del cielo.
Scende la notte
nessun fiore è nato….

ANTONIA POZZI - ALTURA

 

La glicine sfiorì
lentamente
su noi.

E l'ultimo battello
attraversava il lago in fondo ai monti.

Petali viola
mi raccoglievi in grembo
a sera:
quando batté il cancello
e fu oscura
la via al ritorno.

11 maggio 1935

ANTONIA POZZI - LA RAMPA

Vidi un'altissima luna
per dune di nebbia versarsi
in limpidi laghi
d'aria.

E il tuo sorriso mi cadeva in volto,
dall'alto,
da fresche fontane
dentro urne di pietra
grondanti:

mentre ai ginocchi ci serrava l'alito
giovane
dei sambuchi

e profondavano nell'ombra
lunghe scale
di terra.

14 maggio 1935

Desiderio di cose leggere (1934)
Giuncheto lieve biondo
come un campo di spighe
presso il lago celeste

e le case di un'isola lontana
color di vela
pronte a salpare -

Desiderio di cose leggere
nel cuore che pesa
come pietra
dentro una barca -

Ma giungerà una sera
a queste rive
l'anima liberata:
senza piegare i giunchi
senza muovere l'acqua o l'aria
salperà - con le case
dell'isola lontana,
per un'alta scogliera
di stelle.
Gennaro Villani Via Foria sotto la pioggia
Gennaro Villani Via Foria sotto la pioggia

PIOGGIA

Stasera la mia sonnolenza
a gravare sopra un divanetto scomodo
invicibilmente
e la corrosione tremula della pioggia
in un canale troppo vicino
a incidermi nell’anima
penosamente
il balenìo delle tue lacrime.

L'ancora

Sono rimasta sola nella notte:
ho sul volto il sapore del tuo pianto,
intorno alla persona
il silenzio - che sul tonfo
della porta richiusa, a larghi cerchi
si riappiana.

Lenta nell’acqua oscura
del cuore -
lenta e sicura,
tra le alghe profonde
gli echi delle tempeste le lunghe correnti
le molli ghirlande di onde
intorno a inabissati
scogli -

lenta e sicura,
fino alle sabbie segrete giacenti
sul fondo dell’essere -
fida tenace, con i suoi tre bracci
lucenti
penetra l’àncora
delle tue parole:
- Tu aspetta me -.

Sole d'ottobre

Felci grandi
e garofani selvaggi
sotto i castani -
mentre il vento scioglie
l'un dopo l'altro
i nodi rossi e biondi
alla veste di foglie
del sole -

e il sole in quella
brucia
della sua bianca
bellezza
come un fragile corpo
nudo -

Sfiducia

Tristezza di queste mie mani
troppo pesanti
per non aprire piaghe,
troppo leggere
per lasciare un’impronta.-

tristezza di questa mia bocca
che dice le stesse
parole tue
altre cose intendendo-
e questo è il modo
della più disperata
lontananza.

Solitudine

Ho le braccia dolenti e illanguidite
per un'insulsa brama di avvinghiare
qualche cosa di vivo, che io senta
più piccolo di me. Vorrei rapire
d'un balzo e poi portarmi via, correndo,
un mio fardello, quando si fa sera;
avventarmi nel buio per difenderlo,
come si lancia il mare sugli scogli;
lottar per lui, finché non rimanesse
un brivido di vita; poi, cadere
nella più fonda notte, sulla strada,
sotto un tumido cielo inargentato
di luna e di betulle; ripiegarmi
su quella vita che mi stringo al petto -
e addormentarla - e anch'io dormire, infine...

No: sono sola. Sola mi rannicchio
sopra il mio magro corpo. Non m'accorgo
che, invece di una fronte indolenzita,
io sto baciando come una demente
la pelle tesa delle mie ginocchia.

Pudore (1933)

Se qualcuna delle mie povere parole
ti piace
e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato
ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino è bello.

ANTONIA POZZI - Amor fati

Quando dal mio buio traboccherai
di schianto
in una cascata
di sangue –
navigherò con una rossa vela
per orridi silenzi
ai cratèri
della luce promessa. (1937)

Mano ignota

Tu non sai come sia triste
tornare per questo sentiero
fangoso
con queste vesti
imbrattate -
nella sera nera
nella nebbia nera -
brancolare tra i rododendri
stillanti -
fiutarne l'odore amaro -
per non cadere aggrapparmi
a questa mano che mi porgi
ignota
come il tuo volto immerso nel buio -
come il tuo nome dimenticato -
andare verso una tenda
che la pioggia confina
in fondo al suo pianto -
aver dovuto - voluto
scostare
nella notte più oscura
l'unica mano sorella -
andare verso un domani
che la solitudine chiude
in fondo al deserto...

La porta che si chiude (1931)

Tu lo vedi, sorella: io sono stanca,
stanca, logora, scossa,
come il pilastro d'un cancello angusto
al limitare d'un immenso cortile;
come un vecchio pilastro
che per tutta la vita
sia stato diga all'irruente fuga
d'una folla rinchiusa.
Oh, le parole prigioniere
che battono battono
furiosamente
alla porta dell'anima
e la porta dell'anima
che a palmo a palmo
spietatamente
si chiude!
Ed ogni giorno il varco si stringe
ed ogni giorno l'assalto è più duro.
E l'ultimo giorno
- io lo so -
l'ultimo giorno
quando un'unica lama di luce
pioverà dall'estremo spiraglio
dentro la tenebra,
allora sarà l'onda mostruosa,
l'urto tremendo,
l'urlo mortale
delle parole non nate
verso l'ultimo sogno di sole.
E poi,
dietro la porta per sempre chiusa,
sarà la notte intera,
la frescura,
il silenzio.
E poi,
con le labbra serrate,
con gli occhi aperti
sull'arcano cielo dell'ombra,
sarà
- tu lo sai -
la pace.

Solitudine II

Benchè l'odore delle foglie nuove ti desti
ad una voglia di umano sole
ed il tramonto non trascolorato ancora in sera
ti spinga
per vie di terra
- remote
le soglie spente del cielo -

tu cerchi invano chi possa
in quest'ora per un tuo voto giungere
presso il tuo cuore -

vero è che nessuno
più giunge presso il tuo cuore
inaccessibile -

ch'esso è fatto solo -
dannato ai gridi
delle sue
rondini.

Treni


A notte
un lento giro d'ombre rosse
alle pareti avviava i treni: tonfi
cupi d'agganci
al sonno si frangevano.

E lavava
lieve la corsa della pioggia il fumo
denso ai cristalli: sogni
s'aprivano continui, balenanti
binari lungo un fiume.

Ora ritorna
a volte a mezzo il sonno quel tuonare
assurdo
e per le mute vie serali, ai lenti
legni dei carri e dentro il sangue
chiama
lunghi fragori - e quell'antico ardente
spavento e sogno
di convogli.

(1937)

FRITZ HAULOW - Le foglie morte
FRITZ HAULOW - Le foglie morte

La vita


Alle soglie d'autunno
in un tramonto
muto

scopri l'onda del tempo
e la tua resa
segreta

come di ramo in ramo
leggero
un cadere d'uccelli
cui le ali non reggono più.

(1935)

Sargent- Donna sulla riva di un torrente
Sargent- Donna sulla riva di un torrente

Acqua alpina

 

 Gioia di cantare come te, torrente;

gioia di ridere

sentendo nella bocca i denti

bianchi come il tuo greto;

gioia d'essere nata

soltanto in un mattino di sole

tra le viole

di un pascolo;

d'aver scordato la notte

ed il morso dei ghiacci.

ANTONIA POZZI


Triste orto abbandonato l’anima
si cinge di selvagge siepi
di amori:
morire è questo
ricoprirsi di rovi
nati in noi.

Sgorgo 


Sgorgo

Per troppa vita che ho nel sangue
tremo
nel vasto inverno.

E all’improvviso,
come per una fonte che si scioglie
nella steppa,
una ferita che nel sonno
si riapre,

perdutamente nascono pensieri
nel deserto castello della notte.

Creatura di fiaba, per le mute
stanze, dove si struggono le lampade
dimenticate,
lieve trascorre una parola bianca:
si levano colombe sull’altana
come alla vista del mare.

Bontà, tu mi ritorni:
si stempera l’inverno nello sgorgo
del mio più puro sangue,
ancora il pianto ha dolcemente nome
perdono.

12 gennaio 1935

Tempo


I

Mentre tu dormi
le stagioni passano
sulla montagna.

La neve in alto
struggendosi dà vita
al vento:
dietro la casa il prato parla,
la luce
beve orme di pioggia sui sentieri.

Mentre tu dormi
anni di sole passano
fra le cime dei làrici
e le nubi.

II

Io posso cogliere i mughetti
mentre tu dormi
perché so dove crescono.
E la mia vera casa
con le sue porte e le sue pietre
sia lontana,
né io più la ritrovi,
ma vada errando
pei boschi
eternamente –
mentre tu dormi
ed i mughetti crescono
senza tregua.

28 maggio 1935

Notturno invernale

Così lieve è il tuo passo, fanciullo,
che quasi non t’odo,
dietro me, sul sentiero.
E così pura è l’ora, così puro
il lume delle grandi stelle
nel cielo viola
che l’anima schiarisce
dentro la notte
come i tetri pini che albeggiano
nel biancore della neve.
Un alto sonno tiene la foresta
ed i monti
e tutta la terra.
Come una grazia cade
dal cielo il silenzio.
Ed io ti sento l’anima battere,
dietro il silenzio,
come un filo vivo di acque
dietro un velo di ghiaccio -
e il cuore mi trema,
come trema il viandante
quando il vento gli porta
attraverso la notte
l’eco d'un altro passo
che segue il suo cammino.
Fanciullo, fanciullo,
sopra il mio cammino,
che va per una landa senza ombre,
sono i tuoi puri occhi
due miracolose corolle
sbocciate a lavarmi lo sguardo.
Fanciullo, noi siamo
in quest’ora divina
due rondini che s’incrociano
nell’infinito cielo,
prima di mettersi in rotta
per plaghe remote.
E domani saremo
soli
col nostro cuore
verso il nostro destino.
Ma ancora, nel profondo, tremerà
il palpito lontano delle ali sorelle
e si convertirà
in nuova ansia di volo.

gennaio 1931

Fuga

 

Anima, andiamo. Non ti sgomentare
di tanto freddo, e non guardare il lago,
s’esso ti fa pensare ad una piaga
livida e brulicante. Sì, le nubi
gravano sopra i pini ad incupirli.
Ma noi ci porteremo ove l’intrico
dei rami è tanto folto, che la pioggia
non giunge a inumidire il suolo: lieve,
tamburellando sulla volta scura,
essa accompagnerà il nostro cammino.

E noi calpesteremo il molle strato
d’aghi caduti e le ricciute macchie
di licheni e mirtilli; inciamperemo
nelle radici, disperate membra
brancicanti la terra; strettamente
ci addosseremo ai tronchi, per sostegno;
e fuggiremo. Con la piena forza
della carne e del cuore, fuggiremo:
lungi da questo velenoso mondo
che mi attira e mi respinge. E tu sarai,
nella pineta, a sera, l’ombra china
che custodisce: ed io per te soltanto,
sopra la dolce strada senza meta,
un’anima aggrappata al proprio amore.

Lieve offerta

 

Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera
come le estreme foglie
dei pioppi, che s’accendono di sole
in cima ai tronchi fasciati
di nebbia –

Vorrei condurti con le mie parole
per un deserto viale, segnato
d’esili ombre –
fino a una valle d’erboso silenzio,
al lago –
ove tinnisce per un fiato d’aria
il canneto
e le libellule si trastullano
con l’acqua non profonda –

Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera,
che la mia poesia ti fosse un ponte,
sottile e saldo,
bianco –
sulle oscure voragini.

Senza titolo
Così
con la mia testa sul suo grembo
e le tue mani sopra i miei capelli.
Sotto le palpebre, un fervore chiaro
-tutta la rena di una spiaggia, al sole-
dentro,
il silenzio che dondola a ondate
come l'acqua un po'scura, senza schiumma,
e l'anima che vibra allo sciacquio
come un mollusco gelatinoso
che abbia dischiuso la conchiglia
alla carezza del mare.

Vertigine

 

Afferrami alla vita,
uomo. La cengia è stretta.
E l'abisso è il risucchio spaventoso
che ci vuole assorbire.
Vedi: la falda erbosa, da cui balza
questo zampillo estatico di rupi,
somiglia ad un camposanto sconfinato,
con le sue pietre bianche.
Io mi vorrei tuffare a capofitto
nella fluidità vertiginosa;
vorrei piombare sopra un duro masso
e sradicarlo e stritolarlo, io,
con le mie mani scarne;
strappare gli vorrei, siccome a croce
di cimitero, una parola sola
che mi desse la luce. E poi berrei
a golate gioiose il sangue mio.

Afferrami alla vita,
uomo. Passa la nebbia
e lambe e sperde l'incubo mio folle.
Fra poco la vedremo dipanarsi
sopra le valli: e noi saremo in vetta.
Afferrami alla vita. Oh, come dolci
i tuoi occhi esitanti,
i tuoi occhi di puro vetro azzurro!