HO LETTO LIBRI DI FILOSOFIA E DI RIFLESSIONE CRITICA SULLA REALTA'

ARTHUR SCHOPENHAUER - L'arte di essere felici, Adelphi

G. VATTIMO, P. ALDO ROVATTI (a cura di) - Il pensiero debole, Feltrinelli 1985

VIKTOR FRANKL - Uno psicologo nei lager - Ares 1996

HANNAH ARENDT - La banalità del male, Feltrinelli

JOSTEIN GAARDER - Il mondo di Sofia (1991)

 

 

ARTHUR SCHOPENHAUER - L'arte di essere felici, Adelphi

 

Una felicità compiuta e positiva è impossibile, mentre ciò che ci si deve aspettare è soltanto uno stato relativamente poco doloroso.

Capire questo può contribuire molto a farci partecipi del benessere che la vita concede. Non basta volere e potere: un uomo deve sapere ciò che vuole e sapere ciò che può. La consapevolezza delle nostre forze e debolezze è la via più sicura per arrivare alla  maggior contentezza possibile di sé.

Gioia smodata e violentissimo dolore sono esaltazioni dell'animo che si potrebbero evitare usando il giudizio. Instancabilmente noi passiamo di desiderio in desiderio, e sebbene ogni soddisfazione conseguita non ci soddisfa, ci affrettiamo a correre dietro

a desideri sempre nuovi. La saggezza di vita si basa sulla giusta proporzione in cui dedichiamo la nostra attenzione in parte al

presente, in parte al futuro, in modo che l'uno non ci rovini l'altro. Molti vivono troppo nel presente (gli sconsiderati), altri troppo

nel futuro (i timorosi e gli apprensivi).  Dobbiamo smettere di cercare la felicità e i piaceri e cercare di sfuggire per quanto possibile alla sofferenza e al dolore. Il meglio che il mondo ci può offrire è un presente sopportabile, quieto e privo di dolore. Dobbiamo tenere a freno la fantasia in tutte le cose che riguardano il nostro benessere e il nostro malessere, le nostre speranze e i nostri timori. Le cose che riguardano il nostro benessere e il nostro malessere d si devono affrontare solo con la capacità di giudizio, evitando la fantasia, che non sa giudicare. Non dobbiamo manifestare grande giubilo o grande afflizione riguardo ad alcun avvenimento, ma dobbiamo assaporare in ogni momento il presente nel modo più sereno possibile: questa è saggezza di vita. Svolgere un'attività, dedicarsi a qualcosa, o anche solo studiare sono cose necessarie alla felicità dell'uomo. La follia più grande è sacrificare la propria salute per ottenere guadagno, erudizione, fama, e piacere. La via più saggia è la moderazione. L'aspirazione alla felicità e la lotta per conquistarla attirano grandi sventure. Il mezzo più sicuro per sfuggire a una grande sventura consiste nel ridurre il più possibile le proprie pretese, in rapporto ai propri mezzi. Dovremmo quindi mirare meno al possesso di beni esteriori che al mantenimento di un temperamento sereno.

Ciò che uno è, cioè la personalità nel senso più ampio, comprendente la salute, la forza, la bellezza, il carattere morale, l'ingegno e l'educazione dell'ingegno, è indubbiamente più essenziale alla felicità più rispetto a ciò che uno ha, cioè i suoi averi e i suoi possedimenti e all'opinione che gli altri hanno di lui. 

Un temperamento sereno derivante da una salute perfetta e da una buona complessione, un ingegno lucido, vivace, penetrante, dotato di grande discernimento, una volontà moderata e mite sono pregi che nessun rango e nessuna ricchezza possono sostituire.

Schopenhauer

G. VATTIMO, P. ALDO ROVATTI (a cura di) - Il pensiero debole, Feltrinelli 1985

 

Nella premessa gli autori sostengono che il dibattito filosofico contemporaneo non pone come premessa una fondazione unica. ultima e normativa, ma propone un'alternativa. Non più una metafisica schematica, ma un pensiero "negativo", in cui permangono molti residui metafisici, ancora attivi benché nascosti (MarxHegel).

La crisi dei fondamenti si sposta all'interno dell'idea di "verità". Non più una filosofia dell'essere, ma un'apertura anche al mondo delle apparenze e dei simboli, una via per incontrare l'essere come traccia e ricordo, un essere indebolito, ma altrettanto degno di attenzione.

1. Nel primo saggio del libro, Gianni Vattimo ci scrive che il pensiero contemporaneo si scopre debole nei confronti del mondo e della società, ma non rinuncia ad esplorare nuove vie per andare oltre. Se la razionalità non riesce più a rimanere schematizzata all'interno delle categorie della metafisica tradizionale, oggi tende a riappropriarsi di tutti i campi che erano sfuggiti al pensiero forte del passato.

Rivediamo il concetto di dialettica, Se Hegel sosteneva che "il vero è l'intero",  secondo Vattimo esso varrà soprattutto come sforzo di ricomposizione di un nuovo punto di vista, capace di cogliere la totalità come tale. Se l'idea del tempo come svolgimento lineare non può più essere ripercorsa, può però presentarsi come ma riappropriazione di una moltitudine di possibilità, di valori e di immagini. L'essere non si definisce come ciò che è, ciò che sta, ma come ciò che si ricorda, ciò che si tramanda,

2. Nel saggio di Pier Aldo Rovatti "Trasformazioni nel corso dell'esperienza", cambia anche la prospettiva della conoscenza, intesa pur sempre come relazione tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, ma se l'oggetto da conoscere non è determinato dalle categorie della filosofia del passato, ora si riferisce ad un essere che si cela, ma c'è. Non vi è più la ricerca dell'identità, ma l'accettazione della differenza, senza troppa nostalgia del passato e accettando la paura del nuovo.

Il pensiero debole non è un conoscere, ma è una presa con la realtà, in cui il soggetto non si riduce alle categorie tradizionali del soggetto, perché non può essere considerato isolato, distaccato ma agisce, si allarga, in un viaggio controcorrente. Il pensiero debole si situa provvisoriamente tra "la ragione forte che dice la verità e l'impotenza speculare di chi contempla il proprio nulla". 

3. Nel saggio sull'invecchiamento della "scuola del sospetto" Maurizio Ferraris riprende il concetto di "scuola del sospetto" che Paul Ricoeur riferiva alla triade NietzscheFreud e Marx. Pensare significa interpretare. L'ermeneutica si presenta oggi come memoria e trasformazione della tradizione filosofica.

 

HANNAH ARENDT - La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli Milano 1964 

 

Hannah Arendt, giornalista e filosofa, fu inviata del settimanale New Yorker, per scrivere un resoconto sul processo di Gerusalemme, in cui Adolf Eichmann fu accusato di genocidio e condannato a morte.

Nei suoi resoconti del processo, l’autrice studia la figura di A. Eichmann il quale, alle domande relative al motivo delle sue azioni, rispose di volta in volta in modo diverso, dicendo che si era limitato ad eseguire ordini e che aveva ritenuto disonesto non eseguire il ”lavoro” che gli era stato affidato. Inoltre sosteneva che la coscienza gli imponeva di essere leale con i suoi superiori (riferendosi arbitrariamente alla Critica della ragion pratica di Kant). Eichmann sostenne di aver messo in pratica le massime di Kant, (il dovere per il dovere), senza rendersi conto che il dovere da compiere deve essere sempre legato al bene e non al male degli altri.

La domanda che si pone la pensatrice è: Il male è la conseguenza di una scelta consapevole, razionale e malvagia nell'uomo? La Arendt risponde che la malvagità non è radicata nell'uomo, ossia non è innata, ma neppure è la conseguenza di una scelta consapevole. Ella sostiene che il male è banale, ossia è dovuto a una mancata consapevolezza delle proprie azioni. Il male nasce, secondo la Arendt, dall'assenza di scrupoli di coscienza e dalla mancata assunzione di responsabilità e di comprensione della gravità del fenomeno, che spinge l'individuo a obbedire agli ordini senza discuterli. L'uomo, privo della capacità di pensare e valutare la portata di ciò che fa, si limita a obbedire, a mettere in pratica gli ordini ricevuti.

Nel corso del suo resoconto, la Arendt fu consapevole del fatto che Eichmann era una persona comune, banale, ordinaria, il più delle volte incapace di pensare, come può accadere alla maggior parte di noi. Secondo la Arendt, Eichmann non pensava, come molti di noi, ma compiva le sue azioni per abitudine.

All'interno di un meccanismo infernale qual è stata la soluzione finale nei confronti degli ebrei, qualunque individuo, messo nelle stesse condizioni di Eichmann, si sarebbe comportato nello stesso modo. I malvagi non sono, pertanto, esseri crudeli, ma banali individui che eseguono quello che altri decidono per loro. Una persona qualunque, normale (banale), può compiere il male se inserito in un meccanismo burocratico e politico che lo spinge ad agire senza pensare.  Per questo motivo il male viene definito banale, perché non nasce dalla consapevolezza o dalla critica, non ha profondità, non ha alcuno spessore. A differenza dei capi del nazismo, che  avevano un certo spessore ideologico e psicologico, Eichmann si sentiva solo un funzionario: è questa la banalità del male.

Conclusione: Eichmann non è un individuo malvagio ma nient'altro che un uomo superficiale e mediocre, incapace di pensare al valore morale dei propri atti. Il nazismo non rappresenta il male in sé, ma costituisce il punto di partenza, che ha spinto uomini banali a commettere tante atrocità.

Il testo ha avuto pesanti critiche da parte della comunità ebraica.

JOSTEIN GAARDER - Il mondo di Sofia (1991)

 

Sofia riceve delle lettere anonime in cui le viene chiesto chi siamo e da dove provenga il mondo.

Successivamente riceve una lettera che le spiega che cosa sia la filosofia. L'autore della lettera le scrive che gli uomini, fin dall'antichità, si sono posti le stesse domande, cercando una risposta attraverso i miti. In questa lettera  il misterioso filosofo spiega a Sofia la mitologia nordica.

In una lettera successiva, le parla in modo suggestivo dei filosofi dell'antichità, a partire dai filosofi della natura, invogliandola non tanto a rispondere alla domande quanto a cercare di rispondere con la ragione, filosoficamente. 

Altre lettere, di volta in volta, le presenteranno il pensiero di Democrito e paragona gli atomi ai mattoncini lego, con cui è possibile costruire ogni cosa, Socrate e la sua affermazione che il saggio è colui che sa di non sapere. Successivamente è la volta di Platone e del suo mondo delle Idee, poi è la volta di Aristotele, dell'Ellenismo.

Successivamente Sofia incontra un frate, che le parla del Medioevo, con riferimento alla Patristica e alla Scolastica, al problema dei rapporti tra scienza e fede.

Incontra il filosofo, il quale le parla della nuova concezione dell'uomo nel Rinascimento. Discorrono sulle difficoltà nel'origine della ricerca scientifica. Egli le parla di altri pensatori del secolo della scienza: Spinoza, gli Empiristi e l'Illuminismo. Sofia avverte i problemi dello scetticismo e si interroga sulla sua stessa esistenza. Troverà una risposta affrontando il pensiero di Kant e, successivamente della filosofia dell'800 fino a concludere con il Bing Bang.

La lettura di questo romanzo filosofico è consigliabile a tutti, in particolare agli adolescenti.