Disturbi psichici

Alcune delle persone che, per una ragione o per l’altra, trovano difficile lottare con i problemi dell’esistenza, trovano rifugio nella malattia (MICHAEL BALINT).

Fin dal momento del concepimento l’essere vivente si presenta come una struttura unitaria e integrata, in cui si intrecciano sia le potenzialità organiche che quelle psichiche. Numerose ricerche dimostrano che l’ embrione e il feto avvertono numerose sensazioni; per tutta la durata della gravidanza la donna trasmette, anche se in modo inconsapevole, il suo stato di benessere, la sua ansia, le sue paure e le sue gioie all’essere che porta in grembo, il quale avverte sensazioni più o meno piacevoli e riceve sicurezza a seconda del portamento e dei movimenti della madre, delle sue condizioni psichiche e del rapporto che è in grado di instaurare, fin dai primi tempi, con lui. Fin dai primi momenti di vita, l’essere umano cresce come una persona, che presenta sia caratteristiche fisiche che psichiche. Le une e le altre si influenzano reciprocamente in modo continuo, al punto che è difficile individuare nettamente le influenze dell’una e dell’altra componente o distinguerle nettamente.
Il benessere dell’individuo è determinato in ugual misura dal buon funzionamento dell’organismo e da un adeguato livello di equilibrio psicologico e sociale.

Condizioni di malessere si verificano quando le funzioni dell’organismo si alterano determinando malattie fisiche oppure quando si destruttura la personalità (disturbi psichici). Più frequentemente si evidenzia invece uno squilibrio globale della persona che coinvolge contemporaneamente sia la dimensione fisica che quella psichica. Ne derivano disturbi che, apparentemente, interessano soltanto le funzioni corporee ma, in realtà, coinvolgono tutta la personalità. Si tratta delle malattie psicosomatiche, le quali si distinguono da quelle fisiche per il decorso prolungato e per la loro resistenza alle tradizionali terapie farmacologiche.

DISTURBI PSICOLOGICI - CASI CLINICI - LE PSICOTERAPIE

 

DEPRESSIONE POST- PARTUM

Durante la gravidanza la futrura mamma è oggetto di particolari attenzioni da parte del suo compagno, delle loro famiglie di origine (eccitatissime al pensiero dell'arrivo di un nipotino) e, in genere, riceve festeggiamenti e auguri da tutti. E' coccolata e vezzeggiata e, nonostante le naturali preoccupazioni per le possibili difficoltà sia riguardanti il parto, sia l'educazione del bambino, si sente sufficientemente sostenuta e gratificata dagli altri. L'oggetto della sua preoccupazione non è ancora visibile e può sperare fino all'ultimo che tutto proceda secondo i suoi desideri.

E' fondamentale che i due coniugi, preparandosi ad asssumere i rispettivi ruoli di genitori, continuino a mantenere vivi e vitali i rapporti coniugali, lasciando crescere in sé la tenerezza e l'affettività, le attenzioni reciproche che nulla toglieranno al nascituro; anzi mantengono la madre in una condizione ottimale, in cui il feto avverte siurezza e stabilità.

 

Dopo la nascita del piccolo, in una percentuale sempre più alta di donne scattano dei meccanismi decisamente preoccupanti.

A volte è la preoccupazione per il proprio aspetto fisico (il timore di non riconquistare subito la linea); la paura di non sapersi prendere cura del piccolo (timore di farlo cadere, di non saperlo allattare, terrore di sentirlo piangere); preoccupazioni relative alle relazioni intime con il partner; l'angoscia, nascosta fino all'ultimo, di non saper essere "una madre buona"; le tante, forse eccessive aspettative familiari e sociali nei suoi confronti; il cambiamento immediato di ruolo conseguente alla nascita del bebè (dovuto al passaggio repentino dal ruolo di donna e di moglie a quello di madre.

 

Non di rado la neomamma non ha ancora superato le difficoltà dell'esser figlia e non si sente adeguata ad esser madre). Tutto ciò può determinare una sintomatologia complessa, che può sfociare nella "depressione post-partum".

 

Alcuni sintomi possono essere il pianto incontrollato; l'indifferenza verso il bimbo o l'alternarsi di stati di eccessiva attenzione a momenti di chiusura in sé; cambiamenti frequenti dell'umore; disturbi del sonno.

Nei casi più gravi è necessario che la donna si affidi ad uno specialista (psicoterapeuta, ma anche neuropsichiatra).

 

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L'OBESITA' NELL'ADOLESCENZA

 

Lo sviluppo dell’obesità nell’età adolescenziale è condizionata da fattori emotivi e sociali. Se l’adolescente manca di autostima può diventare obeso.

Una ricerca sviluppata su un gruppo di 4.400 adolescenti (dai 12 ai 18 anni) di New York ha evidenziato una stretta relazione tra il sentimento di impopolarità ed il conseguente rischio di sviluppare l’obesità.

In una prima fase alle ragazze si è chiesto di esprimere il giudizio relativo al proprio apprezzamento sociale con un valore che procedeva da 1 a 10. Le ragazze venivano pesate; inoltre venivano rilevati altri dati, tra cui il reddito familiare e l’indice di massa corporea.

A distanza di due anni si è proceduto ad una nuova misurazione del peso. È emerso che le adolescenti che non hanno una buona autostima (che hanno attribuito a se stesse un voto compreso tra 0 e 4) presentano il 69% di possibilità in più di acquisire peso rispetto alle altre coetanee che hanno maggior consenso sociale.

A questo punto famiglia, scuola e società devono contribuire a sviluppare le abilità personali e sociali delle adolescenti per rafforzare l'autostima e come misura preventiva dell’obesità giovanile.

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