Psicologia animale

CIGNI INNAMORATI
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PSICOLOGIA ANIMALE

 

Quando capiremo che le scelte esercitate contro gli animali sono anche scelte contro di noi? (D.MAINARDI)

 

Fin dall’antichità l’uomo ha osservato il comportamento animale, incuriosito dalle analogie con gli esseri viventi più simili a lui. Filosofi, sociologi, psicologi e biologi si sono interrogati sul rapporto natura-cultura, istinto-apprendimento; effettuando studi comparativi, a volte hanno corso il rischio di umanizzare l’animale.

 

La conoscenza del comportamento degli animali può contribuire a migliorare la conoscenza del comportamento umano, purché non si trascurino le differenze e non si accentuino le somiglianze. Affronteremo questo studio con uno spirito di pura osservazione e scopriremo le principali caratteristiche del corteggiamento e del rapporto di coppia; la relazione madre-figlio, la cura della prole, il gioco e le diverse forme di aggregazione (società) nel mondo animale.

 

 

L'ORGANIZZAZIONE FAMILIARE NEL MONDO ANIMALE

 

Il corteggiamento

 

Il corteggiamento è un complesso di comportamenti ed atteggiamenti, che si innescano su base istintiva e caratterizzano le diverse specie animali, mediante i quali l’animale tenta di sedurre un individuo dell’altro sesso a scopo di accoppiamento e riproduzione.

 

Generalmente esso consiste in un complesso rituale, che comprende sequenze complesse di movimenti ed attenzioni verso il partner, a cui si accompagna una trasformazione, spesso spettacolare, del proprio aspetto esteriore.

Tra i leoni è la femmina che corteggia il maschio: la leonessa gira attorno al leone, gli sventola la coda in faccia e se ne va ruggendo. Se il maschio la insegue, forma con lei una coppia.

 

I maschi degli uccelli tessitori costruiscono un nido maestoso e gigantesco. Per questi uccelli, la preparazione del nido è anteriore alla formazione della coppia e all’attesa della prole. Ma le esigenti femmine non si accontentano di un nido, per quanto splendido esso sia: è soprattutto l’aspetto esteriore del maschio a conquistarle e a confermare la scelta. Nella stagione degli amori i maschi sfoggiano un bel piumaggio, vistoso e coloratissimo, che presenta, però, lo svantaggio di renderli visibili ai predatori. Alla fine della riproduzione il piumaggio riacquista un colore grigiastro come quello delle femmine.

 

Tra i cervidi l’esibizione delle corna costituisce sempre vanto e motivo di orgoglio per i maschi: un cervo ha maggiori probabilità di conquistare la femmina quanto maggiori sono le dimensioni delle sue corna. Solo i maschi più dotati sfidano gli avversari di pari rango per disputarsi le femmine, le quali accettano di essere corteggiate soltanto dagli individui che occupano il più alto grado nella scala gerarchica.

Questa selezione è fondamentale ai fini della sopravvivenza della specie: soltanto i soggetti più forti possono garantire una discendenza di prima qualità.

 

Le coppie animali

 

Molti animali tendono a formare delle coppie stabili per tutta la vita. Nel regno animale sono diffusi sia la monogamia (struttura a coppie), sia la poligamia (generalmente costituita da un maschio con molte femmine; più raramente una femmina con molti maschi).

La coppia stabile si fonda su un legame duraturo che si stabilisce fra due partner che si riconoscono e si uniscono frequentemente, manifestando comportamenti improntati all’affettività e alla coesione. Altri animali si uniscono per formare una coppia labile, che dura soltanto una stagione.

 

Quasi tutti i grandi mammiferi sono poligami: i leoni, i gorilla, le giraffe, i bufali, i cervi etc. Infatti la maternità impegna a lungo le femmine, sia per la durata della gravidanza, sia per l’allattamento e per la cura della prole. In questi periodi relativamente lunghi il maschio non deve esercitare alcuna funzione, ossia non risulta indispensabile alla femmina, per cui può dedicare le sue attenzione ad altre possibili partner, corteggiarle e procreare.

Tra le specie poligame i maschi, generalmente, conducono una vita solitaria e si uniscono alle femmine soltanto nella stagione degli amori, pronti a sceglierne una nuova nella stagione successiva.

 

Sono rari i casi di mammiferi monogami. I dik-dik, una varietà di antilope, costituisce una ghiotta preda per moltissimi animali, per cui deve dedicarsi quasi costantemente alla difesa da leoni, sciacalli ed altri predatori. Ciascun animale ha bisogno non soltanto di essere molto vigile, ma anche dell’aiuto di altri animali che spiino l’avvicinarsi del nemico per dare l’allarme in tempo e consentire loro di mettersi in salvo. Per questi animali, costretti dalla necessità a convivere, la monogamia costituisce una necessità, piuttosto che una scelta di vita.

 

Anche i licaoni sono monogami, perché la collaborazione del maschio risulta indispensabile per l’allevamento dei cuccioli. Se entrambi i genitori andassero a caccia, i cuccioli, anche se sono già stati svezzati, non sarebbero in grado di seguirli. Pertanto almeno uno dei genitori ha il compito di procurarsi la preda, mentre all’altro spetta imboccare i piccoli.

 

Monogami sono quasi tutti gli uccelli. Le uova si sviluppano soltanto se vengono covate da entrambi i genitori i quali, generalmente, si alternano nella cova. Quando i piccoli nascono, nonostante gli sforzi congiunti di entrambi i genitori per procurare loro il cibo e imboccarli, essi rimangono a lungo dipendenti fino a quando non imparano a volare. Pertanto maschio e femmina continuano ad occuparsi della prole anche quando arriva la nuova stagione riproduttiva, per cui non risulta necessario andare alla ricerca di un nuovo partner.

 

Per molti uccelli, come le aquile, la fedeltà è la caratteristica fondamentale della coppia. I cigni selvatici costituiscono delle coppie inseparabili: quando uno dei due muore, l’altro diventa malinconico e rifiuta di scegliersi un nuovo partner.

Altri animali monogami sono i pesci, i granchi e tutte le specie che  devono dedicare tutta la vita a procacciare il cibo, pulire il nido e allevare i cuccioli.

Gli animali più fedeli fra tutti sono certamente gli ippocampi (cavallucci marini).

L'aggressività

 

Il filosofo Hobbes affermava: “Homo homini lupus”.
Konrad Lorenz, invece, sosteneva che nessun lupo fa all'altro lupo ciò che un uomo fa ad un altro uomo. Secondo gli etologi l’aggressività gratuita, distruttiva, è una prerogativa umana, estranea al mondo animale. Nessun animale presenta un’aggressività volta alla distruzione immotivata e neppure prova piacere nel distruggere. Solo l'uomo può provare piacere nel far del male ad un altro uomo.
(Quando parliamo di aggressività negli animali, facciamo riferimento all'aggressività intraspecifica, tra membri della stessa specie e non a quella interspecifica, tra membri di specie diverse. Possiamo definire aggressivo un leone che assalta un altro leone, non un leone che caccia una gazzella).

MAMMA ORSA COL CUCCIOLO
MAMMA ORSA COL CUCCIOLO

La nascita nel mondo animale

 

Gli animali preparano la tana o il nido molto prima del parto, mostrando impulsi specifici   e comportamenti focalizzati, inscritti nel loro patrimonio genetico e, perciò, uguali per tutti i membri della stessa specie, caratteristici e largamente prevedibili.

 

La madre, prima di tutto, deve imparare a riconoscere i cuccioli e, successivamente, a stimolarli. I primi momenti sono fondamentali.

Il cucciolo deve riconoscere immediatamente la madre, entrare con lei in un contatto fisico che va ben oltre le necessità nutrizionali e non si riduce all’allattamento: fra madre e figlio si verifica una stimolazione continua e reciproca, per cui la madre tocca ed accarezza i cuccioli dolcemente in varie parti del corpo; a sua volta anche il cucciolo stimola la madre ad effettuare le operazioni successive.

 

Questo toccarsi è fondamentale per la crescita dell’animale e si manifesta come una forte intesa fra la madre e i cuccioli, che imparano a conoscersi e a riconoscersi. Il neonato invia numerosi segnali alla madre, stimolando in lei l’istinto materno necessario alla sopravvivenza sua e della specie.

 

Nel mondo animale le madri riservano molta più attenzione ai cuccioli maschi, allattandoli con maggior energia rispetto alle femmine; ciò accade in tutte le società poligame, dove il maschio più bello e forte riesce a conquistare più femmine, vincendo il confronto con altri maschi. Solo un maschio su dieci ha la possibilità di perpetuare la specie, perciò deve  essere ben nutrito.

 

La femmina, invece, almeno nelle società poligame, essendo molto ricercata dai maschi, non deve superare una selezione troppo rigorosa: prima o poi troverà un maschio con cui accoppiarsi e diventerà madre, dando così il suo contributo alla sopravvivenza della specie.

 

L’importanza dell’imprinting

 

Le determinanti del comportamento animale devono essere rintracciate tanto nei fattori costituzionali (caratteristiche fisiologiche e biochimiche dell’organismo) quanto in quelli ambientali (esperienza).

Le risposte più funzionali allo sviluppo futuro dell’individuo vengono apprese in una fase della vita, che è detta periodo critico, durante la quale l’apprendimento avviene in maniera così rapida e con tale forza da rendere quasi impossibile la sua successiva modificazione o eliminazione, perché acquista un’impronta quasi indelebile.

 

L’imprinting esercita una profonda influenza non soltanto sul rapporto affettivo con la madre, ma anche sulla successiva vita sociale e sulla scelta del futuro partner.

Quando sarà pronto per l’accoppiamento, l’animale corteggerà o accetterà le attenzioni di un animale appartenente alla medesima specie e dotato delle medesime caratteristiche dell’animale che ha avuto cura di lui fin dalla nascita. I problemi sorgono quando un animale, affidato ancor neonato alle cure di una madre di specie diversa dalla propria, avrà come modello quella femmina e non un’altra. Gli animali “adottati” spesso non riescono ad accoppiarsi: i maschi corteggeranno femmine di un’altra specie, che non accetteranno le loro avances; le femmine attenderanno invano le attenzioni di maschi che non le degneranno di uno sguardo.

 

Tanto è capitato all’etologo KONRAD LORENZ, “madre adottiva” di alcuni anatroccoli, i quali, al momento della maturità sessuale, hanno corteggiato lui ed altri esseri umani.

Animali di specie diversa, cresciuti insieme fin dalla nascita, presentano le medesime abitudini, condividono i pasti, socializzano e sono solidali fra loro.

 

La cura della prole

Non tutti gli animali si prendono cura della prole ed adottano comportamenti difensivi nei confronti dei figli.

A seconda del comportamento che adottano dopo il parto, gli animali possono essere suddivisi in due gruppi:

 

1) animali che generano molti figli e non se ne curano, come le tartarughe, molti pesci ed insetti. Le formiche arrivano a divorare sia le uova che i neonati.

2)animali che generano pochi figli e ne hanno cura. Tra essi ricordiamo alcuni invertebrati (i polpi); rettili e anfibi (le rane); quasi tutti i mammiferi (i gorilla e i delfini); numerosi uccelli (le aquile sono genitori affettuosi e pieni di attenzione per i loro piccoli).

 

La cura della prole appare maggiormente diffusa tra gli animali più evoluti. I comportamenti tipici attraverso i quali essa si manifesta sono i seguenti:

 

1)la costruzione del nido

2)la protezione, l’igiene e la nutrizione dei piccoli;

3)l’addestramento e l’educazione;

4)i contatti sociali.

 

Nelle società animali più evolute la cura di un neonato è affidata non soltanto ai genitori, ma a tutta la comunità.

Presso gli uccelli, a volte più famiglie si concentrano in un solo nido: ciò offre il vantaggio di proteggere meglio i piccoli e di difendersi dai predatori.

 

Quando l'elefante femmina deve partorire, le altre femmine del branco rimangono di guardia, avvicendandosi per evitare che qualcuno disturbi la neo-mamma. I piccoli vengono allattati per sei mesi a turno dalle femmine del branco. Gli altri elefanti soccorrono i compagni in difficoltà e proteggono i piccoli.

Generalmente sono entrambi i genitori ad occuparsi dei piccoli. Presso alcuni pesci questo compito spetta al padre. Nella maggioranza dei casi è la femmina a curare la prole, ma al maschio spetta il compito di difendere madri e figli e di procurare loro il cibo.

  

Psicologia ed etologia: un possibile confronto

Sia nel mondo animale che in quello umano, nelle prime ore dopo il parto avviene un intenso “dialogo” tra madre e neonato, fatto di gesti, suoni e sguardi. Secondo gli etologi, il comportamento materno ha una base istintiva ed innata e non si evidenzia “ipso facto” alla nascita del figlio, ma deve essere innescato, ossia entra in funzione soltanto quando la madre risponde ai richiami del piccolo; si rafforza grazie al continuo scambio di segnali visivi, uditivi, olfattivi e soprattutto tattili fra i due.

 

La madre umana tende a proteggere di più il figlio debole, mentre, fra gli animali, le madri non dedicano alcuna attenzione ai figli gracili, i quali, soprattutto quando la cucciolata è numerosa, devono rivaleggiare con fratelli più forti per  arrivare a succhiare il latte materno e spesso non riescono a nutrirsi sufficientemente.

Gli etologi evidenziano numerosi punti di contatto tra uomo ed animale: ad esempio gli esseri umani sono attratti dai cuccioli degli animali perché richiamano lo stesso aspetto tenero dei loro bambini.

 

Anche gli animali dedicano attenzione ai cuccioli: animali generalmente aggressivi, non riconoscendo i cuccioli come propri o altrui, nel dubbio che appartengano alla propria cucciolata, tendono a frenare drasticamente la propria aggressività che, se non fosse bloccata, porterebbe al loro  sterminio.

GRUPPO DI TRICHECHI
GRUPPO DI TRICHECHI

LA SOCIALIZZAZIONE NEL MONDO ANIMALE

 

Animali socievoli e asociali

 

Generalmente si considerano socievoli gli animali che sono soliti vivere unitamente ad altri della stessa specie. I rapporti sociali comprendono:

- il corteggiamento e la riproduzione;

- la cura della prole;

- la difesa del territorio;

- l’approvvigionamento di cibo;

- la caccia;

- l’attacco e la difesa dai predatori;

- la vita in gruppo;

- il gioco etc.

 

Gli scimpanzé sono animali molto socievoli, che dedicano gran parte della giornata ai rapporti sociali.

I leoni sono i felini più sociali di tutti. Essi manifestano frequentemente comportamenti molto affettuosi, non solo tra madri e figli, ma anche tra gli adulti, che spesso si fanno delle feste e manifestano la loro affettuosità.

Quanto più si diffonde la socializzazione, tanto più si sviluppano le capacità affettive e l’altruismo. I piccoli sono incoraggiati a coltivare rapporti sociali e ad aiutarsi fra loro.

 

Tutti gli animali trascorrono una parte del loro tempo con altri animali ai fini della riproduzione. Pertanto non esistono animali che vivono del tutto isolati in quanto, almeno temporaneamente, si associano ad altri.

Consideriamo asociali gli animali che, al di fuori della funzione sessuale e riproduttiva, non sono soliti trascorrere la loro vita assieme ad altri animali della stessa specie, né per la cura della prole, né per la difesa del territorio.

 

I leopardi sono animali molto solitari. Le rare forme di affettività si manifestano nel corteggiamento e nell’accoppiamento. Subito dopo si separano.

Generalmente la vita nel branco offre all’animale numerosi vantaggi: ci si aiuta per essere aiutati (mutua assistenza). Vivere insieme ad altri è vantaggioso e può rivelarsi necessario alla sopravvivenza. Il vantaggio della vita in gruppo è notevole per i membri che occupano i posti più bassi nella gerarchia sociale: quando i predatori attaccano, generalmente sono i membri dominanti, più forti e dotati, a difendere tutti, compresi i subalterni, i quali, se rimanessero isolati, non potrebbero difendersi.

 

Varie forme di aggregazione fra gli animali

 

Gli animali tendono ad aggregarsi per le seguenti ragioni:

- procurarsi più rapidamente il cibo;

- sopravvivere.

Generalmente gli etologi tendono a raggruppare la diverse specie animali in base alla forma di aggregazione che le caratterizza:

 

1)Gruppi sociali non coordinati: la  società labile, ossia non duratura;

2)Gruppi sociali coordinati:

- società aperta, organizzazione  sociale in cui gli animali instaurano legami e relazioni fra loro e collaborano per il soddisfacimento di bisogni comuni;

- società chiusa, che deriva dall’organizzazione familiare e presenta una struttura rigida, con ruoli prestabiliti e disposti in gerarchia.

 

Le società labili: i gruppi sociali non coordinati

 

Individui di ambo i sessi, appartenenti alla medesima specie, possono riunirsi in comunità labili, ossia deboli nello spazio e nel tempo. Questi gruppi sono di tipo facoltativo: un membro del gruppo può vivere da solo. Al gruppo non risultano necessarie l’attività e la presenza di specifici individui: chiunque può rivestire il ruolo di un altro e sostituirlo.

Il gruppo presenta un carattere temporaneo: i membri possono abbandonarlo in qualsiasi momento. Anche in questi gruppi si verificano forme di comportamento sociale.

Fra gli animali che costituiscono società labili vi sono molti insetti,crostacei, numerosi vertebrati.

 

LE SOCIETA' APERTE  

 

Gruppi coordinati semplici

 

Uccelli, pesci, insetti vivono in branco e manifestano comportamenti sociali: partenza comune per la migrazione, determinazione comune del nuovo territorio, difesa comune in situazioni di pericolo.

Molti insetti si riuniscono in gruppi e tessono una struttura per catturare le prede (come la tela dei ragni). Essi formano un gruppo aperto di breve durata, i cui membri sono già in parte dipendenti fra loro. Essi sono attratti l’un l’altro e si riconoscono in base all’odore e all’emissione di sostanze chimiche.

 

La comunità è ancora facoltativa, ma le attività degli individui risultano coordinate e compatte nella costruzione di strutture comuni per la protezione (la tana o il nido), per il riposo, per la cattura della preda.

 

La società aperta è chiamata da KONRAD LORENZ “schiera anonima”: schiera perché gli animali interagiscono fra loro e presentano comportamenti sociali; anonima perché i membri non si conoscono fra loro: non esistono segni distintivi che contraddistinguono i membri di una schiera da quelli di un’altra.

In questa società i membri possono entrare ed uscire dal gruppo senza che la collettività ne risenta. Animali della stessa specie, appartenenti ad aggregazioni diverse, possono entrare a far parte della stessa schiera.

 

Nella società aperta la cura della prole è affidata a tutti i membri del gruppo e non solo ai genitori. Generalmente gli animali di queste società non sono provvisti di armi naturali per difendersi; pertanto la miglior difesa dai predatori è offerta proprio dalla vita in gruppo.

Le relazioni sono impersonali: la coppia non è stabile e, dopo la nascita della prole, ciascuno sceglierà nuovi partner.

 

Tra i membri di questa società è assente l’aggressività intraspecifica (tra membri della stessa specie) ed è presente soltanto quella interspecifica (fra specie diverse): i membri non aggrediscono altri animali della stessa specie ma solo quelli appartenenti a specie diverse. L’aggressività interspecifica si manifesta sia come difesa dai predatori, sia come predazione (attacco e lotta).

La società aperta è un’organizzazione flessibile, con una struttura scarsamente gerarchizzata, in cui i ruoli sono intercambiabili. Tra gli animali che costituiscono società aperte ricordiamo gli uccelli migratori.

 

Gruppi coordinati complessi: la società chiusa

 

La società chiusa è un’organizzazione sociale di tipo gerarchico, stabile e rigida, in cui si stabiliscono legami personali e vincoli sociali: ognuno dei membri deve svolgere il suo ruolo, che non è intercambiabile con quello di un altro.

L’entrata o l’uscita dal gruppo non sono facilmente tollerati, perché modificano la struttura gerarchica del gruppo, ossia richiedono una ristrutturazione della società e una ridistribuzione dei ruoli. Gli estranei non sono accettati, ma vengono respinti con violenza.

 

Generalmente vi è un’elevata aggressività sia interspecifica che intraspecifica.

I membri del gruppo si riconoscono fra loro grazie all’odore, a segnali visivi, acustici etc. (come le api e le formiche). La vita sociale è ben organizzata, con una rigida divisione del lavoro. Le regole vengono rispettate da tutti i membri.

Il capo del branco domina gli altri animali: a lui spetta la maggior parte del cibo ma, in compenso, spetta a lui proteggere i membri subalterni e difenderli dalle aggressioni intraspecifiche, da parte di altri membri che occupano una posizione inferiore nella gerarchia.

Il branco è costituito da un numero medio di venti membri, con un minimo di cinque e un massimo di quaranta unità.

 

La struttura gerarchica del branco è essenzialmente di due tipi:

- matrifocale, cioè basata sul ruolo centrale della figura materna;

- patrifocale, centrata sulla funzione paterna.

 

Fra le scimmie si ritrova sia l’una che l’altra struttura.

Il branco di gorilla di montagna ha una struttura patrifocale. La dominanza spetta al maschio anziano. Tutti i maschi hanno possibilità di accoppiamento libero. Il branco di scimpanzé, invece, ha una struttura di tipo matrifocale: la dominanza spetta alle femmine.

Tra le scimmie Rhesus il maggior rango sociale spetta alle femmine che hanno maggiori possibilità di procreare. Il fondamento della vita di gruppo di queste scimmie è la relazione madre-figlio.

 

La maggior parte degli uccelli che non migrano costituisce società chiuse, caratterizzate da ruoli specifici e da rapporti stabili di dominanza e sottomissione, come si verifica fra le galline. Gli uccelli rapaci cacciano in gruppo, ognuno secondo il suo ruolo: le vedette perlustrano l’ambiente, mentre i predatori cacciano. Il lavoro di gruppo è vantaggioso per tutti: la preda viene suddivisa fra tutti.

I cigni costituiscono gruppi rigidamente organizzati, in cui le famiglie più potenti esercitano l’autorità sulle altre. 

Le associazioni tribali dei Primati rappresentano uno stadio primitivo di organizzazione sociale rispetto a quello degli insetti. Le cure parentali fra i mammiferi sono abbastanza diffuse; generalmente è la madre a curare la prole.

 

Man mano che i figli crescono, i rapporti parentali tendono a trasformarsi, dando origine a un’interdipendenza caratteristica dei gruppi familiari, come è evidente fra molti uccelli e le scimmie.

I piccoli dei babbuini sono difesi da tutto il gruppo. Le femmine adulte tengono tutto sotto controllo. Chi si prende cura di un cucciolo stringe più facilmente amicizia con gli altri del gruppo. I maschi si occupano molto dei cuccioli, giocano con loro perché imparino a riconoscersi e a difendersi; chi dimostra di essere buon padre acquista la stima delle femmine. I babbuini cercano di conquistare nuove amicizie fra i membri dominanti, per migliorare la propria posizione e acquistare prestigio sociale.

 

I leoni vivono in gruppi basati su rapporti di parentela (madri e figlie, sorelle e zie). Essi cooperano per la caccia, per l’allevamento della prole e per l’allattamento comune. Le femmine si dedicano alla caccia. I maschi, tutti fratelli, si uniscono per difendere il branco. Generalmente conducono una vita pacifica. Tra i vantaggi della vita nel branco vi è la possibilità di catturare animali di grandi dimensioni. Il branco, lavorando unito, ha maggiori possibilità di isolare il nemico. I maschi attaccano solo le prede: non litigano tra loro e non lottano nel branco. Gli ultimi in gerarchia aspettano con calma il loro turno.

 

Nel gruppo di manguste solo una femmina (la “vecchia madre”) ha il compito di riprodurre.  Quando devono procacciarsi il cibo scavando nella terra, sono esposte a mille pericoli: perciò alcuni hanno l’incarico di cacciare, mentre gli altri (le sentinelle) restano di guardia e mangiano per ultime.

 

Anche i pipistrelli formano gruppi basati su rapporti di parentela ed amicizia. Ci si aiuta per essere aiutati. Le femmine dormono in gruppo mentre i maschi vigilano.

 

La forma di organizzazione sociale più evoluta si evidenzia fra alcuni insetti, aventi un legame sociale obbligatorio, in cui l’associazione garantisce la conservazione della specie. La comunità è duratura nello spazio e nel tempo. Tutte le attività necessarie alla conservazione della comunità vengono svolte collettivamente. La collaborazione raggiunge livelli ottimali di efficienza a causa della divisione del lavoro e della specializzazione dei ruoli.

Le formiche vivono in una società divisa in caste rigide. Le operaie vanno alla ricerca del cibo. Le termiti sono suddivise anch’esse in caste rigide: ogni casta ha un compito specifico, come le operaie e i soldati, che difendono il termitaio.

Il gioco negli animali

 

Gli animali adulti ricorrono al gioco come mezzo di addestramento dei cuccioli.

I leoni adulti dimostrano molta tolleranza verso i cuccioli giocherelloni e sopportano che essi saltino loro addosso e tirino loro la coda. Il gioco, per i cuccioli dei mammiferi, è un addestramento precoce che li aiuta a diventare grandi.

 

Mamma orsa, giocando, insegna al figlio come dovrà combattere quando sarà adulto. L’animale gioca soltanto quando gode di buona salute. Se soffre oppure è ammalato non gioca.

 

Le scimmie smettono di giocare quando vengono private del loro cibo preferito.

I piccoli oranghi sono sempre “figli unici” e, poiché non hanno fratelli, non hanno la possibilità di giocare con i coetanei. Non possono nemmeno giocare con gli adulti, i quali non formano dei gruppi, ma si disperdono su ampi territori per meglio sfruttare le risorse ambientali. Proprio come succede ad alcuni bambini che sono figli unici o a quelli che non hanno modo di socializzare nell’infanzia, gli oranghini crescono timidi e introversi.

 

I cuccioli solitari, se vengono messi a contatto con altri oranghi (ad esempio negli zoo), diventano progressivamente più socievoli, imparano a giocare e si divertono come tutti gli altri.

(Le notizie sono tratte da Giocare, giocare, giocare come loro, Specchio, 1, 27/1/96, pp. 55 - 64).

 

Gli animali tendono ad aggregarsi per procurarsi il cibo e per sopravvivere. I gruppi sociali non coordinati (società labili) presentano un carattere temporaneo. I gruppi sociali coordinati sono sia società semplici (aperte), in cui i membri entrano ed escono dal gruppo senza che la collettività ne soffra, sia società complesse (chiuse), caratterizzate da ruoli stabili e fissi e in  cui i membri non possono entrare o uscire facilmente dal gruppo.

 

Il gioco è un mezzo per addestrare i cuccioli. Essi apprendono per imitazione la soluzione di situazioni problematiche.

Sono considerati socievoli gli animali che vivono unitamente ad altri della stessa specie. Sono asociali gli animali che trascorrono la vita da soli e, tranne i momenti dell’accoppiamento e della riproduzione, non si curano né dei figli né degli animali del loro gruppo.

 

Il linguaggio e la comunicazione negli animali

 

Gli animali ricorrono al loro linguaggio fin dai primi giorni di vita, riuscendo a comunicare in modo efficace, benché approssimato; comunicano fra loro sia vocalmente, utilizzando suoni stereotipati, sia ricorrendo a “richiami” odorosi, oppure esibendo colori molto vivaci. 

Il linguaggio delle api, studiato da VON FRISCH, è un esempio di comunicazione animale: le api che trovano del nettare eseguono una complessa serie di movimenti simili ad una danza, per comunicare informazioni rilevanti alle sue compagne: l’agitarsi violento dell’addome indica la la ricchezza della sorgente; la velocità del volo aumenta quanto maggiore è la vicinanza del nettare rispetto all’alveare.

Le lucciole utilizzano la luce per attrarre il partner. Alcuni pesci comunicano mediante l’elettricità che producono.

Durante il periodo di accoppiamento dai nidi di formiche si levano colonne di “fumo”, composte da maschi e femmine alati che si levano per il volo nuziale. Questi fili di fumo, che partono dai rispettivi nidi, si incrociano in nuvolette sospese in aria. Alla fine i maschi, spossati, crollano a terra e muoiono.

Molti animali possiedono diverse modalità comunicative: ad esempio i lupi manifestano le loro sensazioni ed emozioni con l’espressione facciale; forniscono indicazioni sul loro territorio emettendo urina al confine; comunicano la loro posizione nel gruppo mediante segnali olfattivi. Inoltre ricorrono ad un’ampia gamma di suoni e rumori: gemono, guaiscono, abbaiano e ringhiano; infine ululano per comunicare a lunga distanza.

Gli scimpanzé che vogliono conquistarsi la leadership nel gruppo mostrano la loro temibilità battendo energicamente sulle radici degli alberi con forza, come se fossero tamburi.

PER SAPERNE DI PIU’ LEGGI ANCHE:

ANGELA P. (a cura di) – Viaggio nel mondo degli animali, Editoriale L’Espresso, Roma 1998.

EIBL-EIBESFELDT I. – Amore e odio, Adelphi, Milano 1996.

MAINARDI D. – L’etologia caso per caso, Editoriale Giorgio Mondadori, Milano 1998.

 

Imitazione e innovazione fra gli animali

L’imitazione è l’attività educativa e formativa principale degli animali. Generalmente gli adulti educano i cuccioli in modo diverso rispetto a quanto accade nel mondo umano, ossia non effettuano interventi direttivi, ma offrono esempi validi da imitare.

 

I piccoli, osservando gli adulti, dapprima per gioco e successivamente per i rinforzi che ricevono, cercano di imitarne il comportamento e di ripeterlo.

Quando un animale, per un tentativo ben riuscito oppure per insight, risolve in modo nuovo e più efficace un vecchio problema, l’innovazione si diffonde subito nel gruppo: gli altri animali lo imitano e ne riproducono il comportamento, rispettando sempre i diversi livelli di gerarchie sociali: il primo passo spetta a coloro che hanno la dominanza nel gruppo e, via via, ai membri gregari.

 

L’imitazione risulta quindi fondamentale in situazioni problematiche, purché almeno  uno del branco riesca a trovare una soluzione efficace. Essa offre indubbi vantaggi sociali, perché ne usufruiscono tutti i membri del gruppo.

Le scimmie presentano una notevole adattabilità: quando effettuano una scoperta, anche se casuale, che risulta funzionale all’adattamento ambientale, esse la inseriscono nel loro comportamento regolare, al punto che anche le future generazioni possano avvantaggiarsene.

 

Alcuni scienziati giapponesi hanno riferito la seguente esperienza: alcuni macachi, che vivevano su un territorio montuoso del nord del Giappone, occasionalmente scoprirono alcune sorgenti termali: non appena assaporarono il piacere di tuffarsi in acqua calda, esso diventò un comportamento caratteristico del loro gruppo (abitudine).

 

Altri scienziati giapponesi hanno osservato a lungo un gruppo di macachi, i quali vivevano nell’isola di Koshima. Inizialmente una scimmietta raccolse una patata dolce, ricoperta di terra e sabbia, e la lavò in acqua di mare. Mostrò di trovare più gradevole il sapore di una patata lavata e salata e venne subito imitata dagli altri: l’abitudine di lavare le patate dolci in acqua di mare si diffuse fra tutti i macachi.

 

Gli scienziati fecero un’ulteriore sorprendente osservazione: lanciarono delle manciate di riso a una scimmietta, la quale lo immerse nell’acqua così com’era, mescolato alla terra. Scoprì subito che la terra scendeva sul fondo mentre il riso restava a galla. Successivamente tutto il gruppo imparò ad immergere il riso in acqua per lavarlo.

Il canto degli uccelli è un linguaggio vero e proprio per esprimere il desiderio di libertà o di compagnia, il lamento di solitudine oppure per affermare il diritto di proprietà in un determinato spazio vitale. Chi invece non desidera niente sta accoccolato accanto al compagno e tace. E. HALSMANN