Psicologia generale, psicologia sociale, psicologia animale, psichiatria

IRVIN D. YALOM - Il senso della vita, BEAT, 2022

KONRAD LORENZ - Il cosiddetto male

PAUL WATZLAWICH - Istruzioni per rendersi infelici 

ERICH FROMM - La disobbedienza e altri saggi 1981 

MASSIMO RECALCATI - Le mani della madre, Feltrinelli 2015 

ASHA PHILLIPS - I no che aiutano a crescere, Feltrinelli 1999

Il senso della vita - Irvin D. Yalom, BEAT, 2022

 

Yalom scrive: «Siamo creature in ricerca perenne di significati…in un universo che, intrinsecamente, è privo di significato». Per dare un senso alla vita dobbiamo inventarci un progetto che dia significato alla vita.

Nel capitolo introduttivo, “Mamma e il senso della vita”,  Yalom parla del rapporto di ostilità   nei confronti di sua madre, che definisce “vanesia, dispotica, invadente, sospettosa, malevola, molto presuntuosa, ignorante se pur intelligente”, con cui non ricorda di aver mai condiviso  un momento affettuoso, mentre rivive positivamente il rapporto con il padre e con la zia Hannah. Eppure, la notte, sogna che la madre si trova in mezzo alla folla e lo guarda mentre sale sul vagoncino del luna park e lui la saluta, chiedendole:  Mamma, come sono andato?”.  E' a lei che si rivolge per un giudizio sul significato del lavoro della sua vita.

Immagina che la madre, ora defunta, gli dica di essere orgogliosa dei suoi libri, che non avrebbe potuto leggere, perché era cieca, ma che la rendevano estremamente orgogliosa di lui, tanto da vantarsene con altre persone. Nel sogno parla con la madre, alla quale non ha mai detto quanto gli piacessero i suoi cibi, che non ha mai ringraziato per aver portato avanti tutta la famiglia anche negli ultimi anni, ormai cieca. Ora, dopo cinquant’anni, finalmente riesce a parlarle, la ringrazia e le chiede un giudizio sul significato del lavoro della sua vita, sul senso della vita. Proprio il sogno gli rivela che lui ha dedicato la sua vita a un obiettivo ben diverso: conquistare l’approvazione della sua defunta madre.

Gli altri capitoli sono dedicati a vari casi clinici, ai suoi pazienti, con cui è lui ad apprendere, aprendo la mente non per dare ma per ricevere, per imparare sempre di più dai suoi pazienti, per ascoltarli imparando ad affrontare i temi del lutto, del dolore e della perdita, ma anche quelli del coraggio, della guarigione e dell’autoconsapevolezza.

KONRAD LORENZ - Il cosiddetto male

 

Il cosiddetto male è l'aggressività, la violenza dell'uomo sull'uomo, che non ha uguali nel comportamento degli altri animali.

Mentre tutte le specie animali utilizzano l'aggressività per mangiare, difendere il territorio, per difendere la propria femmina e i propri cuccioli, l'uomo è l'unico essere umano che fa del male all'altro uomo non solo per difendersi, ma per il gusto di fargli del male. Esempi possono essere tratti fin dall'antichità nella storia di ogni popolo. Ai suoi tempi il nazismo compì feroci eccidi.

La conclusione di Lorenz, discussa e criticata da altri scienziati, è che l'aggressività è insita nell'uomo fin dalla nascita e che l'educazione può solo indurre in lui la formazione di freni inibitori che, in alcuni casi, ma non sempre, freneranno la sua tendenza alla violenza.

Studiando il comportamento di diverse specie animali, Konrad ci parla dell'imprinting, un fenomeno che si forma a partire dai primi momenti di vita da parte del cucciolo nei confronti del primo essere vivente che trova accanto a sé, affezionandosi ad esso e formando si sull'impronta di questo essere.

Lorenz ha anche seguito i rituali di corteggiamento e le battaglie condotte per la conquista di  una femmina del gruppo. A questo proposito racconta che i cervi maschi, con le loro grandi impalcature di corna, marciano a due a due appaiati per farsi scegliere dalla femmina. La loro marcia è sincrona ma, se per caso uno di loro, per errore, si gira verso l'altro, potrebbe ucciderlo sulla pancia incornandolo. Si ferma sugli zoccoli, conscio del pericolo corso; torna al suo posto nella marcia e riprende il duello "come gli antichi cavalieri medioevali". 

PAUL WATZLAWICH - Istruzioni per rendersi infelici

 

Il concetto di felicità non è in sé definibile. C'è chi soffre guardandosi indietro per l'irrimediabile perdita della felicità infantile. C'è chi è infelice per la rottura della relazione sentimentale. 

"Un uomo vuole appendere un quadro. Ha il chiodo, ma non il martello e pensa di chiederlo ai vicini, ma ha un dubbio; e  se il mio vicino non me lo vuole prestare? Già ieri mi ha salutato appena. Forse aveva fretta.Se qualcuno mi chiedesse un utensile, io glielo darei subito. E perché lui no?  E per giunta si immagina che io abbia bisogno di lui, solo perché possiede un martello. Adesso basta! E così si precipita di là, suona, il vicino apre, e prima ancora che questo abbia il tempo di dire "Buon giorno", gli grida: "Si tenga pure il suo martello.

A volte, con una comunicazione paradossale, creiamo le condizioni dell'infelicità: diciamo all'altro "Sii spontaneo", "Sentiti libero"", inviandogli una doppia comunicazione: "sii" , (cioè fa' come dico) e "spontaneo" o "libero" (lasciati andare, non importi nulla), oppure la madre che pretende dal figlio non solo che egli faccia i  compiti, ma che li faccia volentieri..

E che dire dell'amore? Siamo amati? Allora c'è in noi qualcosa che non va.

Erich Fromm LA DISOBBEDIENZA E ALTRI SAGGI 1981 


Secondo Fromm la storia umana ha avuto inizio con atti di disobbedienza, come dimostrano il mito di Prometeo, che rubò il fuoco agli dei per donarlo agli uomini e la storia di Adamo ed Eva, che disobbedirono a Dio per il loro desiderio di conoscenza.

"L’uomo ha continuato a evolversi mediante atti di disobbedienza. Non soltanto il suo sviluppo spirituale è stato reso possibile dal fatto che nostri simili hanno osato dire «no» ai poteri in atto in nome della propria coscienza o della propria fede, ma anche il suo sviluppo intellettuale è dipeso dalla capacità di disobbedire: disobbedire alle autorità che tentassero di reprimere nuove idee e all’autorità di credenze sussistenti da lungo tempo, e secondo le quali ogni cambiamento era privo di senso. Se la capacità di disobbedire ha segnato l’inizio della storia umana,… può darsi benissimo che l’obbedienza ne provochi la fine” 

L’essere umano capace solo di obbedire e non di disobbedire, è uno schiavo; chi sa soltanto disobbedire e non obbedire è un ribelle. Libertà e disobbedienza sono inseparabili, non si può proclamare la libertà e insieme bandire la disobbedienza.

 

Perché l'uomo obbedisce ciecamente? Perché obbedendo riesce a far parte del potere e ciò lo fa sentire forte. Obbedisce per non commettere errori, per non essere ripreso, per sentirsi sicuro di sé finché qualcuno decide per lui.

La disobbedienza richiede il coraggio di essere solo, di osare e di sbagliare. Riesce a disobbedire soltanto colui che si è sottratto all'autorità di uno o entrambi i genitori (o di chi ne rappresenta l'autorità), colui che è in grado di pensare e di sentire autonomamente.
E' solo grazie ad atti di disobbedienza contro l'autorità della famiglia, della Chiesa e dello Stato che è nata la scienza moderna. Basti pensare all'errore millenario radicato nella mente degli uomini, che sostenevano il geocentrismo e rifiutavano anche solo di prendere in considerazione l'opposta teoria dell'eliocentrismo, in cui crediamo ancor oggi.
 Disobbedienti combatterono duramente, pagando con l'esilio, la tortura e anche con la morte per dimostrare la falsità di quelle certezze, suffragate da una malintesa lettura della Bibbia.

Anche gli orrori del nazismo si spiegano soprattutto come atti di obbedienza acritica dei giovani tedeschi della Germania hitleriana, indottrinati ad obbedire ad un unico uomo e a compattarsi contro un unico nemico. gli ebrei. Davanti al tribunale di Gerusalemme Heichmann si proclamò innocente e sostenne di non avere colpa, perché aveva soltanto obbedito.

 

I principi fondamentali dell'umanesimo come concezione globale dell'uomo sono l'unicità della nostra specie (tutto ciò che è umano è in ciascuno di noi), l'importanza della dignità umana, la capacità di autoperfezionamento ed autosviluppo dell'uomo, la ragione, l'obiettività e la pace.

La pace non può essere solo assenza di guerra (che è la sua definizione negativa), ma deve essere in positivo collaborazione fra gli uomini. I sistemi sociali ed economici infatti, per Fromm, sono insiemi di rapporti umani e le strategie della pace impongono la lotta contro gli idoli, il riconoscimento di interessi reciproci, la mobilitazione collettiva. La libertà è libertà da paura, bisogno, oppressione, violenza ma anche libertà di partecipare e sviluppare il proprio potenziale umano. 

MASSIMO RECALCATI - Le mani della madre, Feltrinelli 2015

 

L'amore della madre non è istinto, ma capacità di crescita col figlio, disponibilità ad accettare la propria ambivalenza nei confronti dell'Altro che deve diventare persona e crescere anche attraverso la separazione.

Il sentimento della vita viene trasmesso attraverso il desiderio materno che, attraverso le cure, si caratterizza, si trasforma in un interesse privilegiato, si dona a quell'essere insostituibile che è il figlio, ma poi sa aspettare, farsi da parte, continuare a interessarsi senza sovrapporsi, senza soffocare e annullare le potenzialità del figlio. .

L'attesa, la nascita, la crescita danno un senso alla venuta al mondo del figlio, al suo "essere nel mondo".

Fondamentale è la capacità della madre di farsi da parte per aiutare il bambino a riconoscersi come persona "altra", con le proprie esigenze e le proprie caratteristiche. la mamma deve saper gestire l'assenza così come la presenza.

Recalcati considera anche le versioni patologiche della maternità: la madre-coccodrillo che vede la propria realizzazione nella fusione col bambino e nel senso assolutistico dell'appartenenza reciproca e la madre narcisistica, che pensa a sé come donna e non come madre, che coltiva il culto del suo corpo, disturbata dai bisogni del bambino.

Alcune donne vivono la propria gravidanza con angoscia: Recalcati esamina casi di sterilità psicogena, di depressione post-partum e di rifiuto del proprio figlio che sfocia, non di rado, nell'infanticidio. 

Asha Phillips. I no che aiutano a crescere, Feltrinelli 1999


All'inizio la capacità di un neonato di cavarsela da solo è molto limitata. Nei primi tempi bisogna fornire risposte immediate e soddisfacenti ai bisogni naturali del bambino, per aiutarlo a costituire una fiducia di base e sentirsi accettato ed amato.

Ciò che è appropriato per un'età può non esserlo per un'altra. I neonati e i bambini  piccoli si muovono e apprendono a un ritmo molto veloce; ci dobbiamo adattare ai loro bisogni che cambiano. 

Man mano che il bambino cresce, non bisogna fornire subito le risposte e soddisfare immediatamente i bisogni, Il no di una madre deve poter consentire al bambino di farsi un'idea di quello che riesce o non riesce a fare da solo e di comprendere ciò che per la mamma è faticoso o disagevole.

Il bambino, messo in condizione di provare a fare qualcosa da solo, pian piano apprende e ne ricava soddisfazione.

Bisogna evitare che il bambino, continuamente soddisfatto, sviluppi un senso di onnipotenza. Per diventare più forti bisogna riconoscere di non poter fare tutto immediatamente. Il bambino deve rendersi conto che i genitori e gli adulti hanno una vita propria. L'idea di poter soddisfare ogni bisogno del bambino e di potergli risparmiare ogni sofferenza può produrre un individuo infelice e mal adattato.

La riluttanza dell'adulto ad opporsi al bambino, a dirgli di sì anche quando ciò comporta fatica, ne farà un piccolo despota. Dire sempre sì al bambino, non opporsi anche quando si è stanchi, finisce per caratterizzare negativamente tutto il rapporto madre-bambino, e il tempo passato insieme è spesso infelice: la madre si sente tiranneggiata e impotente, mentre il bambino diventa irritabile e pieno di pretese. 

Questo libro fornisce alcune indicazioni ed esempi che faciliteranno l'adulto a fronteggiare le richieste dei bambini, proponendosi  con equilibrio per fare in modo che possano sviluppare progressivamente le proprie risorse. L'adulto deve favorire la crescita del bambino, non sostituirsi a lui.