ALEXANDRE DUMAS (figlio) - La signora dalle camelie

 

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ALHONSE MUCHA - La dama dalle camelie
ALHONSE MUCHA - La dama dalle camelie

Alessandro DUMAS (Figlio) - La signora delle camelie          

 

PERSONAGGI

 

NANNINA
BARONE DI VARVILLE
MICIA
MARGHERITA GAUTIER
OLIMPIA DUVERNOY
SAINT-GAUDENS
PRUDENZIA, modista
DOMESTICO

ARTURO

GASTONE RIEUX
SIGNOR ARMANDO DUVAL

CONTE DI GIRAY
COMMESSO
GUSTAVO, marito di Micia

ATTO PRIMO


       SCENA I

 

VARVILLE - Hanno suonato. E’ Margherita, di sicuro.

NANNINA - Non tornerà prima delle dieci (Entra Micia) Oh! Signorina Micia.

MICIA - Non c’è Margherita?

NANNINA - No, Signorina. Vi occorre qualcosa da lei? Tra poco tornerà. 

MICIA - Non ho tempo: Gustavo mi aspetta. Margherita sta bene?

NANNINA - Sempre lo stesso.

MICIA - Tornerò presto. Addio, Nannina. Buona sera. Signore (Esce

VARVILLE - Chi è?

NANNINA - La signorina Micia.

VARVILLE - Micia? È un nome di gatta, non di donna.
NANNINA - La chiamano così, per tutti quei ricci che la fanno sembrare una gattina. Era compagna di Margherita, quando lavoravano nella Casa di mode.

VARVILLE - Margherita lavorava in una Casa di mode?

NANNINA - Era cucitrice. Non lo sapevate? Non è mica un segreto!

VARVILLE - Ma…. Gustavo, Quello che aspetta di sotto, chi è?

NANNINA - Non è ancora marito, ma lo sarà.

VARVILLE - E’ il suo amante. E’ molto per bene, ma ha un amante.

NANNINA - Ma lui non ama che lei, e lei non ama che lui, e si sposeranno, credete a me. La signorina Micia è una gran brava figliola.

VARVILLE - Del resto, non m’interessa. Gli affari miei, qui, non avanzano neanche di un passo. E' un’idea stramba quella di Margherita, di sacrificare tutti a quel Mauriac, che non dev’essere molto divertente.

NANNINA - Poverino! Non ha altra consolazione. E’ suo padre, o quasi.

VARVILLE - Ho sentito una storiella molto patetica, ma non ci credo.

NANNINA - Signor Varville, l’ho visto coi miei occhi. Due anni fa la Signora, dopo unga malattia, è andata alle terme per ristabilirsi. Io l’accompagnavo. Nello stabilimento c’era una signorina della sua età, che aveva lo stesso male; si somigliavano come due gemelle. Era la figlia del Duca di Mauriac.

VARVILLE - Il Duca, disperato, ritrovando nei lineamenti, nell’età, nella malattia di Margherita, l’immagine di sua figlia, la supplicò di riceverlo in casa e permettergli di amarla come un padre. Allora Margherita gli confessò la propria condizione. Il Duca le promise tutto quello che voleva se consentiva a cambiar vita. Margherita promise, ma non mantenne la parola. Il Duca dovette ridurle la rendita. Conclusione: lei ha tanti debiti.

NANNINA - E voi vorreste pagarli. Ma c’è qualcuno che preferisce dover del danaro ad altri che della riconoscenza a voi.

VARVILLE - Tanto più che c’è il Conte di Giray.

NANNINA - Arriva la Signora… Debbo ripeterle tutto quello che avete detto?

VARVILLE - Guardatevene bene!


 SCENA II

 

MARGHERITA - Arrivano Olimpia e Saint-Gaudens. (a Varville) Ci siete!

VARVILLE - Non è il mio destino aspettarvi?

MARGHERITA - Non è il mio destino vedervi intorno a me?

VARVILLE - Fino a che non metterete la consegna alla porta, verrò.

MARGHERITA - Infatti non mi riesce di entrare in casa una volta senza trovarvi qui. Che avete di nuovo da dirmi?

VARVILLE - Lo sapete. Vi amo.

MARGHERITA - Siete monotono, caro Varville. Se dovessi star a sentire tutti quelli che mi amano, perderei il mio tempo. Vi permetto di venire qui, di aspettarmi: ma se dovete parlarmi d'amore, darò ordine di non ricevervi.

VARVILLE - Ma l’anno scorso, a Bagnères, mi avete dato qualche speranza.

MARGHERITA - A Bagnères ero ammalata, m’annoiavo. Qui non mi annoio.

VARVILLE - Si capisce: quando si è amati dal Duca di Mauriac…. e si ama il Conte di Giray….

MARGHERITA - Sono padrona d’amare chi voglio; questo non riguarda nessuno: se non avete altro da dirmi, andatevene. 

VARVILLE - Margherita, ho ottantamila franchi di rendita….

MARGHERITA - E io cento. (a Nannina) Hai visto Prudenzia? Verrà stasera?

NANNINA - Sì, quando torna a casa. E’ venuta anche la signorina Micia. E’ venuto il dottore, che vi raccomanda riposo. Hanno portato questi fiori.

VARVILLE - Da parte mia.

MARGHERITA - Rose e lillà. (A Varville) Lo sapete come mi chiamo?

VARVILLE - Margherita Gautier.

MARGHERITA - Ma come mi chiamano?

VARVILLE - La Signora della Camelie perché è il solo fiore che portate.

MARGHERITA - Non mi piacciono che le camelie, è inutile mandarmi altri fiori. Non farò un’eccezione per voi. I profumi mi rovinano.

SCENA III

  

NANNINA - Signora: la signorina Olimpia e il signor Saint-Gaudens.

SAINT-GAUDENS - Margherita, come state?

MARGHERITA - Benissimo.

SAINT-GAUDENS - Bene! Ci divertiremo.

OLIMPIA - Dove siete voi, ci si diverte sempre.

SAINT-GAUDENS - Ho ordinato delle ostriche e uno champagne straordinario!

MARGHERITA - Non è pronto ancora?

NANNINA - Cinque minuti, Signora. Dove servo la cena? In sala da pranzo?

MARGHERITA - No; stiamo meglio qui. (A voce alta) Prudenzia!…

PRUDENZIA - (dall’interno) Eccomi!

MARGHERITA - E allora, perché non venite?

PRUDENZIA - Non posso. Ho qui due signori; debbo andare a cena con loro.

MARGHERITA - Conduceteli; ceneranno qui. Chi sono?

PRUDENZIA - Uno lo conoscete. Gastone Rieux. L'altro è un suo amico.

MARGHERITA - Benissimo: fate presto… Fa freddo, questa sera. (Tosse) Varville, un po’ di legno sul fuoco, qui si gela; visto che non sapete essere divertente, siate almeno utile (Varville ubbidisce)


 SCENA IV

  

DOMESTICO - Il signor di Rieux, il signor Duval, la signora Duvernoy.

GASTONE - Come sta, Signora, la vostra preziosa salute?

MARGHERITA - Bene; e la vostra, Signore?

PRUDENZIA - Basta, con le chiacchiere. Margherita, permettetemi di presentarvi Armando Duval….. l’uomo più innamorato di voi in tutta Parigi.

MARGHERITA - Mettiamo due posti di più; l’amore non gli impedirà di cenare.

SAINT-GAUDENS - Caro Gastone! Come sono contento di vedervi!

GASTONE - Eternamente giovane il nostro Saint-Gaudens.

SAINT-GAUDENS - Naturale, Gastone. (ad Armando) Siete parente del ricevitore generale Duval?

ARMANDO - E’ mio padre.

SAINT-GAUDENS - Ho conosciuto lui e vostra madre, molto bella e gentile.

ARMANDO - E’ morta tre anni fa.

SAINT-GAUDENS - Oh, perdonatemi d’aver ricordato questo dolore.

ARMANDO - Mi è sempre dolce ricordare mia madre. Gli affetti grandi hanno questo di bello: che dopo la gioia d’averli provati, rimane la gioia di ricordarli.

MARGHERITA - (piano) E’ simpatico il vostro amico.

GASTONE - Lo credo! E' innamorato pazzo di voi; non è vero Prudenzia?

PRUDENZIA - E’ verissimo: non potete averne un’idea.

GASTONE - Via ama fino al punto di non avere il coraggio di dirvelo.

PRUDENZIA - (sottovoce) E questo amore dura da due anni.  Armando passa le sue giornate a casa di Gustavo e di Micia per sentir parlare di voi.

GASTONE - Quando vi siete ammalata, l’altro anno, vi dissero di un giovine che ogni giorno veniva a chieder notizie di voi, senza dire il suo nome?

MARGHERITA - Me ne ricordo. Ma è molto carino. Signor Duval!

ARMANDO - Signora?….

MARGHERITA - Sapete che cosa mi stavano dicendo?… Mi dicevano che, quando sono stata malata, siete venuto tutti i giorni a chieder mie notizie.

ARMANDO - E’ vero, Signora.

MARGHERITA - Bisogna almeno che vi dica “grazie”….

PRUDENZIA - A tavola!…  Muoio di fame.

MARGHERITA - Ragazzi: servitevi, mangiate, bevete, e litigate appena quel tanto che serve per far subito la pace.

GASTONE - Margherita, versa da bere ad Armando, che è tanto malinconico.

MARGHERITA - Su, signor Armando, bevete, bevete alla mia salute.

TUTTI - Alla salute di Margherita!

MARGHERITA - Balliamo!  Gastone, sonate qualcosa. (balla con Armando, fa qualche passo di polka e s’interrompe tutt’a un tratto)

SANTI-GAUDENS - Che cosa avete?

MARGHERITA - Niente: mi è mancato il respiro.

ARMANDO - Signora, vi sentite poco bene?

MARGHERITA - Non è niente: continuiamo. (riprova, ma s’interrompe)

ARMANDO - Ma basta, Gastone!

PRUDENZIA - Margherita sta male.

MARGHERITA - (soffoca) Datemi un po’ d’acqua.

PRUDENZIA - Ma che cosa avete?

MARGHERITA - Il solito. Passate un momento di là: vi raggiungo subito.

PRUDENZIA - Andiamo: quando la prende questo male preferisce restar sola.

MARGHERITA - Andate; ora vengo.

PRUDENZIA - Venite! (tra sé) Non si può mai divertirsi in pace.

MARGHERITA - Ah!… (si guarda allo specchio) Come sono pallida!… Ah!… 

 

SCENA V

 

ARMANDO - Signora, come state?

MARGHERITA - Voi Signor Duval! Grazie, sto meglio e poi, ci sono abituata.

ARMANDO - Vorrei essere vostro amico, per impedirvi di farvi tanto male.

MARGHERITA - Non ci riuscirete… su, venite avanti… ma che cosa avete?

ARMANDO - Quello che vedo…

MARGHERITA - Siete molto buono, gli altri non si occupano di me…

ARMANDO - Gli altri non vi amano come vi amo io.

MARGHERITA - Oh, è vero; non mi ricordavo più del vostro grande amore.

ARMANDO - Questo amore vale una promessa da parte vostra: di curarvi.

MARGHERITA - Curarmi? Se mi curassi, morirei. L’unica cosa che mi sostiene è la vita febbrile che faccio. E poi, curarsi, sta bene per le signore che hanno una famiglia e degli amici. Noi, quando non possiamo più servire al piacere o alla vanità di qualcuno, ci abbandonano. Lo so. Sono stata a letto due mesi; dopo le prime tre settimane, nessuno più veniva a trovarmi.

ARMANDO - Se volete, Margherita, vi curerò come un fratello, non vi lascerò mai sola, vi farò guarire. Quando sarete in forze, riprenderete questa vita, se ne avrete voglia; ma certo preferite un'esistenza più calma.

MARGHERITA - Il vino vi dà in malinconie, caro amico.

ARMANDO - Oh, Margherita, davvero non avete un po’ di cuore?

MARGHERITA - Mi fareste da infermiere? Stareste sempre vicino a me? E da dove nasce questa devozione?

ARMANDO - Da una simpatia irresistibile che sento per voi da due anni. Un giorno vi ho vista passare, bella e sorridente. Da quel giorno ho seguito da lontano e in silenzio la vostra vita.

MARGHERITA - E come mai me lo dite soltanto oggi?

ARMANDO - Non vi conoscevo, Margherita.

MARGHERITA - Dovevate cercare di conoscermi… perché, quando sono stata malata e venivate a chiedere mie notizie, perché non siete mai salito?

ARMANDO - Con qual diritto sarei salito?

MARGHERITA - C’era da aver soggezione di una donna come me?

ARMANDO - Avevo paura dell’influsso che potevate prendere sulla mia vita.

MARGHERITA - Per concludere, siete innamorato di me?

ARMANDO - (vedendola ridere) Se è destino che ve lo dica, non oggi.

MARGHERITA - Da una confessione di questo genere non possono derivare che due cose. O che io non ci creda, e ve ne avrete a male. O che ci creda, e allora vi sarete procurata una triste compagnia. Una donna che spende centomila franchi l’anno va bene per un vecchio milionario come il Duca, ma è molto noiosa per un giovane come voi…. Via, datemi la vostra mano, e andiamo di là anche noi. Chissà che congetture fanno sulla nostra assenza.

ARMANDO - Io vorrei rimanere qua: a vedervi allegra a quel modo, soffro.

MARGHERITA - Se tutto quello che m’avete detto è vero, prendete la prima posta è fuggite. Oppure, vogliatemi bene soltanto come un amico….  Venite a trovarmi: rideremo, staremo a chiacchierare. Voi siete buono, avete bisogno di essere amato. Cercate di amare un’altra donna. Oppure, prendente moglie… vedete che vi parlo a cuore aperto.

PRUDENZIA - (Entra) Che diavolo state facendo?

MARGHERITA - Lasciateci in pace un momento. Veniamo subito.

PRUDENZIA - Bene, bene; fate pure, ragazzi.


SCENA VI 

 

ARMANDO - Dunque voi non siete mai stata innamorata di nessuno?

MARGHERITA - No, se Dio vuole.

ARMANDO - Grazie di questo che mi dite. Nulla poteva farmi più piacere.

MARGHERITA - Che uomo strano!

ARMANDO - Margherita, ho passato notti intere sotto le vostre finestre,  conservo da sei mesi un bottone caduto da  un vostro guanto?

MARGHERITA - Non vi crederei.

ARMANDO - Sono un pazzo, ridete di me, non c’è altro da fare… Addio.

MARGHERITA - Armando! Non voglio vedervi partire in collera. In tutto ciò che mi dite, c’è un po’ di vero?

ARMANDO - E me lo domandate?

MARGHERITA - Ebbene: datemi una stretta di mano; venite a trovarmi qualche volta, presentatemi voi il conto, visto che vi  debbo qualche cosa.

ARMANDO - Non voglio vedervi ridere di cose serie. Rispondetemi. Volete essere amata? Essere amata d’un amore profondo, eterno?

MARGHERITA - Eterno? E, se vi credo subito, che cosa direte di me? Direte quel che ne dicono tutti. Che importa? Poiché debbo vivere meno degli altri, bisogna che viva più in fretta. Ma, per eterno che sia il vostro amore, e per breve che debba essere la mia vita, vivrò sempre più del vostro amore.

ARMANDO - Margherita!…

MARGHERITA - Siete commosso, la vostra voce è sincera. Questo merita un premio… tenete questo fiore. Me lo riporterete quando sarà appassito.

ARMANDO - E quanto tempo ci metterà ad appassire?

MARGHERITA - Mio Dio; come tutti i fiori: una serata, o una mattinata.

ARMANDO - Oh, Margherita! Come sono felice!

MARGHERITA - E allora ditemi di nuovo che mi amate e andatevene.

ARMANDO - Sì, vi amo! Vado, Margherita.

MARGHERITA - Perché? E perché no? Tra l’una e l’altra di queste due domande scorre e si consuma la mia vita.

 

ATTO SECONDO


 SCENA I

 

MARGHERITA - Buona sera, Prudenzia. Avete visto il Duca? Vi ha dato ...

PRUDENZIA - Sì (consegnando dei biglietti di banca) Ecco… Potreste prestarmi tre o quattrocento franchi?

MARGHERITA - Prendete… Avete detto al Duca che ho intenzione di andare in campagna? Che cosa ha risposto?

PRUDENZIA - Che fate bene, che certo vi gioverà… Armando è venuto, ieri? E questa sera torna?

MARGHERITA - C’è bisogno di domandarlo? Torna a momenti.

PRUDENZIA - Lo so. E’ stato da me tre o quattro ore.
MARGHERITA - Vi ha parlato di me? Che cosa vi ha detto?

PRUDENZIA - Di che cosa volete che mi parli? Che vi ama, perbacco!

MARGHERITA - E’ un pezzo che lo conoscete? L’avete mai visto innamorato di qualcuna?

PRUDENZIA - Mai. Lo giuro sul mio onore.

MARGHERITA - Se sapeste quanto è buono! Come parla di sua madre e di sua sorella!

PRUDENZIA - Che disgrazia che le persone così non abbiano centomila franchi di rendita!

MARGHERITA - Anzi, che fortuna! Almeno sono sicuri che li amiamo proprio per loro. (prende una mano a Prudenzia e se la mette sul petto) Sentite! Non sentite battere il cuore? Sono le dieci, e sta per venire.

PRUDENZIA - A questo punto?!… Scappo… 

MARGHERITA - (a Nannina) Va' ad aprire, Nannina.

NANNINA - Non hanno mica sonato.

MARGHERITA - Ti dico di sì.

ARMANDO (Entra) - Margherita!

PRUDENZIA - Vi lascio, ragazzi: ho un appuntamento… Addio.


 SCENA II

  

MARGHERITA - Venite qui, signor Armando. Mi amate ancora come ieri?

ARMANDO - No! Vi amo mille volte di più

MARGHERITA - Che cosa avete fatto, oggi?

ARMANDO - Sono stato dappertutto dove potevano parlarmi di Margherita.

MARGHERITA - E questa sera?

ARMANDO - Mia padre m’aspettava a Tours. Gli ho detto di non aspettarmi.

MARGHERITA - Ma non dovete disgustare vostro padre, Armando.

ARMANDO - Non c’è pericolo. E voi, che cosa avete fatto? Raccontate.

MARGHERITA - Ho fatto un bel piano. Quando il mio piano sarà pronto, allora potrò dirtelo. Ti dico soltanto che riguarda te, che amo troppo..

ARMANDO - Riguarda me? Sentiamo: di che cosa si tratta?

MARGHERITA - Saresti contento di passare l’estate in campagna con me?Ebbene, tra quindici giorni andremo insieme a passare l’estate in campagna

ARMANDO - E, questo sistema, l’avete trovato da sola? Margherita, avete letto il romanzo di Manon Lescaut?

MARGHERITA - Si: c’è il libro, di là.

ARMANDO - Anche Manon ha trovato un sistema: farsi dare denaro dal Marchese e spenderlo con Des-Grieux. Margherita, voi siete più buona di Manon, io sno più onesto di Des-Grieux. Non accetto tutto ciò.

MARGHERITA - Ragioniamo: tu mi ami, e vorresti passare un po’ di tempo con me. E anch’io ti amo e lo desidero. Tu non sei geloso del Duca, sai com’è puro il suo sentimento a mio riguardo. Dunque, siamo d’accordo?

ARMANDO - Volevo dire… non ancora.

MARGHERITA - Allora, vieni a trovarmi domani e ne riparleremo.

ARMANDO - Domani? Mi mandi già via? Aspetti qualcuno! Tu mi inganni?

MARGHERITA - Ti conosco da quattro giorni. Nulla mi obbligava a riceverti. 

Se non ti amassi avrei il diritto di metterti alla porta, come faccio con Varville e con tanti altri? Allora, amico mio, lasciati amare e non lamentarti.

ARMANDO - Perdonami, te ne prego, perdonami. Ecco: me ne vado.

MARGHERITA - Torna domani a mezzogiorno; faremo colazione insieme.

ARMANDO - Allora, a domani. Ma mi giuri… che non aspetti nessuno?

MARGHERITA - Eccolo! Ti giuro che ti amo e che amo te solo nel mondo!

ARMANDO - Addio!

MARGHERITA - Chi avrebbe detto che quest’uomo doveva impadronirsi a questo modo del mio cuore e del mio pensiero! Perché rinunciare a una gioia? Perché non lasciarsi andare ai capricci del cuore? Lasciamo che il caso faccia di me quel che gli pare. Mi  sento felice come non sono mai stata.

 

SCENA III

 

NANNINA - Il Conte di Giray.

MARGHERITA - Buonasera, Conte.

CONTE - Buonasera, cara amica. Come state?

MARGHERITA - A meraviglia. Dobbiamo discorrere, caro Conte.

CONTE - Dite un po’: c’era qualcuno, qui da voi, poco prima che venissi io?

MARGHERITA - No, nessuno.

CONTE - Proprio quando stavo per scendere di carrozza, un tale mi è corso incontro, per vedere chi ero; appena mi ha visto, se ne è andato.

MARGHERITA - (tra sé) Che sia Armando? (A Nannina, piano) Vai giù in strada. Senza farti scorgere, vedi se c’è il signor Duval, e torna a dirmelo.

NANNINA - Si, signora. (Torna. Piano) No, signora, non c’è nessuno.

MARGHERITA - E ora, Conte, parliamo di cose serie.

CONTE - Di cose serie? Preferirei parlare di cose allegre.

MARGHERITA - Sta a voi prenderle allegramente. Vorrei quindicimila franchi.

CONTE - Non è una somma da niente! Quindicimila franchi? Sono necessari?

MARGHERITA - Assolutamente.

CONTE - E va bene; eccovi un effetto.

NANNINA - Signora, hanno portato questa lettera urgente.

MARGHERITA - Chi mi scrive? Armando! “Non intendo recitare una parte ridicola, nemmeno davanti alla donna che amo. Mentre uscivo, veniva da voi il Conte di Giray. La mia sola colpa  è di non essere milionario. Dimentichiamo entrambi che ci siamo conosciuti, e che abbiamo creduto di amarci. Quando riceverete questa lettera, sarò già partito da Parigi. Armando Duval”.

 

 SCENA IV

 

MARGHERITA - Un sogno svanito! Peccato!

CONTE - Che diavolo c’era in quella lettera?

MARGHERITA - C’era una buona notizia per voi. Quella lettera vi fa guadagnare quindicimila franchi. Non ho più bisogno di ciò che vi chiedevo.

CONTE - I vostri creditori vi mandano il conto saldato?

MARGHERITA - No. Ero innamorata di un uomo che non mi amava, come avviene spesso; d’un uomo senza quattrini, come avviene sempre.

CONTE - Lo so: con questi amori credete di redimervi da quegli altri.

MARGHERITA - (suona) Invitatemi a cena: voglio prendere aria.

(A Nannina) Dammi uno scialle e un cappello.

NANNINA - La Signora vuole che l’aspetti alzata?

MARGHERITA - No, vai a letto; forse tornerò molto tardi… Andiamo Conte?

 

 SCENA V


NANNINA - E’ accaduto qualche cosa: la Signora è agitatissima. Dev’essere colpa di quella lettera. Eccola. Toh, la signora Duvernoy.

PRUDENZIA - Margherita è fuori?

NANNINA - E’  andata a cena.

PRUDENZIA - Non ha ricevuto una lettera poco fa?

NANNINA - Sì, del signor Armando.

PRUDENZIA - A che ora tornerà?

NANNINA - Tardi, certamente. Credevo che foste a letto da un pezzo.

PRUDENZIA - Dormivo; mi ha svegliata una scampanellata...(bussano)

NANNINA - Avanti!

DOMESTICO - La Signora vuole una pelliccia. E' giù in carrozza.

PRUDENZIA - Pregatela di salire; dite che debbo parlarle di premura.

MARGHERITA - Che cosa  c’è, Prudenzia?

PRUDENZIA - C’è Armando, là da me. Vuole parlarvi.

MARGHERITA - Ma che cosa vuole?

PRUDENZIA - Che ne so io? Se non lo sa neanche lui!

MARGHERITA - Quel ragazzo mi farà morire. Non vi ha detto altro?

PRUDENZIA - Vado a chiamarlo. E il Conte? Sarebbe meglio mandarlo via.

MARGHERITA - Nannina, dì al Conte che sto poco bene, e che mi scusi.

NANNINA - Si, Signora.

PRUDENZIA - Armando! Venite! 

NANNINA - Il Conte se n’è andato, Signora.

 

  


 SCENA VI

 

ARMANDO - Margherita!… Finalmente! Voglio che mi perdoniate!

MARGHERITA - Non lo meritate! Ammetto che siate geloso e che mi scriviate una lettera irritata, ma non una lettera ironica e impertinente. M’avete dato un gran dolore, e mi avete fatto tanto, tanto male.

ARMANDO - E voi, Margherita, non ne avete fatto a me? Quando ho visto venire il Conte ed ho capito che era per lui che mi avete mandato via, son diventato come matto, ho perduto la testa. Ma mi sono chiesto che sarebbe stato di me, se non vi avessi riveduta. Intorno a me s’è fatto il vuoto. Non dimenticate che se vi conosco da pochi giorni, vi amo da due anni.

MARGHERITA - Avevate presa una risoluzione molto savia: quella di partire. Non me lo avete scritto? E' necessario, non solamente per voi, ma per me. Le mie condizioni mi obbligano a non vedervi più, tutto mi proibisce d’amarvi.

ARMANDO - Mi amate un poco, Margherita?

MARGHERITA - Vi amavo, ma ci ho pensato; quel che speravo è impossibile.

ARMANDO - Se mi aveste amato, non avreste fatto venire il Conte stasera.

MARGHERITA - Ecco perché e meglio che non spingiamo più innanzi le cose.

ARMANDO - Oh, non mi parlavate così poco fa, quando mi facevate sognare di passare qualche mese con voi, lontani da Parigi, lontani dal mondo. E nel vedere dileguarsi questo sogno che mi son sentito così crudelmente ferito.

MARGHERITA - (malinconica) E’ vero. Avevo pensato: “un po’ di riposo mi farà bene. A lui sta a cuore la mia salute. Se ci fosse il modo di passare in calma l’estate con lui, in campagna, saremmo felici". Tu non hai voluto. Il tuo cuore è un gran signore, non accetta niente! Non parliamone più.

ARMANDO - Margherita, sei pazza! Tu sei tutta la mia speranza, tutto il mio pensiero, tutta la mia vita. Ti amo, ti amo: che cosa posso dirti di più?

MARGHERITA - Allora è meglio rinunciare fin d’ora a vederci più, perché ci sono dei momenti in cui questo sogno, che avevo cominciato, lo porto avanti, fino alla fine. Ci sono dei giorni in cui sono stanca della vita che faccio. Abbiamo qualche amica, come Prudenzia: amicizia per interesse. A loro poco importa quel che facciamo, purchè possano adagiarsi nelle nostre carrozze. Tutto intorno a noi è rovina, vergogna, falsità. Perciò sognavo,

senza parlarne con nessuno, d’incontrare un uomo abbastanza elevato  per non chiedermi ragione di niente. Avevo trovato il Duca, ma la vecchiaia non consola: la mia anima ha ben altre esigenze. E ho incontrato te, giovane, ardente, felice; le lacrime che ti ho visto versare per me, l’interesse per la  mia salute, le visite misteriose durante la malattia, la tua freschezza, il tuo entusiasmo, tutto mi spingeva a vedere in te colui ch’io chiamavo dal fondo della mia rumorosa solitudine. In un minuto, come una pazza, ho costruito tutto un avvenire sul tuo amore; ho fatto sogni di campagna, di purezza; mi son ricordata  della mia infanzia, sognavo l’impossibile. Ti ho detto tutto…

ARMANDO - E tu credi che dopo le tue parole io ti lascerò? Quando la felicità ci viene incontro, noi la fuggiremo? No, Margherita, il tuo sogno si compirà. Non stiamo a ragionare. Ci amiamo: camminiamo dietro il nostro amore.

MARGHERITA - Non ingannarmi, Armando; pensa che una commozione troppo forte può uccidermi. Ricordati chi sono, che cosa sono.

ARMANDO - Sei un angelo, e ti amo!

NANNINA - Signora…

MARGHERITA - Che c’e?

NANNINA - Hanno portato una lettera del signor Conte.

MARGHERITA - (attaccandosi al collo di Armando) Dì che non c’è risposta.


ATTO TERZO


SCENA I

 

ARMANDO - Prudenzia, da quindici giorni non vedo né la carrozza, né i cavalli, il cachemire  e i diamanti. Che fine hanno fatto?

PRUDENZIA - I cavalli e il cachemire venduti; i diamanti impegnati.

ARMANDO - E perché vendere e mettere in pegno?

PRUDENZIA - Per pagare. Non basta amarsi: accanto alla vita poetica c’è la vita reale. Ho cercato il Duca, ma non vuol darle niente se non vi lascia.

ARMANDO - Cara  Margherita!…

PRUDENZIA - Troppo cara: chi sa come andrà a finire questa faccenda?

ARMANDO - Quanto occorre?

PRUDENZIA - Almeno trentamila franchi.

ARMANDO - Chiedete ai creditori quindici giorni di respiro. Pagherò tutto. Ho scritto al mio notaio che volevo far donazione della mia parte di eredità. 

L’atto è pronto; oggi vado a Parigi a firmare. Consegnatele le carte del procuratore: non deve saper niente di quello che abbiamo detto. State zitta!


SCENA II

MARGHERITA - (Entrando, fa segno a Prudenzia di tacere)

ARMANDO - Cara, mi tocca lasciarti per un paio d’ore. Da un mese non ho più scritto a mio padre. Salto in una carrozza, arrivo a casa, e torno subito.

MARGHERITA - Vai, caro. Torna presto. Staremo a chiacchierare e lavorare.

ARMANDO - A tra un'ora. (Esce)

MARGHERITA - (Margherita lo accompagna, poi tornando) Le carte?

PRUDENZIA - Eccole. Verrà il procuratore a intendersi con voi. (Esce)

MARGHERITA - Andate. Nannina vi darà quello che volete. (entrano Micia e Gustavo) Hai visto, Micia? Questa è la nostra vita: da tre mesi.

MICIA - Sei felice.

MARGHERITA - Tanto!

MICIA - Te l’avevo detto tante volte che la vera felicità è nel riposo e nella calma dell’animo! Lo dicevamo sempre parlando di te con Gustavo: Quando riuscirà a innamorarsi di qualcuno, e a fare una vita più tranquilla?

MARGHERITA - Ebbene: il vostro augurio s’è avverato. Sono innamorata, e sono felice. E’ il vostro amore e la vostra felicità che m’hanno invogliata.

GUSTAVO - Felici lo siamo davvero; non è vero, Micia?

MICIA - Lo credo; e non costa caro. Tu sei una gran signora, non vieni mai a trovarci; se no, vorresti vivere proprio come noi; a te pare una vita semplice questa; che cosa diresti se vedessi le mie due camerette al quinto piano?

GUSTAVO - Sembriamo un romanzo tedesco; oppure un idillio di Goethe.

MICIA - Sì; tu mi pigli in giro, perché c’è Margherita. Quando siamo soli non parli mica così: sei dolce come un agnellino e tenero come una tortora… 

MARGHERITA - Siete tanto carini, tutti e due… Mangeremo presto i confetti?

GUSTAVO - Se mi risolverò a prendere moglie.

MICIA - Come, se vi risolverete? Spero di sì e sarò io quella. Non ne troverete mai più una così buona, che vi voglia tanto bene.

MARGHERITA - Allora, a quando?

MICIA - A presto.

MARGHERITA - Come sei fortunata!…

MICIA - Ma anche tu finirai per fare come noi.

MARGHERITA - E chi vuoi che sposi?

MICIA - Armando.

MARGHERITA - Armando? Ha il diritto di amarmi, non di sposarmi. Sono disposta a prendergli il suo cuore, ma non il suo nome. Ci sono cose che una donna non cancella mai dalla propria vita, cose che essa non deve mai dare al marito il diritto di rimproverarle. Armando mi sposerebbe domani; ma gli voglio troppo bene per chiedergli un tale sacrificio! Non ho ragione?

GUSTAVO - Siete una brava ragazza, Margherita.

MARGHERITA - No, una persona onesta. Sono felice, d’una felicità che no avrei mai osato sperare: ne ringrazio Dio e non voglio forzare la Provvidenza.

MICIA - Tutto sommato, purchè tu sia felice, il resto importa poco.

MARGHERITA - Sì, sono felice. Ma chi avrebbe potuto immaginare che un giorno io sarei vissuta tutta nell’amore di un uomo: che avrei passate giornate intere seduta al suo fianco, a lavorare, leggere, starlo a sentire?

MICIA - Come noi!…

MARGHERITA - Con voi due posso parlare a cuore aperto: così mi crederete, perché è il vostro cuore che mi ascolta. In certi momenti dimentico quello che sono stata, e il mio “io” d’un tempo si separa talmente da mio “io” d’oggi, che ne risultano due donne distinte, e la seconda riesce a stento a ricordarsi della prima. In altri tempi ho fatto spendere in fiori, in una sera, somme che sarebbero bastate a mantenere per un anno una famiglia modesta: oggi un fiore come questo, che Armando mi ha dato questa mattina, basta a riempire del suo profumo tutta lamia giornata. E voi sapete che cosa vuol dire amare. Sono molto felice. Ma voglio esserlo anche di più.

MICIA - Che cosa?

MARGHERITA - Poco fa dicevate che la mia vita è diversa dalla vostra. Tra poco non potrete più dirlo. Senza farmene accorgere da Armando, sto vendendo tutta la mobilia del mio appartamento di Parigi. Pagherò i debiti, prenderò in affitto un alloggio vicino al vostro, lo mobilierò semplicemente, e vivremo dimenticando e facendoci dimenticare. L’estate torneremo in campagna, in una casa modesta. (Entra Nannina)

NANNINA - Un signore che chiede di parlare alla Signora.

MARGHERITA - Sarà il procuratore che aspettavo. Andate. Poi partiremo per Parigi, questo affare lo concluderemo insieme. (a Nannina) Fallo passare.


SCENA III


DUVAL - La Signorina Margherita Gautier?

MARGHERITA - Sono io, Signore. A chi ho l’onore di parlare?

DUVAL - A Giorgio Duval.

MARGHERITA - Duval!….

DUVAL - Sì, Signorina: il padre di Armando.

MARGHERITA - Armando non c’è , Signore.

DUVAL - Lo so, Signorina, è con voi che desidero avere una spiegazione. Abbiate la bontà di ascoltarmi… mio figlio si compromette e si rovina per voi.

MARGHERITA - V’ingannate, Signore, Grazie a Dio, nessuno ha più nulla da dire sul conto mio, e io non accetto niente da Armando.

DUVAL - Poiché il vostro lusso e le vostre spese sono una cosa nota, vuol dire che mio figlio dissipa con voi il denaro  che voi accettate da altri.

MARGHERITA - Perdonate: sono una donna e sono in casa mia: due ragioni che dovevano ottenermi la vostra cortesia; il tono con cui mi parlate non è da uomo di mondo. Permettetemi di ritirarmi; più che per voi che per me.

DUVAL - Davvero a intendere queste parole, a veder queste maniere, si stenta a credere che siano parole e maniere prese a prestito.

MARGHERITA - Sì, Signore: pericolosa, ma per me sola, non per gli altri.

DUVAL - Pericolosa o no, non è men vero che Armando si rovina per voi.

MARGHERITA - Signore, con tutto il rispetto, ripeto che v’ingannate.

DUVAL - Ditemi, allora, che cosa significa questa lettera, in cui il mio notaio mi avverte che Armando vuol fare donazione di un suo avere.

MARGHERITA - Se Armando ha fatto questo, lo ha fatto a mia insaputa. Sapeva bene che avrei rifiutato.

DUVAL - Eppure, non avete sempre parlato a questo modo.

MARGHERITA - E’ vero, Signore; ma allora non amavo. Ora, amo con tutto quello che una donna può ritrovare di puro in fondo al proprio cuore, quando Dio si muove a  pietà di lei e le concede la grazia di pentirsi.

DUVAL - Ecco le grandi frasi!….

MARGHERITA - Lo so, mio Dio; non si  crede molto ai giuramenti delle donne come me. Ma, per quello che ho di più caro al mondo, per il mio amore per Armando, vi giuro che non sapevo nulla di questa donazione.

DUVAL - Eppure, Signorina, bisogna pure che viviate in qualche modo.

MARGHERITA - Mi costringete a dirvi quello che avrei voluto tacere, ma tengo troppo alla stima del padre di Armando. Da quando conosco vostro figlio, ho impegnato e venduto stoffe, gioielli, carrozze: e quando mi hanno annunciato una visita, ho creduto che fosse un procuratore incaricato di vendere monili, quadri, tappezzerie, resti del lusso che mi rimproverate. Se dubitate delle mie parole, guardate: sapete che non vi aspettavo, e non potete credere che questo atto di vendita fosse preparato per voi. Leggete.

DUVAL - Vendita di mobili e arredi, con l’incarico al compratore di pagare i creditori, e di rimettervi il di più della somma ricavata. Mi sono ingannato?

MARGHERITA - Signore, ho un triste passato, ma per cancellarlo, dal giorno che amo, darei fino all’ultima goccia del mio sangue. Qualunque cosa vi abbiano detto di me, ho un po’ di cuore, un animo buono: lo capirete se mi conoscerete meglio. Armando mi ha trasformata! Mi ha amata, mi ama. Voi siete suo padre; siete buono come lui. Vi scongiuro: non ditegli male di me. 

DUVAL - Perdonatemi, Signora: poco fa mi sono presentato a voi molto male. Non  potevo immaginare le qualità che scopro in voi. Offeso dal silenzio di mio figlio, dalla sua ingratitudine, ho accusato voi. Perdonatemi.

MARGHERITA - Grazie, Signore, di queste buone parole.

DUVAL - E, in nome di questi nobili sentimenti, sto per chiedervi di dare a Armando la più grande prova d’amore che possiate immaginare.

MARGHERITA - Dio! Lo so; tanto più terribile quanto più l’avevo preveduta. Lo sapevo  che sareste venuto. Ero troppo felice.

DUVAL - In me non c’è più collera. Possiamo conversare come due cuori onesti, che nutrono in forme diverse, lo stesso affetto, e ansiosi tutti e due di dimostrare questo affetto alla persona che ci è tanto cara.

MARGHERITA - Sì, Signore; sì, sì.

DUVAL - La vostra anima è capace di generosità, inaccessibile a molte donne. Per questo, vi parlo come un padre, Margherita, come un padre che viene a chiedervi la felicità dei sui due figli.

MARGHERITA - Dei suoi due figli?

DUVAL - Sì, Margherita. Ho una figlia, giovane, bella, pura, come un angelo. Bianca ama un giovine, che è la speranza della sua vita. Ha diritto a questo amore. Voglio che lo sposi. La mia cara figlia sposa un uomo per bene, entra in una famiglia onorata, la quale pretende che nulla di inonorato sia nella mia. Per quanto siate purificata agli occhi di Armando e ai miei, dal vostro nuovo sentimento, non lo siete agli occhi di un mondo che in voi non vedrà 

altro che il vostro passato, e vi chiuderà spietatamente le porte. La famiglia dell’uomo che deve diventare mio genero ha dichiarato che interromperà ogni trattativa, se Armando resta con voi. Voi potete spezzare l’avvenire di una fanciulla che non vi ha fatto niente di male. Margherita, fate felice mia figlia.

MARGHERITA - Siete molto buono, Signore, degnandovi di parlarmi così. Che cosa potrei rifiutare a parole come le vostre? Avete ragione. Partirò da Parigi. M’allontanerò da Armando per un po’. Sarà doloroso, ma voglio farlo. E la gioia del ritorno farà dimenticare la pena della separazione. Gli permetterete di scrivermi qualche volta? Quando sua sorella sarà maritata…

DUVAL - Grazie, Margherita, grazie; ma non è questo che vi chiedevo.

MARGHERITA - Non è questo? E che cosa potete chiedermi di più?

DUVAL - Ascoltatemi bene, figliola mia: quel che dobbiamo fare, facciamolo fino all’ultimo. Un’assenza temporanea non basta.

MARGHERITA - Volete che abbandoni Armando del tutto?

DUVAL - E’ necessario!

MARGHERITA - E’ impossibile!… voi non sapete quanto ci amiamo. Non ho amici, parenti o famiglia: lui, perdonandomi, mi ha giurato di essere tutto questo per me: ho racchiuso tutta la mia vita nella sua. Ho una malattia che mi lascia pochi anni da vivere? Lasciare Armando è come morire.

DUVAL - Calmatevi, non esagerate. Siete giovane, bella, prendete per malattia la stanchezza di una vita troppo agitata. Non morirete prima di quell’età in cui si è contenti di morire. Vi chiedo un sacrificio enorme, ma è fatale che lo accettiate. Voi conoscete Armando da tre mesi, e lo amate; ma vi pare che un amore così giovane abbia il diritto di spezzare tutto un avvenire? Ed è l’avvenire di mio figlio quello che voi spezzate rimanendo con lui! Siete sicura dell’eternità di questo amore? Non vi è mai accaduto d’ingannarvi? E se tutt’a un tratto vi doveste accorgere che non amate più Armando? Perdonatemi, ma il passato mi dà il diritto di fare queste ipotesi.

MARGHERITA - No, non ho mai amato, non amerò mai come ora amo.

DUVAL - Se non v’ingannate voi, può darsi che s’inganni lui. Alla sua età il cuore non può prendere un impegno definitivo. Il cuore muta continuamente i propri affetti. Può darsi che v’inganniate, o l’uno o l’altra. Mi ascoltate?

MARGHERITA - Dio, se vi ascolto!

DUVAL - Voi siete disposta a sacrificare tutto a mio figlio. Ma se egli accettasse il vostro sacrificio, quale altro uguale potrebbe offrirvi in cambio? Prenderà i vostri anni più belli: più tardi, venuta la sazietà, cosa accadrà? O Armando agirà da uomo volgare, e vi abbandonerà, gettandovi in faccia il vostro passato, dicendo che fa come fanno tutti. O si comporterà da onest’uomo, e vi sposerà, o vi terrà con sé. Questa unione, o questo matrimonio, questa cosa, perdonabile forse al giovane, nessuno la perdonerebbe all’uomo maturo. Quale ambizione gli sarà permessa? Quale carriera gli sarà aperta? Quale consolazione avrò io da mio figlio, dopo aver dedicato vent’anni della mio vita alla sua felicità? La vostra unione è la passione, nata dal capriccio di due fantasie. Che ne rimarrà, quando sarete invecchiati?   Chi vi dice che con le prime rughe non cadrà il velo dai suoi occhi, e che la sua illusione non svanirà  con la vostra giovinezza?

MARGHERITA - Dio, la vita!…

DUVAL - A voi e a mio figlio sono state segnate due strade del tutto opposte: il caso le ha riunite per un momento, ma la ragione le separa nettamente, per sempre. Nella vita che vi siete scelta, voi non potete prevedere quello che accadrà. Siete stata felice tre mesi; non contaminate questa felicità, che non può essere durevole. Conservatene il ricordo entro il vostro cuore. Quel ricordo servirà a darvi forza: un giorno sarete orgogliosa di quello che avete fatto, per tutta la vita ne conserverete la stima per voi stessa. Un padre vi supplica: dimostratemi che amate veramente mio figlio.

MARGHERITA - Dunque, qualunque cosa essa faccia, la creatura caduta non si rialzerà mai più. Dio forse le perdonerà, ma il mondo sarà inflessibile. Avete ragione, Signore. Tutto quello che voi mi dite ora, me lo sono detto cento volte. Ma, poiché io sola lo dicevo a me stessa, non riuscivo ad ascoltarmi fino all’ultimo. Voi me lo ripetete: dunque è vero. Bisogna ubbidire. Voi parlate a nome di vostro figlio, di vostra figlia: ebbene, Signore, voi direte un giorno a quella fanciulla bella e pura, perché a lei voglio sacrificare la mia felicità; le direte che esisteva una donna cui non era rimasto per vivere altro che una speranza, un pensiero, un sogno nel mondo: e che ha rinunciato a tutto e ne è morta: perché ne morrò, e forse allora Dio mi perdonerà.

DUVAL - Povera donna!….

MARGHERITA - Voi forse piangete in cuor vostro; queste lacrime mi daranno tutta la forza che occorre. Voi chiedete ch’io mi separi da vostro figlio  per il suo onore, per il suo avvenire… Che debbo fare? Sono pronta.

DUVAL - Ditegli che non lo amate più.

MARGHERITA - Non mi crederà.

DUVAL - Dovrete partire.

MARGHERITA - Credete voi che io ami Armando di un amore disinteressato?

DUVAL - Sì, Margherita.

MARGHERITA - Ebbene, Signore, datemi un bacio come lo dareste a vostra figlia: questo bacio, il solo veramente puro che io avrò ricevuto, mi farà trionfare del mio amore; entro una settimana Armando darà tornato a voi, forse infelice. ma guarito; non saprà mai quanto è avvenuto tra voi e me.

DUVAL - (la abbraccia) Siete una nobile creatura, Margherita! 

MARGHERITA - (suona; entra Nannina) Prega la signora Prudenzia di venire.

NANNINA - Sì, Signora.

MARGHERITA - Un’ ultima grazia…

DUVAL - Dite, dite.

MARGHERITA - Tra qualche ora Armando proverà una dei  più grandi dolori della sua vita passata e avvenire. Avrà dunque bisogno di un cuore che lo sorregga. Siate accanto a lui in quel momento. E ora separiamoci. Potrebbe sopraggiungere, e, se vi vedesse qui con me, tutto sarebbe perduto.

DUVAL - Che posso fare per voi, in cambio di quello che voi fate per me?…

MARGHERITA - Potrete, quando sarò morta, confessargli che lo amavo e che ne ho data una prova grande… Arriva gente; non ci vedremo mai più.

 

 SCENA IV

 

MARGHERITA - (Fra sé) Dio, datemi la forza!

PRUDENZIA - Mi volevate, cara?

MARGHERITA - Sì; voglio darvi un incarico.

PRUDENZIA - Quale?

MARGHERITA - Questa lettera...(Prudenzia esce) Ed ora, una lettera anche per Armando. Che gli dirò? Impazzisco. O sogno? E' impossibile che sia vero. Non avrò il coraggio… Non si può chiedere a una creatura più delle sue forze.

ARMANDO (Entra) - Margherita, che fai?

MARGHERITA - (alzandosi e coprendo la lettera con le mani) Niente, caro…

ARMANDO - Perché tremi? Sei pallida! A chi scrivevi? Dammi quella lettera.

MARGHERITA - Era per te, Armando: ma non chiedermi di dartela.

ARMANDO - Credevo che fosse finito il tempo dei segreti e dei misteri!…

MARGHERITA - Anche quello dei sospetti, mi sembra.

ARMANDO - Scusami: avevo già qualche preoccupazione perché è arrivato mio padre! E’ venuto a sapere che sono qui con te. In serata arriverà. Sarà una spiegazione lunga, ma ti vedrà, e quando t’avrà vista ti vorrà bene! E poi, che m’importa? Dipendo da lui: ma, se occorre, mi metterò a lavorare.

MARGHERITA - (tra sé) Quanto mi ama! (forte) Ma non devi guastarti con tuo padre, caro. Dici che sta per arrivare? Allora è meglio che io non ci sia, perché non mi veda subito. Ma tornerò, verrò qua vicino a te: mi butterò ai suoi piedi, lo supplicherò tanto che non ci separerà.

ARMANDO - Perché tremi? Che è accaduto? Ti reggi appena. La tua lettera…

MARGHERITA - In questa lettera c’è una cosa che non posso dirti a voce. Certe cose non si possono dire. Questa lettera è una prova del mio affetto per te, Armando: te lo giuro per il nostro amore, non domandarmi di più.

ARMANDO - Tienila, Margherita. So tutto. Prudenzia mi ha detto tutto, e per questo sono andato a Parigi. So il sacrificio che volevi farmi. Mentre tu ti occupavi della nostra felicità, anch’io me ne occupavo… tutto ora è accomodato… E questo era il segreto che tu non volevi confidarmi!… Cara, buona Margherita: come potrò mai esserti riconoscente di tanto amore?…

MARGHERITA - Ebbene: ora che sai tutto, lasciami partire o allontanarmi. Non hai detto che tuo padre può arrivare da un momento all’altro?… Io sarò  nel giardino: appena mi chiamerai, tornerò. Se tuo padre è adirato, lo calmerai. Poi, vivremo insieme e ci ameremo come prima, e saremo felici sempre. Tu hai niente da rimproverarmi? E se qualche volta ti ho dato qualche dispiacere, non era colpa mia: ti amo più di ogni cosa al mondo. ARMANDO - Ma perché piangi?…

MARGHERITA - Avevo bisogno di piangere un po’. Ora sono calma. Vado a raggiungere la Micia e Gustavo. Sono pronta a raggiungerti…A tra poco.


SCENA V

 

ARMANDO - Quanto è cara! Come la spaventa il pensiero d’una separazione. (suona) Quanto mi vuol bene! Nannina: se viene un signore a chiedere di me, mio padre, lo farete entrar subito qui…

NANNINA - Va bene, signor Armando.

ARMANDO - Non c’è ragione ch’io stia in pensiero. Mio padre mi capirà. Il passato è morto. E che differenza tra Margherita e tutte le altre donne.  Come mi sembra lungo il tempo quando non c’è lei!… Che libro è? “Manon Lescaut”! No, no. Quando una donna ama, non fa come facevi tu, Manon! Come mai questo libro? (rientra Nannina con una lampada, esce. Armando apre a caso e legge) “Ti giuro, mio bel Cavaliere, che sei l’idolo del mio cuore, che non ci sei che tu al mondo che io possa amare come amo te: ma non vedi, povero caro amore mio, che nelle condizioni in cui siamo ridotti la fedeltà è una virtù sciocca? Credi che si possa essere molto appassionati, quando manca il pane? La fame potrebbe produrre qualche equivoco grottesco: tra pochi giorni esalerai l’ultimo respiro, credendo di sospirare di amore. Ti adoro, credimi, ma lascia che per qualche tempo diriga io le nostre faccende. Guai a coloro che cadranno nelle mie reti! Lavoro per far ricco e felice il mio bel Cavaliere. Mio fratello ti darà notizie della tua Manon, ti dirà che l’ha fatta piangere la necessità d’allontanarsi da te….” (respinge il libro e rimane a pensare) Ragionava bene, ma non amava, perché l’amore non sa ragionare… Quella lettura m’ha fatto male: è un libro falso! (suona) Le sette! Mio padre non verrà più. (entra Nannina) Dite alla Signora che può tornare.

NANNINA - La Signora è uscita: ha detto che sarebbe tornata subito.

ARMANDO - La signora Duvernoy è uscita con lei?

NANNINA - Era andata via poco prima.

ARMANDO - Sta bene…(Nannina esce) Va a Parigi per quella vendita! Per fortuna Prudenzia, dopo quello che le ho detto, troverà modo d’impedirglielo. C’è un’ombra in giardino: Margherita! Nessuno… (chiama) Nannina! (rientra e suona) Neanche Nannina risponde! Che storia è questa? Perché l’ho lasciata uscire? Mi nascondeva qualche cosa. Piangeva! Pensava di sacrificarmi tutto… Che le sia accaduto qualche… No, no; voglio sapere!…

 

 SCENA VI


COMMESSO - Il signor Armando Duval?

ARMANDO - Sono io.

COMMESSO - Una lettera.

ARMANDO - Da dove viene?

COMMESSO - Da Parigi.

ARMANDO - Chi ve l’ha data?

COMMESSO - Una Signora.

ARMANDO - Come avete fatto ad arrivare fin qua?

COMMESSO - Il cancello del giardino era aperto, non ho incontrato nessuno, ho visto luce qui, ho pensato…

ARMANDO - Sta bene: andate pure. E’ di Margherita….. Perché sono tanto agitato? Certo, mi aspetta in qualche luogo. Mi scrive di andare a raggiungerla (aprendo la lettera) Tremo… Come sono bambino! (Il padre entra e si avvicina. Armando legge) "Nel momento  in cui riceverete questa lettera…” (vede il padre e si getta nelle sue braccia piangendo) Papà! Papà!

 

 

 


ATTO QUARTO  


 SCENA I


GASTONE - Margherita è tornata?

OLIMPIA - Sì: deve venire qua.

GASTONE - E Armando?

PRUDENZIA - Non è a Parigi… Non sapete quello che c’è stato?

GASTONE - No.

PRUDENZIA - Si sono lasciati. Margherita l’ha piantato un mese fa… Ha fatto bene: bisogna sempre lasciare un uomo, prima che ci lasci lui.

ARTURO - Insomma, si giuoca o non si giuoca? (Arriva Armando)

PRUDENZIA - Oh, Armando!  

GASTONE - Si parlava di voi, che eravate a Tours, che non sareste venuto.

ARMANDO - Come vedete, non era vero.

GASTONE - Quando siete arrivato?

ARMANDO - Un’ora fa.

PRUDENZIA - Caro Armando: che cosa  mi raccontate di nuovo?

ARMANDO - Niente: e voi?

PRUDENZIA - Avete visto Margherita?

ARMANDO - No.

PRUDENZIA - Deve venire.

ARMANDO - Sì? Allora la vedrò.

PRUDENZIA - Con che aria lo dite! Si vede che il cuore è guarito.

ARMANDO - Altrimenti non sarei qui.

PRUDENZIA - Dunque, non pensate più a lei?

ARMANDO - Dire che non ci penso più sarebbe una bugia: ma Margherita mi ha dato il benservito e mi sono dato dell’idiota per averle voluto tanto bene.

PRUDENZIA - Anche lei vi voleva molto bene, e ve ne vuole ancora, ma ormai era tempo  che vi lasciasse… Stavano per venderle tutta la casa!

ARMANDO - E ora i debiti sono pagati? Li ha pagati Varville?

PRUDENZIA - Sì, li ha pagati tutti lui.

ARMANDO - Allora, tutto va a maraviglia!…

PRUDENZIA - Varville le ha rifatto cavalli, gioielli, tutto il lusso di prima.

ARMANDO - E s’è di nuovo stabilita a Parigi?

PRUDENZIA - Dopo che siete partito voi da Auteuil, non ha voluto tornarci. Sono andata io a ritirare tutte le cose sue e le vostre; manca un piccolo portafoglio con le vostre iniziali: Margherita ha voluto conservarlo.

ARMANDO - (commosso) No, no…

PRUDENZIA - Del resto, non dorme più, corre di ballo in ballo, passa le notti bianche. Qualche tempo fa, dopo una cena, è rimasta a letto tre giorni: appena il medico le ha permesso di uscire, ha ricominciato subito, a rischio di morire: se continua così, non durerà molto. Contate di andare a trovarla?

ARMANDO - No; cercherò anzi di evitare qualunque spiegazione. Il passato è morto, morto di colpo. Dio abbia l’anima sua, se aveva un’anima.

PRUDENZIA - Sono felice che siate tanto ragionevole.

ARMANDO - Vedo un amico; debbo parlargli: permettete?


 SCENA II

 

ARMANDO - Finalmente… Hai ricevuto la mia lettera? Ti sei domandato perché ti pregassi di venire a questo ricevimento, contro le tue abitudini?

GUSTAVO - Infatti…

ARMANDO - E’ un pezzo che non vedi Margherita?

GUSTAVO - Sì: da quando l’ho vista con te.

ARMANDO - Non sai niente? Credevi che Margherita mi volesse bene?

GUSTAVO - Lo credo ancora.

ARMANDO - (gli dà la lettera di Margherita) Leggi. L'ha scritta un mese fa.

GUSTAVO - Che cosa hai risposto a questa lettera?

ARMANDO - Il colpo era così inaspettato, che ho creduto di diventar matto. Margherita, lei, ingannar e me, che l’amavo tanto! Avevo bisogno di qualcuno per riprendere a vivere dopo l'accaduto. Mi sono lasciato condurre da mio padre, come una cosa inerte. Siamo arrivati a Tours. Credevo di potermici stabilire, ma non dormivo più. Soffocavo. L’avevo amata troppo perché tutt’a un tratto potesse diventarmi indifferente. Bisognava che l’amassi o l’odiassi. Non reggevo più. Mi pareva di morire se non la rivedevo. Sono venuto qui perché so che lei deve venire. Quello che accadrà non lo so: ma qualcosa deve accadere, e potrei aver bisogno di un amico.

GUSTAVO - Armando, rifletti; fare del male a una donna è brutto.

ARMANDO - Se farò qualcosa di brutto, il suo amante me la farà pagare!

DOMESTICO - La signorina Gautier; il Barone di Varville.

ARMANDO - Eccoli.


 SCENA III

 

PRUDENZIA - Come va?

MARGHERITA - Benissimo.

PRUDENZIA - C’è Armando 

MARGHERITA - Ho fatto male a venire.

PRUDENZIA - Tutt’altro; bisognava che v’incontraste: meglio prima che poi.

MARGHERITA - Vi ha parlato di me? Che vi ha detto? ?

PRUDENZIA - Sì. Dice che non ha rancore, che avevate ragione.

VARVILLE - Margherita, c’è Duval. Giurate che non sapevate di trovarlo qui.

MARGHERITA - Ve lo giuro.

DOTTORE - Buona  sera, Signora.

MARGHERITA - Mi trovate cambiata?

DOTTORE - Curatevi! Domani verrò a trovarvi per sgridarvi ben bene.

MARGHERITA - Bravo, sgridatemi; ve ne sarò grata… Ve ne andate già?

DOTTORE - Tra poco; debbo visitare una malata.

MARGHERITA - Che fedeltà!   

GUSTAVO - Buona sera Margherita!

MARGHERITA - Oh, sono contenta di vedervi, caro Gustavo!… C’è la Micia?

GUSTAVO - No.

MARGHERITA - Vogliatele bene, Gustavo: fa bene sentirsi amati! (piange)

GUSTAVO - Che cosa avete?

MARGHERITA - Sono tanto infelice!

GUSTAVO - Perché siete venuta? Andatevene. Non so che potrà accadere.

MARGHERITA - Armando mi odia, vero? Mi disprezza….

GUSTAVO - No, vi ama: ha la febbre addosso, non è padrone di sé. Potrebbe nascere qualche incidente tra lui e Varville. Andatevene.

MARGHERITA - Un duello per causa mia, tra Armando e Varville! Avete ragione, bisogna che me ne vada.

VARVILLE - Dove andate?

MARGHERITA - Sto poco bene: vorrei andare a casa.

VARVILLE - Non è vero: volete andarvene perché c’è Duval, che non s’interessa di voi; ma io non voglio andare via perché c’è lui. Restiamo qui.

GUSTAVO - Armando: tu fai un giuoco d’inferno!…

ARMANDO - Conto di far fortuna questa sera: quando avrò messo insieme molto denaro, mi ritirerò in campagna, insieme a una persona che m’ha già fatto compagnia un’altra volta e poi m’ha lasciato. Quando sarò più ricco… 

GUSTAVO - Finiscila, Armando! Vedi in che stato è? Disgraziata!…

VARVILLE - Signore!…

ARMANDO - Dicevate, Barone?

VARVILLE - Apprezzo tanto l’uso che volete fare della vostra vincita, che ho fretta di vedervi vincere anche di più, e vi propongo una partita.

ARMANDO - E io l’accetto con entusiasmo.

VARVILLE - Sto per duemila franchi.

ARMANDO - Vada per duemila!… da che parte?

VARVILLE - Scegliete voi.

ARMANDO - Duemila franchi, a sinistra.

VARVILLE - Duemila, a destra.

GASTONE - Sì, dà: a destra, quattro; a sinistra, nove. Ha vinto, Armando.

VARVILLE - Quattromila, allora

ARMANDO - Vada per quattromila; ma state attento, Signore: il proverbio non dice soltanto “disgraziato in amore, fortunato al  giuoco”, dice anche “fortunato in amore, disgraziato al giuoco”…

GASTONE - Sei!… Otto!… Vince di nuovo Armando.

OLIMPIA - Ho capito. Il Barone pagherà la villeggiatura a Duval.

VARVILLE - Venite, Margherita.

MARGHERITA - Tra poco; debbo dire una cosa a Prudenzia.

VARVILLE - Se tra dieci minuti non sarete venuta, verrò a cercarvi qui.

MARGHERITA - Va bene. (A Prudenzia) Andate a cercare Armando; e pregatelo di venire qui un momento: bisogna che gli parli.

PRUDENZIA - E se rifiuta?

MARGHERITA - Non rifiuterà. Mi odia troppo per non dirmelo. Andate!


 SCENA IV

 

MARGHERITA - Avrò la forza di mantenere la promessa fatta a suo padre? Dio! Fate che mi disprezzi, perché è il solo mezzo di impedire la sua rovina.

ARMANDO - Mi avete fatto chiamare, Signora?

MARGHERITA - Sì, Armando. Debbo parlarvi.

ARMANDO - Vi ascolto. Avete intenzione di scolparvi?

MARGHERITA - No, Armando: vi supplicherò di non tornare sul passato.

ARMANDO - Avete ragione: vi farebbe troppa vergogna.

MARGHERITA - Non siate cattivo, Armando. State a sentirmi, senz’odio, senza collera, senza disprezzo. Datemi la mano, Armando.

ARMANDO - No, Signora! Se era questo che volevate dirmi…

MARGHERITA - Chi avrebbe mai creduto che un giorno avreste respinto la mano che vi tendevo? Ma è necessario che ripartiate.

ARMANDO - Che io riparta?

MARGHERITA - Sì: che torniate da vostro padre, e subito.

ARMANDO - E perché?

MARGHERITA - Perché Varville vuol provocarvi, e io non voglio che accada una disgrazia  per causa mia. Voglio essere io sola a soffrire.

ARMANDO - Mi consigliate di fuggire una provocazione, di essere vigliacco: non potrebbe venirmi un consiglio diverso da una donna come voi.

MARGHERITA - Da un mese ho sofferto tanto, che appena mi rimane la forza di dirvelo; sento il mio male crescere di giorno in giorno, sento che mi brucia. In nome del nostro amore di allora; in nome di tutto quello che soffrirò ancora, in nome di vostra madre e di vostra sorella, andate lontano da me, tornate da vostro padre, dimenticate il mio nome, se vi riesce.

ARMANDO - Siete in pena per il vostro amante, che è la vostra fortuna. Con un colpo di pistola o spada, finireste sul lastrico. Sarebbe una disgrazia.

MARGHERITA - Potete essere ucciso voi: questa è la vera disgrazia!

ARMANDO - Che cosa v’importa  che io viva o muoia? Quando m’avete scritto “Sono amante d’un altro”, avete pensato, allora, alla mia vita? Se non sono morto dopo quella lettera, è perché dovevo vendicarmi. Ah, credevate che la cosa finisse così? Che io mi lasciassi frantumare il cuore, senza prendermela con voi o col vostro complice? Per questo sono tornato a Parigi. Tra me e il Barone di Varville c’è una partita di sangue: lo ucciderò.

MARGHERITA - Varville non ci ha nessuna colpa.

ARMANDO - Voi lo amate! Questo basta perché io lo odii.

MARGHERITA - Sapete che non amo quell’uomo, che non posso amarlo.

ARMANDO - E, allora, perché vi siete data a lui?

MARGHERITA - Non me lo domandate, Armando! Non posso dirvelo.

ARMANDO - Ve lo dirò io. Vi siete data a lui, perché siete senza cuore e senza lealtà, perché il vostro amore è di chi se lo compera, perchè del vostro cuore avete fatta una mercanzia; perché quando vi siete trovata di faccia al sacrifizio, vi è mancato il coraggio, e i vostri istinti hanno ripreso il sopravvento: perché l’uomo che vi consacrava la propria vita, per voi valeva meno dei cavalli della vostra carrozza e delle perle della vostra collana.

MARGHERITA - Ebbene, sì; sono una creatura infame e miserabile. Non ti amavo, ti ho ingannato. Ma se sono infame, devi dimenticarmi, non esporre per me la tua vita. Ti supplico: parti da Parigi; fuggi senza voltarti.

ARMANDO - Sì, ma a un patto.

MARGHERITA - Qualunque sia, io lo accetto.

ARMANDO - Tu partirai con me.

MARGHERITA - (indietreggiando) Mai!

ARMANDO - Mai? Margherita: sono pazzo, mi sento ribollire il cervello: un uomo in questo stato è capace di tutto. Per un momento, ho creduto che fosse l’odio a spingermi verso te: era un amore invincibile, straziante,

perché, dopo quello che è accaduto, mi vergogno di amarti ancora. Dimmi una parola di pentimento, dai la colpa alla fatalità, alla debolezza e dimentico tutto. Non m'importa di quell’uomo. Dimmi che mi ami e ti perdono. Fuggiremo il passato; andremo in capo al mondo, soli col nostro amore.

MARGHERITA - Darei la mia vita per un’ora sola di felicità, ma è impossibile. Non possiamo amarci. L’ho giurato a uno che aveva il diritto di chiedermelo.

ARMANDO - A Varville? Lo ami? Dì che lo ami, e me ne vado.

MARGHERITA - Ebbene, sì; amo Varville.

ARMANDO - Venite tutti! Vedete quella donna? Sapete che cosa ha fatto un giorno? Ha venduto tutto quello che possedeva per vivere con me, tanto mi amava. E sapete cosa ho fatto? Ho accettato il sacrifizio senza ricambiare. Ma sono tornato per riparare. Siete tutti testimoni che non debbo più niente a quella donna.  (le getta alcuni biglietti di banca)

MARGHERITA - (getta un grido e cade svenuta) Ah!…

VARVILLE - Vigliacco!

 

ATTO QUINTO

 

 SCENA I

 

MARGHERITA - Nannina: da bere.

GASTONE - Ecco, Margherita.

MARGHERITA - Chi è?

GASTONE - Sono io… Gastone.

MARGHERITA - Come mai sei qui?

GASTONE - L’infermiere era proprio la mia vocazione.

MARGHERITA - E Nannina dov’è?

GASTONE - A dormire. Quando sono venuto ieri sera, dormivi. L’ho mandata a letto. Sul divano sono stato benissimo tutta la notte. Come ti senti?

MARGHERITA - Bene, ma perché strapazzarti a questo modo?

GASTONE - Per vegliare un’amica ammalata! E poi, dovevo parlarti. So che hai bisogno di denaro. Ieri ho visto un usciere. L’ho mandato via, pagando. Ma bisogna trovarne ancora. Io ho perduto al giuoco, ma ecco cinquecento franchi. Quando sarranno finiti, ne troveremo degli altri.

MARGHERITA - Quanto sei buono, tu, il mio amico, che mi vegli e mi curi.

GASTONE - Sarà sempre così. Ecco il mio programma. Il tempo è splendido. 

Dall’una alle tre ci sarà un bel sole: verrò a prenderti e andremo a fare una scarrozzata. Vado a far colazione da mia madre e all’una sono qui… Ti va?

MARGHERITA - Cercherò di esser in forze.

GASTONE - Ci sarai! (Entra Nannina) Avanti Nannina: la Signora è sveglia.

MARGHERITA - Apri la finestra: fai un po’ di luce. Voglio alzarmi.

NANNINA - Viene il Dottore.

MARGHERITA - Gastone, lascia aperta la porta. Nannina, aiutami a vestirmi. (Al dottore) Buon giorno, Dottore! Nannina, vai a vedere se c’è posta.

DOTTORE - Datemi la mano. Come vi sentite?

MARGHERITA - Male di fisico, meglio di spirito! Ieri sera m’ha presa tanta paura di morire, ero triste, disperata. Ma ho dormito e mi sveglio ora.

DOTTORE - Tutto bene, Signora: in primavera sarete guarita perfettamente.

MARGHERITA - Grazie, Dottore. Quando Dio ha detto che la bugia era un peccato, ha fatto un’eccezione per i dottori. (a Nannina) Che cosa porti?

NANNINA - Sono dei regali, Signora.

MARGHERITA - Sì, è capodanno! Un anello di Saint-Gaudens. Un bracciale

del Conte di Giray. Dei dolciumi! Dottore, voi avete una nipotina, portatele tutti questi dolci! C’era altro?

NANNINA - Una lettera.

MARGHERITA - E di chi? (la prende e l’apre) “Cara Margherita: sono venuta tante volte per vederti, ma non mi hanno fatta entrare. Ma non voglio che tu manchi all’avvenimento più bello della mia vita. Mi sposo a capodanno con Gustavo. Spero che vorrai assistere alla cerimonia, semplicissima: alle nove di mattina nella Cappella di Santa Teresa. Ti abbraccio con tutta la forza di un cuore felice. Micia”. Ci sarà un po’ di felicità per tutti, tranne che per me. Per piacere, datemi da scrivere. (il Dottore porta l’occorente)

NANNINA - (piano) Come va?

DOTTORE - (scotendo il  capo) Molto male.

MARGHERITA - Dottore, per  piacere, asciate questa lettera alla chiesa dove si sposa la Micia, e raccomandate che gliela consegnino dopo la cerimonia. Tornate presto. (A Nannina) Metti un po’ d’ordine. Hanno sonato.

NANNINA - E’ la signora Duvernoy: può entrare?

MARGHERITA - Venga, venga.


 SCENA II

 

PRUDENZIA - Cara Margherita, come va stamattina?

MARGHERITA - Meglio, Prudenzia: grazie.

PRUDENZIA - Mandate via, per un momento, Nannina: devo parlarvi.

MARGHERITA - Nannina, vai a ordinare di là.

PRUDENZIA - Debbo chiedervi un piacere, Margherita.Oggi è capodanno: debbo fare dei regali. Prestatemi duecento franchi sino alla fine del mese.

MARGHERITA - Mi serve il denaro. Ma aprite quel cassetto… Quanto c’è?

PRUDENZIA - Cinquecento franchi.

MARGHERITA - Prendete i duecento che vi servono.

PRUDENZIA - Ma il resto vi basterà?

MARGHERITA - Non ci pensate.

PRUDENZIA - Mi rendete un vero servizio.

MARGHERITA - Mi fa piacere, Prudenzia.

PRUDENZIA - Vi lascio; tornerò… Avete un buon aspetto.

MARGHERITA - Infatti, sto meglio.

PRUDENZIA - Con le belle giornate l’aria di campagna vi aiuterà a guarire. E grazie di nuovo.

MARGHERITA - Rimandate qua Nannina.

NANNINA (entra) - Voleva ancora del denaro? L'ha avuto?

MARGHERITA - Sì. Conta tanto poco il denaro, e ne aveva bisogno! Ma anche a noi occorre. Prendi questo bracciale. Va' a venderlo e torna presto.

NANNINA - Ma intanto…

MARGHERITA - Posso restar sola: non mi occorre niente. E poi la strada per andare dall’orefice la sai; l’hai fatta tante volte in questi tre mesi.


 SCENA III
 

MARGHERITA - (si toglie dal seno una lettera e legge) “Signora. Ho saputo del duello di mio figlio con Varville; mio figlio è partito senza salutarmi.

Grazie a Dio, Varville è fuori pericolo. Voi avete mantenuto il vostro giuramento oltre le vostre forze. Scrivo ad Armando: gli dico tutta la verità. Verrà a chiedervi perdono, non soltanto per sé, ma per me: sono stato costretto a farvi del male, e voglio riparare. Curatevi bene, e sperate: il vostro coraggio e la vostra abnegazione meritano un avvenire migliore. Lo avrete: ve ne do la mia parola. Giorgio Duval”. Da sei settimane la rileggo continuamente per darmi coraggio. Ricevessi almeno una parola da Armando! Potessi arrivare alla primavera! (allo specchio) Come sono cambiata! Eppure il Dottore m’ha promesso che m’avrebbe fatta guarire. Poco fa, ha detto a Nannina: “molto male”! Può voler dire ancora qualche mese di vita: se Armando arriva, sono salva. E' capodanno, bisogna sperare. 

NANNINA - Signora…

MARGHERITA - Che cosa c’è, Nannina?

NANNINA - La Signora sta meglio oggi? Mi promette d’essere calma?

MARGHERITA - Che cos’è stato?

NANNINA - Ho voluta avvertirla…. Una gioia troppo imprevista può far male.

MARGHERITA - Una gioia? Armando è qua? (va all’uscio) Armando! (gli si getta al collo) Sei tu? Non è possibile che Dio sia così buono verso di me!


 SCENA IV

 

ARMANDO - Sono io, Margherita: pentito, turbato, colpevole, non osavo entrare. Ero per strada a pregare e piangere. Margherita, mio padre m’ha scritto tutto! Non sapevo dove andare per fuggire i miei rimorsi. Sono partito come un pazzo; ho viaggiato giorno e notte, senza riposo, senza sosta, senza dormire. Margherita, dimmi che ci perdoni. Che felicità, rivederti!

MARGHERITA - Perdonarti? Era colpa mia, non potevo far diversamente.

Volevo la tua felicità a costo della mia. Tuo padre non ci separerà più. Sono

ancora giovane,tornerò bella perché sono felice. La nostra vita comincia ora.

ARMANDO - Non ti lascio più. Margherita, andiamo via di qui. Mio padre ha capito chi sei. Ti vorrà bene. Mia sorella si è sposata. L’avvenire è nostro.

MARGHERITA - Parlami, sento la mia anima tornare insieme con ogni tua parola. La mia salute rinasce per la tua presenza.Solo la tua presenza poteva salvarmi. Non lo speravo più. Invece, sei qui. Non perdiamo tempo: la vita mi passa davanti, voglio afferrarla al volo. La Micia oggi sposa Gustavo. 

Andremo a vederli. Ci porterà fortuna assistere alla felicità degli altri. Vedi che sorpresa aveva preparato la Provvidenza? Dimmi che mi vuoi bene!

ARMANDO - Sì, ti voglio bene, Margherita: tutta la mia vita è per te.

MARGHERITA - (Nannina rientra) Nannina, dammi l’occorrente per uscire.

ARMANDO - Cara Nannina, l’avete curate bene: ve ne ringrazio.

MARGHERITA - Solo lei pronunciava il tuo nome. Diceva che ti avrei rivisto!

ARMANDO - Che cos’hai, Margherita? Sei pallida!

MARGHERITA - Niente, caro. La gioia non rientra così bruscamente in un cuore devastato senza opprimerlo un poco.(siede e rovescia il capo indietro)

ARMANDO - Margherita, parlami! Te ne supplico, Margherita!

MARGHERITA - (torna in sé)  Non aver paura, sorrido: sono forte, sai? E’ lo stupore di vivere, che mi opprime.

ARMANDO - Tremi tutta!…

MARGHERITA - (getta lo scialle, dopo aver tentato di camminare) Non posso! (s’abbandona sul divano)

ARMANDO - Nannina, corri dal Dottore!

MARGHERITA - Sì, digli che Armando è tornato, che voglio vivere; se non mi ha salvato il tuo ritorno, niente mi salverà… Ho vissuto d’amore, ne muoio.

ARMANDO - Taci, Margherita; tu vivrai: è necessario.

MARGHERITA - Siedi vicino a me, Armando. Poco fa ha avuto un momento di collera contro la morte. Me ne pento: ha aspettato che tu ci fossi, prima di colpirmi. Tuo padre era certo della mia morte e ti ha scritto di tornare.

ARMANDO - No, no, Margherita; non parlarmi così: mi fai impazzire. Non dir più che devi morire; dì che non ci credi, che non è possibile, che non vuoi!

MARGHERITA - Anche se non lo volessi, caro, dovrei cedere, poiché lo vuole Dio. Morta, tutto quanto ti rimarrà di me sarà puro: viva, ci sarebbero sempre state delle macchie sul mio amore. Dio fa bene tutto quello che fa.

ARMANDO - Mi sento impazzire.

MARGHERITA - Sono io che devo far coraggio a te? Nel cassetto c’è un medaglione. E’ il mio ritratto di quand’ero bella. Lo avevo fatto fare per te; ti aiuterà a ricordarmi. Ma se un giorno una bella fanciulla ti vuol bene e la sposi, e lei lo trova, dille che è di un'amica, che prega tutti i giorni per lei e per te…Ma se è gelosa del passato, come siamo spesso noi donne, e ti domanda il sacrifizio di questo ritratto, fallo senza rimorsi. La donna che ama, soffre quando non si sente amata… Hai capito, Armando mio? 


 SCENA V

 

MICIA - Margherita, m’hai scritto che morivi, e ti trovo alzata e sorridente.

ARMANDO - Gustavo, non resisto più!…

MARGHERITA - Dunque, eccovi marito e moglie! Che cosa strana questa prima vita! E come sarà la seconda? Voi sarete ancora più felici di prima. Armando, la tua mano. Morire non è tanto difficile… Ecco Gastone. Sono contenta di vederti, Gastone.  (ad Armando)E’ stato tanto buono con me… Oh! Che strano (si solleva) Non soffro più. Mi pare che rientri la vita… sento un benessere che non avevo mai provato… Ma vivrò ancora! Mi sento bene!

GASTONE - Dorme…

ARMANDO - Margherita! Margherita! Ma è morta! Dio, Dio! Che sarà di me?…

GUSTAVO - Come ti amava! povera creatura!

MICIA - Dormi in pace, Margherita! Ti sarà molto perdonato, perché hai tanto amato…..