* * * * Poesie di Edgar Allan Poe * * * *

Edgar Allan Poe - Silenzio

 

Vi sono qualità - incorporee essenze,
cui è data come una duplice vita, che è poi
emblema della doppia entità che sempre scocca
da materia e luce, in solida forma e in ombra.
Vi è un silenzio che è duplice - mare e riva -
corpo e anima. Abita l'uno in solitari luoghi,
ricoperti d'erba recente: qualche solenne grazia,
umane memorie e una lacrimata sapienza
gli han tolto ogni terrore. Il suo nome è Mai più.
E' quello il silenzio corporeo: non devi paventarlo!
Non ha potere in se stesso di nuocere.
Ma se mai un incalzante fato (intempestiva
sorte!) ti portasse a incontrare la sua ombra,
(un elfo è, senza nome e frequenta solinghe plaghe,
mai calpestate dal piede di un uomo),
oh, allora, raccomandati a Dio!

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Coloro che sognano di giorno sono consapevoli di molte cose che sfuggono a coloro che sognano solo di notte. EDGAR ALLAN POE

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Edgar Allan Poe - Canto

 

Ti vidi nel tuo giorno nuziale
e t' invase una vampata di rossore,
quantunque felicità ti brillasse d' intorno
e il mondo fosse tutto amore innanzi a te.

E il baleno che s' accese nei tuoi occhi
(quale ch' esso fosse per me),
fu quando alla Beltà di più conforme
potesse svelarsi alla mia vista dolente.

Fu quel rossore, credo, pudore di fanciulla -
e ben si comprende che così fosse.
Ma un più fiero incendio quel baleno
sollevò - ahimè! - nel petto di colui

che ti vide nel tuo giorno nuziale,
allorché ti sorprese quell' acceso rossore,
quantunque felicità ti brillasse d' intorno
e il mondo fosse tutto amore innanzi a te.

La stella della sera

 

L'estate era al suo meriggio,
e la notte al suo colmo;
e ogni stella, nella sua propria orbita,
brillava pallida, pur nella luce
della luna, che più lucente e più fredda,
dominava tra gli schiavi pianeti,
nei cieli signora assoluta -
e, col suo raggio, sulle onde.
Per un poco io fissai
il suo freddo sorriso;
oh, troppo freddo - troppo freddo per me!
Passò, come un sudario,
una nuvola lanuginosa,
e io allora mi volsi a te
orgogliosa stella della sera,
alla tua remota fiamma,
più caro avendo il tuo raggio;
giacchè più mi allieta
l'orgogliosa parte
che in cielo svolgi a notte,
e di più io ammiro
il tuo fuoco distante
che non quella fredda, consueta luce.

EDGAR ALLAN POE - "Un sogno dentro un sogno" (1849)

 

Prendete questo bacio in fronte!
E nel partire da voi ora,
tanto lasciatemi confessare
non siete in errore voi che pensate
che i miei giorni sono stati un sogno:
pure se la speranza è fuggita
in una notte, od in un giorno
in una visione o no
è perciò essa meno passata?
Tutto ciò che vediamo o che ci par di vedere
non è ch’un sogno dentro un sogno.
Io sto in mezzo al muggito
d’una spiaggia tormentata dai marosi,
ed io tengo dentro la mia mano
granelli di sabbia dorata.
Quanto poco! Tuttavia come essi sfuggono
attraverso le mie dita nella profondità,
mentre io piango, mentre io piango!
O Dio! non potrei io afferrarli
con una stretta più tenace?
O Dio! non potrei salvarne
uno dalle spietate onde?
E’ tutto quel che vediamo o che ci par di vedere
null’altro fuorché un sogno in un sogno?

 

A Dream Within A Dream

Take this kiss upon the brow!
And, in parting from you now,
Thus much let me avow-
You are not wrong, who deem
That my days have been a dream;
Yet if hope has flown away
In a night, or in a day,
In a vision, or in none,
Is it therefore the less gone?
All that we see or seem
Is but a dream within a dream.

I stand amid the roar
Of a surf-tormented shore,
And I hold within my hand
Grains of the golden sand-
How few! yet how they creep
Through my fingers to the deep,
While I weep- while I weep!
O God! can I not grasp
Them with a tighter clasp?
O God! can I not save
One from the pitiless wave?
Is all that we see or seem
But a dream within a dream?

EDGAR ALLAN POE - Un sogno

 

In visioni di notturna tenebra
spesso ho sognato svanite gioie -
mentre un sogno, da sveglio, di vita e di luce...
m'ha lasciato col cuore implacato.
Ah, che cosa non è sogno in chiaro giorno

per colui il cui sguardo si posa
su quanto a lui è d'intorno
con un raggio
che, a ritroso, si volge al tempo che non è più?
Quel sogno beato -
quel sogno beato,
mentre il mondo intero m'era avverso,

m'ha rallegrato come un raggio cortese
che sa guidare un animo scontroso.
E benchè quella luce in tempestose notti
così tremolasse di lontano

che mai può aversi di più splendente e puro
nella diurna stella del Vero?

Il Corvo

 

Siano queste parole d'addio" alzandomi gridai
"uccello o creatura del male, ritorna alla tempesta,
Alle plutonie rive e non lasciare una sola piuma in segno
Della tua menzogna. Intatta lascia la mia solitudine,
Togli il becco dal mio cuore e la tua figura dalla porta"
Disse il Corvo: "Mai più
E quel Corvo senza un volo siede ancora, siede ancora
Sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.
E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante
E la luce della lampada getta a terra la sua ombra.
E l'anima mia dall'ombra che galleggia sul pavimento
Non si solleverà "Mai più" mai più.

I miei incantesimi sono infranti

 

I miei incantesimi sono infranti.
La penna mi cade, impotente, dalla mano tremante.
Se il mio libro è il tuo caro nome, per quanto mi preghi,
non posso più scrivere. Non posso pensare, né parlare,
ahimè non posso sentire più nulla,
poiché non è nemmeno un'emozione,
questo immobile arrestarsi sulla dorata
soglia del cancello spalancato dei sogni,
fissando in estasi lo splendido scorcio,
e fremendo nel vedere, a destra
e a sinistra, e per tutto il viale,
fra purpurei vapori, lontano
dove termina il panorama nient'altro che Te.

A Elena

 

A Elena Elena, la tua bellezza è per me
come quei navigli nicei d'un tempo
che, mollemente, sull'odorato mare
riportavano il pellegrino stanco d'errare
alla sua sponda natia.

Da tempo avezzo a disperati mari,
la tua chioma di giacinto, il tuo classico volto,
la tua grazia di Naiade riportano me anche in patria,
a quella gloria che fu la Grecia,
a quella maestà che fu Roma.

Là, nel rilucente vano della finestra,
come statua eretta io ti vedo,
con in mano la tua lampada d'agata!
Ah, Psyche, qui venuta dalle regioni
che son Terra Santa.

(1835)

FUSSLI - Solitudine all'alba
FUSSLI - Solitudine all'alba

Solo

 

Fanciullo, io già non ero
come gli altri erano, nè vedevo
come gli altri vedevano. Mai
derivai da una comune fonte
le mie passioni - nè mai,
da quella stessa, i miei aspri affanni.
Nè il tripudio al mio cuore
io ridestavo in accordo con altri.
Tutto quello che amai, io l'amai da solo.
Allora - in quell'età - nell'alba
d'una procellosa vita - fu derivato
da ogni più oscuro abisso di bene e male
il mistero che ancora m'avvince -
dai torrenti e dalle sorgenti -
dalla rossa roccia dei monti -
dal sole che d'intorno mi ruotava
nelle sue dorate tinte autunnali -
dal celeste baleno
che daccanto mi guizzava -
dal tuono e dalla tempesta -
e dalla nuvola che forma assumeva
(mentre era azzurro tutto l'altro cielo)
d'un demone alla mia vista -.