L'APPRENDIMENTO

 L’APPRENDIMENTO

Apri la mente a quel ch’io ti paleso e fermalvi dentro; ché non fa scienza, senza lo ritener aver inteso (Dante Alighieri).

 

L’apprendimento

 

L’essere umano, per sopravvivere, ha bisogno di adattarsi alle modificazioni ambientali e di regolare il proprio comportamento a seconda delle situazioni.

L’apprendimento inizia fin dai primi giorni di vita. Esso consiste essenzialmente in una modificazione del nostro abituale modo di agire, che deriva dall’esperienza.

 

L’apprendimento è il processo mediante il quale effettuiamo nuove esperienze, acquistiamo nuove modalità di comportamento ed eseguiamo nuove attività, adattandoci di volta in volta alle situazioni che dobbiamo affrontare.

Ogni volta che l’individuo si adatta all’ambiente, compie un’esperienza nuova oppure modifica una precedente esperienza: apprende, cioè impara.

 

APPROFONDIMENTO: Leggiamo alcune definizioni di apprendimento

 

· “Processo psichico che consente una modificazione durevole del comportamento per effetto dell’esperienza” (U.GALIMBERTI).

 

· “L’apprendimento è il processo mediante il quale si origina un’attività o un’attività preesistente viene modificata attraverso la risposta a una situazione” (E.R. HILGARD).

 

· “Famiglia di processi che permettono all’individuo, mediante l’acquisizione di nuovi modelli di risposte, o la modificazione di modelli preesistenti, di ragiungere per gradi una conoscenza sempre più estesa dell’ambiente, aggiustandosi, in varia misura, rispetto alle condizioni variabili di questo” (A. DALLA VOLTA).

 

L’APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO

 

L’apprendimento risulta facilitato quando un elemento può essere collegato con elementi appresi in precedenza, in base al significato, alla somiglianza, al contrasto oppure alla vicinanza nello spazio e nel tempo (contiguità).

Le principali forme di apprendimento associativo sono: il condizionamento classico e operante, l’apprendimento per imitazione, l’imprinting e il modellamento.

 

Il condizionamento

 

Quando uno stimolo ambientale provoca una risposta dell’organismo, è possibile provocare anche in seguito quella stessa reazione allo stimolo, ossia condizionare tale risposta.

 

Lo stimolo è tutto ciò che può determinare una reazione in un soggetto. Lo stimolo, generalmente, proviene dall’ambiente (ad esempio una luce o un rumore).

La risposta è la reazione del soggetto allo stimolo.

Il riflesso è l’insieme di stimolo e risposta.

 

Pavlov

 

Pavlov studiò i riflessi condizionati negli animali con una serie di esperimenti. 

Mediante una serie di apparecchiature per raccogliere le secrezioni salivari dei cani verificò che il cane, inizialmente, emetteva saliva ogni volta che gli era mostrato del cibo; dimostrò che la salivazione si verificava anche successivamente, ossia quando lo sperimentatore presentava il cibo accompagnato dal suono di un campanello; infine la salivazione si verificava esclusivamente quando il cane sentiva il suono del campanello.

 

Il condizionamento rispondente

Il condizionamento si chiama rispondente quando il soggetto fornisce una risposta naturale (azione riflessa), già presente nell’organismo, ad uno stimolo diverso da quello naturale (stimolo neutro).

Lo stimolo che in natura dà luogo alla risposta riflessa (ad esempio il cibo) si chiama stimolo incondizionato; la reazione riflessa, prodotta naturalmente (salivazione), si chiama risposta incondizionata; lo stimolo neutro (ad esempio il suono del campanello), che viene associato allo stimolo naturale, è chiamato stimolo condizionato; la reazione allo stimolo condizionato (salivazione) è detta risposta condizionata.

 

Naturalmente l'apprendimento mediante condizioamento riguarda tutti gli esser viventi. Proviamo a proporre alcuni esempi di condizionamenti di comportamenti umani.

 

Un esempio di condizionamento rispondente è fornito dal comportamento di un bambino che, in presenza di un determinato stimolo ambientale (ad esempio la vista di una caramella), emette una risposta (l’«acquolina in bocca»). Lo stimolo (la caramella) è chiamato stimolo incondizionato. La reazione (acquolina) è detta risposta incondizionata. Se allo stimolo-caramella ne viene associato un altro (scampanellata), la risposta si verificherà ugualmente.

 

Ogni volta che si verifica una presentazione ripetuta di uno stimolo condizionato (ad esempio il suono di un campanello) unito a uno stimolo incondizionato (ad esempio una caramella), la risposta che il bambino emette di fronte alla doppia stimolazione (l’«acquolina in bocca») verrà emessa anche in presenza del solo stimolo condizionato. Il bambino avvertirà un aumento della salivazione aspettandosi una caramella non appena sentirà il suono del campanello. Infatti, egli percepirà la presenza dello stimolo condizionato (il campanello) come il segnale della successiva comparsa dello stimolo incondizionato (caramella).

 

Se un serpente costituisce uno stimolo incondizionato ( SI), la paura rappresenta la risposta incondizionata (RI); un pupazzo (stimolo neutro), in un processo di condizionamento costituisce uno stimolo condizionato (SC); la paura diventa una risposta condizionata (RC).

 

Thorndike

 

Thorndike affermò che l’apprendimento avviene essenzialmente per prova ed errori.

Nel “puzzle-box” che utilizzava per i suoi esperimenti l’animale non intuisce la soluzione di un problema (ossia non comprende), ma cancella le connessioni stimolo-risposta errate ed imprime quelle giuste: quando il soggetto, di fronte a un compito nuovo, può fornire più di una risposta, imprime (apprende) le risposte coronate da successo o da premio. Lo stesso connessionismo, secondo Thorndike, avviene nell’apprendimento umano, che può venire incrementato dai premi o estinto per il sopraggiungere di una punizione.

 

Egli formulò così la sua Legge dell’effetto: Un evento ha maggiori possibilità di verificarsi se produce un effetto soddisfacente per il soggetto. La soluzione può essere trovata procedendo per prove ed errori, ossia tentando tutti i comportamenti presenti nel proprio repertorio.

 

Skinner

 

Skinner è lo studioso del condizionamento operante; egli ha effettuato numerose ricerche sui rinforzi necessari nell’apprendimento; a lui si deve soprattutto l’elaborazione delle tecniche per l’istruzione programmata, che favorisce ogni forma di apprendimento (anche nei soggetti con handicap intellettivi) ed è alla base dell’attuale diffusione dei computer nelle scuole.

 

Al contrario di Pavlov, il quale aveva indagato sull’apprendimento di una risposta ad uno stimolo esterno (riflesso), Skinner sosteneva che si apprende più facilmente una risposta spontanea, ossia un comportamento volontario, quando è seguita da rinforzo.

 

Il rinforzo

Il rinforzo è un oggetto, un evento, un’azione  o una situazione che aumenta la frequenza di risposta ad uno stimolo, ossia favorisce l’apprendimento. Negli esperimenti di Skinner il rinforzo è costituito dal cibo, che non viene elargito direttamente dallo sperimentatore, ma può essere ottenuto dall’animale soltanto se si comporta nel modo voluto dallo sperimentatore (comportamento spontaneo e volontario).

Il rinforzo più efficace è quello di tipo intermittente a ragione variabile, ossia erogato dopo un numero variabile di risposte corrette.

 

Nel box (gabbia) di Skinner viene posto un animale affamato. Il cibo viene rilasciato soltanto se l’animale preme una levetta. Il condizionamento risulta riuscito quando l’animale impara a premere la levetta giusta; in tal caso riceve del cibo o altro rinforzo.

 

Skinner chiamò operante tale tipo di condizionamento e scoprì che ogni associazione stimolo-risposta tende a consolidarsi quando la risposta è seguita da uno stimolo rinforzante (ad esempio un premio materiale o un elogio); tale associazione tende all’estinzione (ossia a non comparire più) se viene a mancare il rinforzo.

 

Differenze tra condizionamento rispondente ed operante

 

Mentre nel condizionamento rispondente l’attività dell’organismo si riduce ad una reazione allo stimolo, nel condizionamento operante essa consiste in un’operazione sull’ambiente per conseguire uno scopo.

 

Il condizionamento operante, a differenza di quello classico, consiste nell’apprendimento di un comportamento prodotto spontaneamente dall’organismo e non in risposta ad uno stimolo esterno.

 

A differenza del condizionamento rispondente, in cui il cibo viene elargito direttamente dallo sperimentatore, nel condizionamento operante è l’animale che riesce a ottenere il cibo direttamente da un dispensatore automatico, senza che intervenga lo sperimentatore. Il rinforzo è condizionato dalla risposta.

 

Legge di Skinner

 

Se il verificarsi di un operante è seguito dalla presentazione di uno stimolo rinforzante, l’intensità è accresciuta.

 

L’efficacia dei rinforzi

 

Un rinforzo continuo può determinare un’eccessiva sicurezza o far credere che il compito sia troppo facile. Ciò agisce negativamente sull’apprendimento.

Esempio: un rappresentante riceve un premio ogni qualvolta raggiunge un certo numero di vendite.

 

Le ricerche compiute dai comportamentisti hanno dimostrato che il rinforzo più efficace non è quello che segue immediatamente ogni atto corretto, bensì quello intermittente, probabilmente perché l’aspettativa del premio, anche quando non viene elargito, costituisce essa stessa un rinforzo.

 

Il rinforzo secondario è uno stimolo neutro che diventa un rinforzo positivo (ad esempio il denaro). Esso deve essere associato ad un rinforzo positivo per un certo numero di prove: alla fine esso diventa un rinforzo positivo secondario.

 

L’estinzione

 

L’estinzione consiste in un progressivo decadimento dell’apprendimento (sequenza S-R), che si determina quando il comportamento non è più rinforzato. La maggior parte degli apprendimenti va incontro ad estinzione, quando non è sostenuta da sufficienti motivazioni oppure quando si ricorre a strategie poco efficaci per ricordare. L’apprendimento di tipo meccanico è maggiormente soggetto ad estinzione rispetto all’apprendimento significativo. Per estinguere un comportamento non corretto, è sufficiente evitare che l’associazione stimolo-risposta venga ripetuta. Inoltre non dobbiamo fornire alcun rinforzo: non dobbiamo prestare attenzione all’errore, ma mostrare indifferenza.

 

Effetti della punizione

 

Non è detto che un rinforzo positivo incrementi un apprendimento mentre uno negativo lo estingue; nell’educazione riscontriamo frequentemente l’inutilità delle punizioni che, a volte, risultano addirittura controproducenti, in quanto finiscono per consolidare proprio il comportamento che si voleva estinguere. Un bambino che fa i capricci diventerà ancor più capriccioso, ostinato e irritabile quando viene punito, reiterando i comportamenti che gli altri definiscono sbagliati, anche se rischia di essere punito. 

 

Alcune ricerche, compiute da Skinner ed Estes, dimostrano che le punizioni non sono efficaci per eliminare un comportamento indesiderato anzi, paradossalmente, determinano l’effetto opposto: quanto più un bambino viene punito (ad esempio picchiato) quando sbaglia, tanto più continuerà a ripetere gli stessi errori, magari di nascosto per evitare di essere picchiato, oppure quando il genitore che lo punisce è assente. Inoltre la punizione risveglia emotività ed aggressività.

 

Skinner ed Estes propongono di evitare accuratamente di rinforzare, sia positivamente che negativamente, il comportamento errato: ciò è possibile, ad esempio, non prestando alcuna attenzione, evitando commenti verbali e qualsiasi intervento attivo, prestando però attenzione ai comportamenti giusti e rinforzando positivamente (con un premio, la lode, l’attenzione etc.) il bambino ogni volta che si comporterà nel modo giusto.

 

L’imprinting

 

Quasi tutte le forme di apprendimento esaminate sono graduali e possono manifestarsi per tutto l’arco della vita. Da esse si distingue l’imprinting, una forma primitiva di apprendimento, che avviene in modo quasi istantaneo e si verifica soltanto nei primi tempi della vita (periodo sensibile). L’imprinting permette all’animale di riconoscere la specie a cui appartiene, di apprendere gli schemi di azione per la sopravvivenza e di fissare nella memoria i segnali di pericolo.

 

Il modellamento

 

Il modellamento consiste nell’apprendimento di risposte complesse e non di semplici gesti (ad es. una foca deve tenere in equilibrio una palla sul muso compiendo acrobazie; una persona deve guidare l’automobile inserendo o disinserendo le marce, il freno ecc.).

 

Il modellamento richiede rinforzi differenziati, che vengono forniti rispettando i tempi in modo che un comportamento venga ripetuto nella sequenza adeguata:

ogni volta che il soggetto apprende un passo nella sequenza necessaria ad ottenere il comportamento finale riceve un rinforzo.

Si apprendono per modellamento numerosi comportamenti quotidiani: le madri rinforzano il comportamento dei figli dapprima quando sono riusciti a infilarsi in qualche modo l’abito da soli; successivamente quando eseguono alcuni movimenti corretti, porgendo prima un braccio e poi l’altro; infine lo approvano per essere riusciti a vestirsi da soli.

 

L’imitazione

 

Tutti gli apprendimenti finora esaminati riguardano il singolo soggetto alle prese con una situazione nuova. Nella maggior parte dei casi, invece, un essere vivente utilizza le conoscenze altrui e le inserisce nelle proprie, senza sforzi e senza procedere per tentativi ed errori.

 

L’imitazione consiste nell’apprendere osservando un modello e ripetendone le azioni. Il rinforzo consiste nello sperimentare il successo in quello che si fa.

L’osservazione è fondamentale nell’apprendimento: i bambini osservano gli adulti oppure i loro coetanei ed imitano il loro comportamento.

 

L’apprendimento per imitazione è molto frequente anche in età adulta. Si impara più facilmente a guidare un’automobile osservando ed imitando le sequenze motorie di chi è già abile piuttosto che imparando da un manuale.

Quando il comportamento di altre persone è seguito da rinforzo, esso viene imitato e ripetuto maggiormente. Il rinforzo vicario consiste nel riprodurre un apprendimento altrui che è stato seguito da un rinforzo: “Quel che va bene per lui, va bene anche per me”.

 

 

La ricerca sperimentale

 

Lo psicologo Bandura compì un esperimento su alcuni bambini da tre a cinque anni e li suddivise in tre gruppi. Il primo gruppo ebbe modo di osservare un adulto che aggrediva Bobo, un grosso pupazzo di gomma, colpendolo con calci e pugni; in un’altra stanza il secondo gruppo di bambini ebbe modo di osservare un adulto che dimostrava indifferenza nei confronti di Bobo; il terzo gruppo non ebbe alcun modello adulto.

 

Quando i bambini rimasero soli, gli psicologi ne osservarono il comportamento: i bambini del primo gruppo manifestarono comportamenti aggressivi e scelsero giochi più violenti; nei comportamenti dei bambini degli altri due gruppi non si riscontrarono atteggiamenti aggressivi ed espressioni di ostilità. I risultati dell’esperimento furono criticati; pertanto Bandura elaborò nuovi esperimenti, per indagare sui fattori che determinano i comportamenti imitativi.

 

In un successivo esperimento tre gruppi di bambini dovevano assistere alla proiezione di un film: nel primo il modello era molto aggressivo e veniva punito per il suo comportamento; nel secondo il modello era sempre aggressivo, ma questa volta veniva premiato; nel terzo filmato al protagonista aggressivo non accadeva assolutamente nulla (né premi, né punizioni). Il gruppo che aveva assistito al primo filmato (punizione dell’aggressività) si comportò in modo meno aggressivo; negli altri due gruppi non furono riscontrate differenze apprezzabili: la premiazione di un modello negativo non sembra influire sul comportamento, ossia non viene imitato.

I risultati delle ricerche compiute da Bandura hanno stimolato il dibattito odierno sull’influenza dei modelli negativi (genitori, eroi del teleschermo) sull’aggressività infantile.

 

L’APPRENDIMENTO COGNITIVO

 

Dal Comportamentismo al Cognitivismo

 

Tolman analizzò i fattori cognitivi e le loro relazioni con l’apprendimento, studiando l’influenza delle aspettative. Secondo Tolman, non apprendiamo semplici oggetti o situazioni, ma segni, ossia significati. Per risolvere un qualsiasi problema non è sufficiente apprendere la soluzione corretta, ma è necessario formarsi una mappa della situazione. Quando l’individuo è motivato ad apprendere, difficilmente il suo apprendimento sarà soggetto all’estinzione.

 

Le ricerche dei cognitivisti

 

I più recenti studi sono stati condotti dai cognitivisti, i quali analizzano le funzioni cognitive tenendo conto della personalità globale ed attribuiscono sempre maggior importanza alle motivazioni e alle emozioni nell’apprendimento, hanno dimostrato che le conoscenze generalmente si accrescono con l’età.

I cognitivisti hanno rifiutato la teoria dell’apprendimento passivo proposta dai comportamentisti e dagli associazionisti: essi sostengono che il soggetto è il protagonista attivo del suo apprendimento ed elabora in modo personale e produttivo i dati provenienti dall’ambiente. Il Cognitivismo si richiama all’informatica per spiegare le varie tappe dell’apprendimento.

 

La teoria degli schemi

 

Comprendere significa costruire uno schema appropriato; apprendere significa inserire ogni nuova informazione nello schema appropriato, arricchendolo continuamente; ricordare significa ricercare l’informazione richiesta nel relativo schema. Gli schemi vengono attivati in modo automatico e spesso inconsapevolmente.

 

I cognitivisti paragonano la struttura mentale a una biblioteca: ogni scaffale contiene le informazioni giuste. Quando arrivano nuove informazioni, vengono inserite nello scaffale che contiene informazioni simili. Per ricordare qualcosa, lo si cerca nello scaffale adatto. Le informazioni più rilevanti vengono collocate al centro di ogni schema, mentre quelle meno importanti sono disposte in periferia.

Chi inserisce nuove informazioni negli schemi sbagliati, oppure non le elabora adeguatamente, ma si limita a inserirle a caso in qualche schema, non riesce a comprendere; colui che cerca nello schema sbagliato, non riesce a ricordare.

 

Il ricorso alla teoria degli schemi permette di spiegare le principali forme di apprendimento cognitivo:

 

1. accrescimento di nuove conoscenze: ogni nuova conoscenza le informazioni in nostro possesso; in questo caso le nuove informazioni vengono inserite in schemi precedenti;

2. ristrutturazione delle precedenti conoscenze: il nuovo apprendimento modifica le vecchie conoscenze, che erano state precedentemente  inserite in uno schema;

3. sintonizzazione tra vecchie e nuove conoscenze: quando le nuove informazioni sono in contrasto con quelle precedenti, è necessario ricercare nuovi collegamenti e superare i contrasti (conflitti cognitivi).

 

Caratteristiche dell’apprendimento cognitivo

 

L’apprendimento non sempre si riduce all’influenza dell’ambiente, di fronte al quale spesso il soggetto è passivo, ma frequentemente coinvolge le funzioni psichiche superiori, ossia richiede una cognizione.

Mentre nell’apprendimento per condizionamento l’individuo subisce passivamente l’influenza dell’ambiente, nell’apprendimento cognitivo il soggetto è attivo e modifica opportunamente le condizioni ambientali per risolvere situazioni, affrontare ostacoli, arricchire le conoscenze.

 

Ogni apprendimento cognitivo costituisce una nuova esperienza, una rielaborazione attiva delle informazioni, che coinvolge le funzioni psichiche superiori, ossia agisce sulla mente del soggetto. Tra le principali forme di apprendimento cognitivo ricordiamo: l’apprendimento latente, l’apprendimento di risposte combinate e l’insight.

 

L’apprendimento latente

 

Non sempre apprendiamo sequenze di atti e comportamenti finalizzati a conseguire degli scopi: in caso di necessità ci accorgiamo di possedere delle conoscenze che non abbiamo elaborato consapevolmente e che si attivano improvvisamente quando un bisogno rimane insoddisfatto.

Molti di noi si scoprono capaci di compiere delle azioni complesse, come ad esempio sostituire un filo elettrico bruciato o stirare un abito, anche se in precedenza erano convinti di non esserne in grado soltanto perché non si era mai presentata l’occasione di metterle in pratica. Molti dei nostri apprendimenti restano latenti e vengono attivati quando emerge un nuovo bisogno.

 

L’apprendimento di risposte combinate

 

L’apprendimento di risposte combinate riguarda una sequenza di elementi prefissati o un insieme di comportamenti organizzati e coordinati, ossia finalizzati al conseguimento dello scopo. Esempi di apprendimenti di risposte combinate sono le sequenze da conoscere e memorizzare per andare in bicicletta, per ballare, per praticare uno sport o suonare uno strumento musicale. A differenza del modellamento, che dipende dall’azione di un agente esterno, l’apprendimento di risposte combinate è intenzionale e voluto dal soggetto.

 

L’ insight

 

L’intuizione (insight) consiste nella comprensione improvvisa della soluzione di un problema. Essa si verifica quando l’individuo, mettendo da parte il procedimento adottato in precedenza, si pone di fronte al problema con la mente libera da preconcetti. In questo caso è possibile che egli riesca ad «afferrare» un nuovo significato di un elemento, oppure un nuovo legame fra due elementi, in modo da cogliere d’improvviso la soluzione.

L’intuizione differisce dalla riflessione perché non costituisce un procedimento graduale, ma improvviso; non ordinato, ma al di fuori dell’ordine, del consueto; non sistematico, ma originale.

 

APPRENDIMENTO ED ETÀ EVOLUTIVA

 

I cognitivisti hanno effettuato numerose ricerche su soggetti di tutte le età per indagare sulle diverse modalità di apprendimento nelle diverse fasi dello sviluppo. Naturalmente, è difficile studiare le capacità di apprendimento e le strategie più efficaci nell’arco di vita: è difficile proporre le stesse prove a bambini, adulti ed anziani e seguirli per molti anni col metodo longitudinale.

 

Il bambino deve acquisire conoscenze sulle strategie per imparare, capirne l’importanza, aver fiducia nella propria capacità di ottenere risultati sempre migliori, scegliere ogni volta le tecniche e le strategie più adatte in funzione del materiale da apprendere.

Nell’età scolare si apprendono le strategie più efficaci per studiare e ricordare.

 

Come favorire l’apprendimento scolastico

 

Per apprendere in modo efficace non è sufficiente elaborare un metodo di studio coerente e determinato, ma occorre sapersi adattare, di volta in volta, alle difficoltà presentate dall’argomento, alle conoscenze che si possiedono, alla lunghezza e alla complessità del materiale da studiare.

 

Lo studio di argomenti semplici

 

Il metodo globale, ossia l’apprendimento unitario di tutto il materiale.

L’apprendimento del materiale semplice risulta favorito dal metodo globale, consistente nell’apprendere in successione tutti gli argomenti senza alcun intervallo di tempo fra essi. Questo procedimento richiede impegno costante, capacità di resistere alla fatica ed è coronato da successo soltanto alla fine; pertanto è consigliato soltanto ai soggetti motivati allo studio, in grado di impegnarsi e sforzarsi senza ottenere riscontri immediati.

 

L’apprendimento di argomenti complessi, ma significativi

 

Il metodo più efficace richiede il frazionamento, la semplificazione e l’elaborazione degli argomenti: si suddivide il materiale complesso in unità semplici, da apprendere in successione, lasciando trascorrere un certo intervallo di tempo fra esse. Questo procedimento riduce lo sforzo, ossia l’accumulo di fatica; inoltre l’apprendimento di parti singole procura maggiore soddisfazione perché le risposte corrette vengono apprese più facilmente, mentre le risposte sbagliate sono soggette all’estinzione; pertanto esso è sempre coronato dal

successo (rinforzo intermittente). 

Il metodo necessita però di uno sforzo ulteriore, perché richiede la rielaborazione, il riordino e la ricostruzione dell’argomento nella sua globalità; inoltre occorre collegarlo con le conoscenze già possedute.

 

L’apprendimento di argomenti difficili e privi di senso.

 

Si consiglia sempre di tentare di trasformare l’argomento “astruso” in dati significativi e dotati di senso, cercando di collegarli fra loro.

Quando l’argomento non può essere semplificato e dotato di senso, come accade quando si devono apprendere serie di sillabe senza senso o cifre in sequenze disordinate, non c’è che da ricorrere al metodo mnemonico, ma esso richiede uno sforzo notevole ed è soggetto a maggiore estinzione; pertanto risulta essere il meno efficace di tutti.

L’apprendimento scolastico rischia troppo frequentemente di ridursi ad un assorbimento meccanico di nuove informazioni (nozionismo).

 

L’effetto feed-back

 

Il successo nello studio, ossia il conseguimento di un risultato positivo,  dipende in parte dalla valutazione degli altri, in parte dalla capacità di coordinare i propri sforzi in vista degli obiettivi da raggiungere. Il livello di aspirazione e la valutazione delle proprie possibilità devono essere proporzionali alle possibilità effettive: quando lo scopo da raggiungere è superiore alle proprie capacità, si va incontro all’insuccesso sicuro; viceversa il raggiungimento di obiettivi troppo semplici riduce l’impegno. Le aspirazioni eccessive sono manifestazioni di insicurezza e inadeguata percezione di sé; le aspirazioni limitate dimostrano paura di affrontare il rischio e bisogno di dipendenza.

 

Gli obiettivi non devono essere né troppo semplici (poco stimolanti), né eccessivi: essi devono essere conseguiti con un piccolo sforzo, in modo che il soggetto sperimenti l’esperienza del successo.

Numerose ricerche hanno dimostrato che, per migliorare l’apprendimento è necessario informare il soggetto su ciò che deve fare, come deve agire per operare correttamente e sui risultati delle sue attività.

 

Quando al soggetto viene comunicato l’esito positivo di una prova (ad esempio un test, un compito scolastico), egli è incoraggiato sia a ripetere l’esperienza che ha ottenuto un effetto soddisfacente, sia a intensificare la sua attività. La consapevolezza di aver svolto correttamente un compito, ossia la conoscenza della validità del risultato ha un effetto retroattivo (feedback), che costituisce un rinforzo molto efficace. Comunicare allo studente il voto che gli è stato attribuito costituisce un elemento fondamentale per aiutarlo ad acqusire consapevolezza delle sue capacità e dei suoi limiti, per convalidare il suo metodo di studio o consentirgli di modificarlo, in base ai risultati conseguiti. L’unica efficacia del voto negativo consiste nel fatto che l’allievo ne ricava informazioni utili sul proprio livello di apprendimento.

Anche l’insuccesso può costituire, dunque, un rinforzo positivo, purché l'alunno sappia chiaramente in che cosa consiste l’errore, perché ha sbagliato e quali sono le future possibilità di riuscita.  Le ricerche compiute da psicologi appartenenti a scuole ed orientamenti diversi hanno dimostrato l’inutilità di una punizione non accompagnata da adeguata spiegazione.

Per migliorare l’apprendimento è dunque necessario informare il soggetto su ciò che deve fare e come deve agire per operare correttamente. Quando l’adulto sgrida senza spiegare il perché e senza motivare la disapprovazione il soggetto, non conoscendo l’entità dello sbaglio, non può modificare il comportamento, indirizzandolo nel senso giusto o migliorando il rendimento.

  

PER SAPERNE DI PIU'

Ancona L., Dinamica dell’apprendimento, Mondadori, Milano, 1975.

Hilgard E.R., Bower G.M., Le teorie dell’apprendimento, Angeli, Milano, 1975.

Hill W.F., L’apprendimento: interpretazioni psicologiche, La Nuova Italia, Firenze, 1972.

Kuhn D., Lo sviluppo percettivo, cognitivo e linguistico, Cortina, Milano, 1992.

Roncato S., Apprendimento e memoria, Il Mulino, Bologna, 1982.