IL SERVITORE DI DUE PADRONI - Riduzione e rielaborazione da Carlo Goldoni

 

Riduzione e rielaborazione a cura del sito Cultura&Svago.

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IL SERVITORE DI DUE PADRONI

CARLO GOLDONI

 

PERSONAGGI

PANTALONE de’ BISOGNOSI.

CLARICE, sua figliuola.

Il DOTTORE LOMBARDI.

SILVIO, suo figlio.

BEATRICE, torinese, in abito da uomo, sotto nome di Federigo Rasponi.

FLORINDO ARETUSI, torinese, di lei amante.

BRIGHELLA, padrone della locanda.

SMERALDINA, cameriera di Clarice.

TRUFFALDINO, servitore di Beatrice, poi di Florindo.

Un CAMERIERE della locanda.

 

La Scena si rappresenta in Venezia, davanti alla locanda di BRIGHELLA. La sala della locanda è in primo piano; sul fondo, in secondo piano, ci sono due camere, una per Beatrice, l’altra per Florindo, in secondo piano.

ATTO PRIMO

 

SCENA PRIMA

 

PANTALONE, il DOTTOR LOMBARDI, CLARICE, SILVIO, BRIGHELLA, SMERALDINA

SILVIO. (A Clarice) Vi dono la mia mano e il mio cuore.

PANTALONE. [A Clarice] Datevi la mano e presto sarete sposi.

CLARICE. Sì, caro Silvio, eccovi la mia mano. Prometto di essere vostra sposa.

SILVIO. Ed io prometto esser vostro. [Si dànno la mano].

DOTTORE. Bravissimi, anche questa è fatta. Ora non si torna più indietro.

SMERALDINA. (Oh come lo vorrei anch’io).

PANTALONE. [A Brighella] Tu sarai testimone di questa promessa tra mia figlia Clarice e Silvio, figlio del signor Lombardi.

PANTALONE. Festeggeremo insieme senza strepito e senza grandezza.

SILVIO. Io non desidero altro che essere vicino alla mia cara sposa.

DOTTORE. Mio figlio è di buon cuore. Ama vostra figlia e non pensa ad altro.

PANTALONE. [Verso Silvio] Per fortuna è morto il signor Federigo Rasponi, a cui avevo promesso mia figlia.

SILVIO. Certamente io mi ritengo fortunato.

CLARICE. Caro Silvio, avrei obbedito a mio padre, ma il mio cuore è sempre stato per voi.

DOTTORE. [A Pantalone] Come è morto  Federigo Rasponi?

PANTALONE. È morto a causa di sua sorella. Non so altro. È successo a Torino.

BRIGHELLA. Oh, povero signore! Mi dispiace infinitamente.

PANTALONE. [A Brighella] Conoscevi Federigo Rasponi?

BRIGHELLA. Sì, lo conoscevo. Ho abitato a Torino per tre anni. Conoscevo sua sorella, che si vestiva da uomo e andava a cavallo.

PANTALONE. Signor Brighella, vorreste prepararci un piatto buono di vostro gusto?

BRIGHELLA. La servirò volentieri. Nella mia locanda si mangia in un modo prelibato.

PANTALONE. Bravo. [Si sente picchiare]. Oh! Bussano. Guarda chi è, Smeraldina.

SMERALDINA. Signore, è un servitore di un forestiero che vuol parlare col padrone.

PANTALONE. Fallo entrare.

SMERALDINA (esce)

(Arriva Truffaldino)

TRUFFALDINO. Riverisco tutti i signori presenti. Oh, che bella compagnia.

PANTALONE. [A Truffaldino] Chi sei, cosa vuoi?

TRUFFALDINO. Sono il servitore del signor Federigo Rasponi torinese, che la riverisce.

PANTALONE. Federigo Rasponi di Torino è morto.

DOTTORE. Sì, è la verità; è morto; non occorre metterlo in dubbio.

TRUFFALDINO. Oh, povero padrone! È qui vivo e vegeto, che vuole riverirla.

PANTALONE. Il signor Federigo?

TRUFFALDINO. Proprio il signor Federigo.

PANTALONE. Figliolo, fatevi ricoverare perché siete matto.

DOTTORE. Signor Pantalone; ditegli di far  venire colui che crede  Federigo Rasponi.

PANTALONE. Fate entrare il morto resuscitato.

TRUFFALDINO. Forse è morto e resuscitato, ma adesso è vivo. Gli dico di venire.

CLARICE. (Silvio mio, tremo tutta).

SILVIO. (Non dubitate; in qualunque evento sarete mia).

DOTTORE. Ora chiariremo la verità.

BRIGHELLA. Signore, io ho conosciuto il signor Federico, se è lui vedremo.

(Entra BEATRICE/FEDERICO in abiti maschili, sotto il nome di Federigo)

BEATRICE/FEDERICO. Signor Pantalone, sono Federigo Rasponi di Torino, per obbedirvi. [Tutti s’inchinano].

BRIGHELLA. (Questa è la sorella di Federico. È un inganno).

PANTALONE. Mi fa piacere  vedervi sano e vivo, avevamo avuto cattive notizie. [al Dottore] (ancora non ci credo).

BEATRICE/FEDERICO. In una rissa non rimasi ucciso ma  ferito. Appena risanato, partii per Venezia per incontrarvi.

PANTALONE. Ero così sicuro che fosse morto. Mi dia qualche prova del contrario

BEATRICE/FEDERICO. Eccovi quattro lettere de’ vostri amici, una è del direttore della banca. [Dà le lettere a Pantalone, che le legge].

CLARICE.  (Ah Silvio, siamo perduti!)

SILVIO. (La vita perderò, ma non voi!)

BEATRICE/FEDERICO [piano a Brighella] (Per amor del cielo, non mi scoprite).

BRIGHELLA. [Piano a BEATRICE/FEDERICO] (State tranquilla).

BEATRICE/FEDERICO. Oh, bene. Verrò ad alloggiare alla vostra locanda.

BRIGHELLA. Ne sarò ben lieto.

PANTALONE. Credo che siano proprio le lettere di Federico.

PANTALONE. Se è tutto vero, non mi resta che scusarmi se ho dubitato.

CLARICE. Signor padre, è lui il signor Federigo Rasponi?

PANTALONE. È proprio lui.

CLARICE. [Piano a Silvio] (Me infelice, che sarà di noi?)

SILVIO. [Piano a Clarice] (Non dubitate, vi dico; siete mia e vi difenderò).

BEATRICE/FEDERICO. [Accennando Clarice] Signor Pantalone, chi è quella signora?

PANTALONE. È Clarice mia figlia.

BEATRICE/FEDERICO. Quella a me destinata in sposa?

PANTALONE. Signor sì, giusto quella. (Adesso son in un bell’intrigo).

BEATRICE/FEDERICO. [A Clarice] Signora, permettetemi di riverirvi.

CLARICE. [Sostenuta] Serva devota.

BEATRICE/FEDERICO. [A Pantalone] Molto freddamente m’accoglie.

PANTALONE. Pazienza. È timida di natura.

BEATRICE/FEDERICO. [A Pantalone, accennando Silvio] E quel signore è qualche vostro parente?

SILVIO. [A BEATRICE/FEDERICO] Sono lo sposo della signora Clarice.

BEATRICE/FEDERICO. Come! Voi sposo della signora Clarice? Non è ella a me destinata?

PANTALONE. Caro signor Federigo, ho creduto vera la vostra disgrazia. Credendovi morto, ho promesso mia figlia al signor Silvio. Siete arrivato in tempo. Non ho sbagliato né con voi né col signor Silvio.

SILVIO. Il signor Federigo non vorrà sposare una che fu promessa ad un altro.

BEATRICE/FEDERICO. Non sono così delicato. La prenderò nonostante tutto.

SILVIO. Signore, siete arrivato tardi. Chi vorrà Clarice, dovrà contenderla con la mia spada. [Parte].

DOTTORE. Mi spiace. La signora Clarice deve sposare mio figlio. La legge parla chiaro. [Parte].

BEATRICE/FEDERICO. [A Clarice] Ma voi, signora sposa, non dite nulla?

CLARICE. Siete qui per tormentarmi. [Parte].

BEATRICE/FEDERICO. Signor Pantalone, andrò con Brighella a spedire alcuni affari. (esce)

PANTALONE. Ho anch’io degli affari da sbrigare (esce)

BRIGHELLA. Che succede, signora BEATRICE/FEDERICO?…

BEATRICE/FEDERICO. Non mi scoprite. Florindo Aretusi, che mi amava, ha ucciso mio fratello ed è fuggito per timore della giustizia. Con gli abiti e con le lettere credenziali di mio fratello, sono qui per ritrovare l’amante. Il signor Pantalone mi crede Federigo. Caro Brighella, aiutatemi; sarete largamente ricompensato.

BRIGHELLA. Non vorrei che il signor Pantalone restasse burlato.

BEATRICE/FEDERICO. Morto mio fratello, sono io l’erede. Non mi scopro perché voglio la mia libertà.

BRIGHELLA. Signora, lasci fare a me, la servo io a dovere.

BEATRICE/FEDERICO. Andiamo alla vostra locanda. (Escono)

 

SCENA II 

 

TRUFFALDINO solo, Poi FLORINDO con un baule,  poi BEATRICE/FEDERICO, poi SILVIO.

 

TRUFFALDINO. Son stufo d’aspettare, Col mio padrone si mangia poco. Almeno sapessi dove devo alloggiare. E poi non ho neanche un quattrino. Posso smettere di fare il servitore, ma non so fare proprio niente.

FLORINDO (con un baule). Ecco qui un’insegna di locanda.

TRUFFALDINO. [A Florindo] Signor, comanda niente? La posso servire?

FLORINDO. Caro galantuomo, aiutatemi a portare questo baule in quell’albergo.

TRUFFALDINO. Subito, lasciate fare a me.

Ecco una buona locanda. Sarete servito da re.

FLORINDO. Voi che mestiere fate?

TRUFFALDINO. Il servitore senza padrone.

FLORINDO. Siete senza padrone? Verreste a servirmi?

TRUFFALDINO. Benissimo, se mi date un po’ di denaro.

FLORINDO. Sì, volentieri; ecco mezzo scudo. Andate alla posta di Torino, portatemi le  lettere di Florindo Aretusi, vi aspetto.

TRUFFALDINO. Faccio preparare il desinare.

FLORINDO. Sì, bravo. [Entra nella locanda].

BEATRICE/FEDERICO (Arriva senza vedere Florindo). (a Truffaldino) Così mi aspetti?

TRUFFALDINO. Son qua. V’aspetto ancora.

BEATRICE/FEDERICO (arriva). Prendi il mio baule e portalo alla locanda di messer Brighella…Vai anche alla posta di Torino a chiedere se vi sono lettere di Federigo Rasponi e di BEATRICE/FEDERICO Rasponi. (parte)

TRUFFALDINO. Tanti cercano un padrone e io ne ho due. Magari nessuno se ne accorge. Andiamo alla posta per tutti e due. [Parte].

SILVIO (arriva) (Questi è il servo di Federigo Rasponi). [A Truffaldino] Andate dal vostro padrone, ditegli che gli voglio parlare, che lo l’attendo.

TRUFFALDINO. (Ma quale padrone? Non so niente, manderò il primo che troverò.

 Vado a prendere le lettere). [Parte].

FLORINDO. (Voglio chiarirmi della verità). Signore, siete voi che mi avete domandato?

SILVIO. Ho detto  a quel servitore che volevo parlare al suo padrone.

FLORINDO. Bene, io sono il suo padrone.

SILVIO. Siete voi forestiero, signore?

FLORINDO. Torinese, a’ vostri comandi.

SILVIO. Conoscete Federigo Rasponi?

FLORINDO. Ah! L’ho conosciuto pur troppo.

SILVIO. Pretende per una parola del padre togliermi la sposa, che mi ha giurato fede.

FLORINDO. Non dubitate, amico. Federigo Rasponi non può togliervi la sposa. È morto.

SILVIO. Sì, ma stamane giunse vivo e sano in Venezia, per mia disperazione.

FLORINDO. Possibile? Vi assicuro che è morto.

SILVIO. Vi assicuro che è vivo. Il signor Pantalone, padre della ragazza, ha le prove.

FLORINDO. (Dunque non restò ucciso)

SILVIO. Ditegli di rinunciare alle nozze. Io sono Silvio Lombardi per  riverirvi (parte)

FLORINDO. (Lo vidi disteso al suolo, morto. Ma se è vivo, sarà meglio ch’io ritorni a Torino, a consolare la diletta BEATRICE/FEDERICO).

TRUFFALDINO arriva portando il baule di BEATRICE/FEDERICO

FLORINDO. Truffaldino, vuoi venire a Torino con me? Ora; subito.

TRUFFALDINO. Senza desinare?

FLORINDO. No; si pranzerà, poi ce n’andremo. Sei stato alla posta?

TRUFFALDINO. Signor sì.

FLORINDO. Hai trovato mie lettere?

TRUFFALDINO. Eccole. (Ho confuso le lettere dei due padroni. Come farò? io non so leggere).

FLORINDO. Animo, dà qui le mie lettere.

TRUFFALDINO. Queste lettere non sono tutte vostre. Un servitore che mi conosce, mi ha chiesto di prendere anche le lettere del suo padrone.

FLORINDO. Lascia vedere a me; prenderò le mie, e l’altra te la renderò. (Che vedo? Una lettera diretta a Beatrice Rasponi in Venezia!) Chi ti ha dato l’incarico?

TRUFFALDINO. Il servitore Pasquale.

FLORINDO. Questa lettera voglio aprirla.

m’interessa troppo. È diretta a persona che mi appartiene. Non ho scrupoli [L’apre. Legge] Illustrissima signora padrona.

La vostra partenza da questa città ha dato motivo di discorrere a tutto il paese; e tutti capiscono che lo abbiate fatto per seguire il signor Florindo. La Corte ha dimostrato che siete fuggita in abito da uomo e cerca di rintracciarvi.

Umilissimo e fedelissimo servitore

Tognin della Doira.

FLORINDO. (Beatrice partita di casa sua? In abito d’uomo? Per venirmi a cercare? Ella mi ama davvero. Magari la ritroverò a  Venezia!) Va’, Truffaldino, cerca  Pasquale; chiedigli se il suo padrone è uomo o donna. Ti darò una mancia assai generosa. [Parte].

TRUFFALDINO. Sono galantuomo.  Faccio portare il baule nella locanda.

BEATRICE/FEDERICO arriva. [A Truffaldino] È il mio baule? Va’ nella locanda, apri il baule e da’ aria ai miei vestiti. Quando torno, si pranzerà. [Parte].

TRUFFALDINO. Mi è andata bene.

FLORINDO (rientra). Hai ritrovato Pasquale?

TRUFFALDINO. Dopo il desinare lo troverò.

FLORINDO. Andiamo a sollecitare il pranzo.

TRUFFALDINO. Mi è andata ancora bene. [Entrano nella locanda].

 

SCENA III

 

PANTALONE con CLARICE, poi SMERALDINA

 

PANTALONE. Dovete sposare il signor Federigo. Ho dato la mia parola e non sono un bamboccio.

CLARICE. Signor padre, è una tirannia.

PANTALONE. Quando il signor Federigo vi chiese in moglie, non diceste di no. Ora è troppo tardi.

CLARICE. La soggezione, il rispetto, mi fecero ammutolire. Ma Federigo non lo sposerò certamente. È odioso agli occhi miei.

PANTALONE. Cercate di dimenticare il signor Silvio.

CLARICE. Silvio è troppo fortemente impresso nell’anima mia.

SMERALDINA (arriva). Signor padrone, il signor Federigo vuol riverirla.

PANTALONE. Venga, venga.

CLARICE. [Piange] Ohimè! Che tormento!

SMERALDINA. Signora padrona? Non piangete. Non avete veduto com’è bello il signor Federigo? [Esce].

PANTALONE. Figlia mia, non farti vedere piangere.

CLARICE. Ma se mi sento scoppiare il cuore!

BEATRICE/FEDERICO (arriva). Riverisco il signor Pantalone. (Perché la signora Clarice piange?)

PANTALONE. [Piano a Beatrice/Federico] (Caro signor Federigo, bisogna compatirla. La notizia della sua morte ha causato questo male.  Col tempo le passerà).

BEATRICE/FEDERICO. (Signor Pantalone, lasciatemi con lei, per vedere se mi riesce di calmarla).

PANTALONE. Signor sì. [Piano a Clarice] (Via, abbi giudizio). [Parte].

BEATRICE/FEDERICO. Deh, signora Clarice…

CLARICE. Non ardite d’importunarmi.

BEATRICE/FEDERICO. Siete sdegnata? Spero di placarvi. Signora Clarice, vi ho da confidar un segreto. Io non sono Federigo Rasponi, ma Beatrice, sua sorella.

CLARICE. Oh! Che mi dite mai! Voi donna?

BEATRICE/FEDERICO. Sì, tale io sono. Mio fratello morì purtroppo d’un colpo di spada. Fu creduto autore della sua morte il mio amante, che sto cercando. Vi prego di non tradirmi. Non ditelo nemmeno a Silvio.

CLARICE. Bene, non parlerò.

BEATRICE/FEDERICO. Su, diamoci la mano in segno di amicizia. (si danno la mano)

PANTALONE (rientra). Bravi! Me ne rallegro infinitamente. [A Clarice] Dunque stabiliremo presto questo matrimonio. Signora figlia, vado a parlare al signor Silvio. [Parte].

CLARICE. Ah, signora Beatrice, esco da un affanno per entrare in un altro. E se Silvio mi crede infedele?

BEATRICE/FEDERICO. Durerà per poco l’inganno.

CLARICE. Se gli potessi svelare la verità…

BEATRICE/FEDERICO. Siete sotto giuramento. [Parte].

CLARICE. Ah, purtroppo nella vita o si pena o si spera, e poche volte si gode. [Parte].

 

ATTO SECONDO

SCENA I

 

SILVIO e il DOTTORE, poi PANTALONE, POI BEATRICE/FEDERICO, POI CLARICE, POI SMERALDINA

SILVIO. Signor padre, devo parlare col signor Pantalone. Voglio che egli mantenga la parola che mi ha dato, o mi renda conto del gravissimo affronto.

DOTTORE. Sei pazzo a lasciarti trasportare dalla collera. Lascia fare a me. Ritirati e aspettami; esci.

SILVIO. Parlategli. Ma se il signor Pantalone persiste, avrà che fare con me [Parte].

DOTTORE. Povero figliuolo, lo compatisco. Vorrei vederlo quieto e non vorrei che la collera lo facesse precipitare.

PANTALONE (Arriva. Vede il dottore) Schiavo vostro, Dottore. Cercavo voi e vostro figlio.

DOTTORE. Con lui avete sbagliato. Senza la certezza della morte del signor Federigo, non dovevate impegnarvi con mio figlio; e, se con lui vi siete impegnato, dovete mantener la parola a costo di tutto. [Parte].

SILVIO. [Silvio arriva. Saluta Pantalone] Schiavo suo, signore.

PANTALONE. Padrone riverito.

SILVIO. Ho inteso da mio padre che sono  stabiliti gli sponsali della signora Clarice col signor Federigo? Non siete un uomo d’onore. Vile. [Mette mano alla spada]

BEATRICE/FEDERICO (Arriva con la spada alla mano) [A Pantalone] Ci sono io in vostra difesa.

PANTALONE. [A Beatrice/Federico] Signor genero, mi raccomando.

SILVIO. [A Beatrice/Federico] Rivolgi a me quella spada.

PANTALONE. Aiuto. Aiuto. [Scappa). 

BEATRICE/FEDERICO e SILVIO si battono.

CLARICE (entra) Ohimè! Fermatevi.

BEATRICE/FEDERICO. Clarice, in grazia vostra dono a Silvio la vita; ricordate il giuramento. [Parte].

CLARICE. Silvio, non merito i vostri rimproveri. V’amo, v’adoro, vi son fedele.

SILVIO. Ah, menzognera!

SMERALDINA (ARRIVA). Su, placatevi. State in pace. (Clarice e Silvio si fermano ed  escono).

 

SCENA II

 

TRUFFALDINO, FLORINDO, BEATRICE/FEDERICO, CAMERIERE, BRIGHELLA, PANTALONE

 

TRUFFALDINO. Che gran disgrazia è la mia! Se non viene nessun padrone, non potrò desinare. Se vengono tutti e due, verrò scoperto.

FLORINDO (arriva). Ebbene, hai ritrovato Pasquale?

TRUFFALDINO. Lo cercherò dopo il pranzo. Signore, in questo paese bisogna magnare, e chi non magna, s’ammala.

FLORINDO. Adesso devo occuparmi di un affare. Tu chiedi il desinare, ma non dimenticare di trovare Pasquale. [Entra nella camera a sinistra].

BEATRICE/FEDERICO (arriva). Truffaldino. Dì al padrone della locanda che avrò a pranzo con me il signor Pantalone de’ Bisognosi. Fai preparare tutto. Prendi questo foglio, mettilo nel baule. È una lettera di cambio di quattromila scudi. [Parte].

Arriva BRIGHELLA con PANTALONE

TRUFFALDINO. (A Brighella) Il mio padrone ha un amico e vogliono desinare subito.

BRIGHELLA. Come devo preparare la tavola?

TRUFFALDINO. Adesso vi mostro come fare. (Taglia la lettera del cambio in tanti pezzi e li dispone sul tavolo).

BEATRICE/FEDERICO. (rientra) [A Truffaldino] Quella è la mia cambiale. Briccone! Meriteresti che io ti bastonassi. Va’ via di qua.

BRIGHELLA. Non capisco quell’uomo: qualche volta è furbo, e qualche volta è allocco.

BEATRICE/FEDERICO. [A Brighella] Ebbene, ci preparate il pranzo?

BRIGHELLA. Accomodatevi in quella camera. (a destra)

BEATRICE/FEDERICO (entra con Pantalone nella camera a destra). Dite a Truffaldino che venga a servire.

BRIGHELLA. Glielo dirò, signore. (Parte].

[Il cameriere porta nella loro camera un tavolo, bicchieri, vino, pane, ecc.].

PANTALONE. In questa locanda sono molto lesti.

BEATRICE/FEDERICO. Non vi è maggior piacere al mondo, oltre quello di essere in buona compagnia.

CAMERIERE. Ecco il bollito [Lo dà a Truffaldino ed esce].

FLORINDO [Dalla camera lo chiama] Truffaldino.

TRUFFALDINO. Son qua. [Porta il bollito a Florindo].

CAMERIERE. (A Truffaldino) Tenete, portate queste polpette al vostro padrone.

TRUFFALDINO (Porta le polpette a Beatrice/Federico).

CAMERIERE. A (Truffaldino) Eccovi l’arrosto (esce).

TRUFFALDINO. [Porta l’arrosto a Florindo].

CAMERIERE. (A Truffaldino) Ecco la frutta. (esce)

TRUFFALDINO. [Porta la frutta a Beatrice/Federico].

TRUFFALDINO. Tutti sono contenti. Ho servito due padroni e nessuno sa dell’altro. Ma se ho servito per due, adesso voglio andare a mangiare per quattro. [Parte].

 

SCENA III

 

SMERALDINA, il CAMERIERE della locanda, TRUFFALDINO, BEATRICE/FEDERICO, PANTALONE, FLORINDO

 

SMERALDINA. Oh di casa! Oh della locanda!

CAMERIERE. Che cosa volete?

SMERALDINA. Un certo signor Federigo Rasponi è alloggiato in questa locanda?

CAMERIERE. Sì, certo. Ha finito di pranzare da poco.

SMERALDINA. Avrei da dirgli una cosa. Sono la cameriera della sua sposa.

CAMERIERE. Egli è in compagnia del signor Pantalone de’ Bisognosi.

SMERALDINA. Il mio padrone? Oh, non ci vengo.

CAMERIERE. Manderò il suo servitore, se volete.

SMERALDINA. Sì, mandatelo.

CAMERIERE. (Ho inteso. Il moretto le piace. Si vergogna a venir dentro. [Entra].

SMERALDINA. Se il padrone mi vede, gli dirò  che venivo in cerca di lui.

TRUFFALDINO. Chi è che me domanda?

SMERALDINA. Sono io, signore. Mi dispiace avervi incomodato.

TRUFFALDINO. Niente; son qua a ricever i suoi comandi.

SMERALDINA. La mia padrona manda questo biglietto al signor Federigo Rasponi.

TRUFFALDINO. Volentieri glielo porterò; ma prima devo farvi un’imbasciata da parte di un galantuomo. Conoscete Truffaldino?

SMERALDINA. Mi pare averlo sentito nominare, ma non me ne ricordo.

TRUFFALDINO. È un bell’uomo  spiritoso, che vi conosce ed è innamorato di voi.

SMERALDINA. Oh! Mi burlate.

TRUFFALDINO. E se potesse sperare, si farebbe avanti subito.

SMERALDINA. Se lo vedessi e mi desse nel genio, gli corrisponderei.

TRUFFALDINO. Vuole che lo faccia vedere?

SMERALDINA. Lo vedrò volentieri.

TRUFFALDINO. Eccolo [Entra nella locanda, esce, fa delle riverenze a Smeraldina]. Lo avete visto? È innamorato della vostra bellezza.

SMERALDINA. Io ho veduto solo voi. Siete voi quello che dice di volermi bene?

TRUFFALDINO. [Sospirando] Sono io.

SMERALDINA. Perché non me l’avete detto prima?

TRUFFALDINO. Perché sono vergognosetto.

SMERALDINA. Oh, anch’io sono vergognosetta.

TRUFFALDINO. Se ci unissimo, faremmo il matrimonio di due persone vergognose.

SMERALDINA. In verità, mi andate a genio.  

TRUFFALDINO. Uno che vi volesse in  moglie come dovrebbe fare?

SMERALDINA. Io non ho né padre, né madre. Bisognerebbe dirlo al mio padrone o alla mia padrona.

TRUFFALDINO. Benissimo, glielo dirò. Datemi la lettera e vi porterò la risposta.

SMERALDINA. Ecco la lettera.

TRUFFALDINO – Apriamola e vediamo cosa c’è scritto.

SMERALDINA – Ma io non so leggere.

TRUFFALDINO – Nemmeno io. A che è servito aprire la lettera?

Arrivano Beatrice/Federico e Pantalone dalla locanda

PANTALONE. [A Smeraldina] Cosa fate qua?

SMERALDINA.  La padrona vi cerca.

A BEATRICE/FEDERICO. C’è un biglietto per voi. (Glielo dà)

BEATRICE/FEDERICO. La signora Clarice mi avvisa delle pazze gelosie di Silvio.

TRUFFALDINO. E Smeraldina l’ha portato a Truffaldino.

PANTALONE. Pettegola disgraziata (rincorre Smeraldina che scappa).

BEATRICE/FEDERICO. (Povera Clarice, è disperata per la gelosia di Silvio; devo scoprirmi e consolarla). Rivolta a  TRUFFALDINO. Perché hai aperta questa lettera? Briccone (lo bastona, poi esce).

TRUFFALDINO. Ahimè.

FLORINDO (arriva, senza vedere BEATRICE/FEDERICO] Come! Si bastona il mio servitore? (A Truffaldino). Chi ti ha bastonato? Perché ti ha battuto?

TRUFFALDINO. Perché ho aperto una lettera.

FLORINDO. Ah, sì? Asino, poltronaccio. [Lo bastona e poi entra nella locanda].

TRUFFALDINO. Adesso posso dir che son servitore di due padroni. Le ho buscate da tutti e due. [Entra nella locanda].

 

ATTO TERZO

 

SCENA I

 

TRUFFALDINO, il CAMERIERE, PANTALONE, SILVIO, BEATRICE/FEDERICO, FLORINDO, BRIGHELLA

 

TRUFFALDINO Dovrei dare un po’ d’aria agli abiti. Qui ci sono i bauli dei miei padroni. Metterò tutto su questo tavolino. (inizia a vuotare i due bauli). Sono bravo: riesco a  servire benissimo due padroni.

FLORINDO. Truffaldino.

TRUFFALDINO. Maledizione! S’è svegliato. Devo chiudere tutto.

Arriva PANTALONE e osserva la scena senza farsi vedere.

FLORINDO. Truffaldino, dammi il vestito.

TRUFFALDINO. La servo. [Gli dà il vestito di Beatrice/Federico; Florindo trova un ritratto].

FLORINDO. (Che è questo? Questo è il mio ritratto, che donai alla mia cara Beatrice). Dimmi, tu, come è entrato nelle tasche del mio vestito questo ritratto?

TRUFFALDINO. Caro signor patron, quel  ritratto è mio. L’ho ereditato dal mio padrone, che è morto.

FLORINDO. Ohimè! Da quanto tempo è morto il tuo padrone? Come si chiamava?

TRUFFALDINO. Non so, signore; viveva in incognito.

FLORINDO. (Forse era Beatrice. Fuggì in abito d’uomo, viveva incognita… Oh me infelice, se fosse morta!) [Con affanno] Dimmi, era torinese il tuo padrone?

TRUFFALDINO. Signor sì, era torinese.

FLORINDO. Ma è veramente morto questo giovine torinese?

TRUFFALDINO. È morto di sicuro.

FLORINDO. (Beatrice è morta. Non posso reggere al dolore). [Entra nella sua camera].

BEATRICE/FEDERICO. Truffaldino. Prendi il  libro di memorie nel baule.

TRUFFALDINO. Signor sì. [Prende un libro e lo dà a Beatrice/Federico]

BEATRICE/FEDERICO. [Lo prende e lo apre] (Queste sono le lettere che ho scritto a Florindo). Truffaldino, come mai nel mio baule vi è questo libro, che non è mio?

 TRUFFALDINO. È roba mia. Ho servito un padrone a Venezia, che è morto, e ho ereditato questo libro.

BEATRICE/FEDERICO. Questo tuo padrone aveva nome Florindo Aretusi?

BEATRICE/FEDERICO. Signor sì, Florindo Aretusi,

BEATRICE/FEDERICO. Ed è morto? Oh me infelice! Morto è Florindo, morto è il mio bene, morta è l’unica mia speranza. A che ora mi serve questa inutile vita? Sventurata Beatrice! Florindo è morto. Oimè! Idolo mio, caro sposo, ti seguirò disperata. [Entra nella sua camera].

PANTALONE. Sono confuso. Non è un uomo, ma una donna. Vado a dirlo a mia figlia.

TRUFFALDINO. Non son più servitor di due padroni, ma di un padrone e di una padrona. [Parte].

Arriva Silvio.

PANTALONE. Signor Silvio, devo darvi una buona notizia. Il matrimonio di mia figlia col signor Federico è andato a monte. Lo dirò anche a mia figlia, che non ne sa niente.

SILVIO. Chi più felice è di me? Qual cuore può esser più contento del mio? [Parte con Pantalone].

BEATRICE/FEDERICO e FLORINDO escono contemporaneamente dalle loro camere.

FLORINDO. Che vedo!

BEATRICE/FEDERICO. Florindo!

FLORINDO. Beatrice!

BEATRICE/FEDERICO. Siete in vita?

FLORINDO. Voi pur vivete?

BEATRICE/FEDERICO. Oh sorte!

FLORINDO. Oh anima mia! [Si abbracciano].

FLORINDO. Chi vi fece credere la mia morte?

BEATRICE/FEDERICO. Il mio servitore.

FLORINDO. Ed il mio mi fece credere voi morta e desideravo morire.

BEATRICE/FEDERICO. A causa di questo libro gli prestai fede.

FLORINDO. Questo libro era nel mio baule. Nelle  tasche del mio vestito ritrovai il mio ritratto.

BEATRICE/FEDERICO. Quei ribaldi de’ nostri servi sono stati la causa del nostro dolore e della nostra disperazione.

FLORINDO. Vostro fratello è morto? Mi fu fatto credere che  fosse vivo, e in Venezia.

BEATRICE/FEDERICO. Quest’è un inganno di chi mi ha preso per Federigo.

FLORINDO. [Vedendo venir Truffaldino] Eccone uno. Vieni, vieni, non aver paura.

BEATRICE/FEDERICO. Non ti vogliamo fare alcun male.

FLORINDO. Orsù, spiegaci come andò la faccenda del cambio del ritratto e del libro.

TRUFFALDINO. Il colpevole che mi fece prendere alla posta la nota lettera era Pasquale, servitore della signora Beatrice. 

FLORINDO. Non cerchiamo altro, signora Beatrice, i nostri servitori non l’hanno fatto con malizia; perdoniamoli.

BEATRICE/FEDERICO. [A Florindo] Devo andare dal signor Pantalone de’ Bisognosi. Mi vestirò come una donna. (entra in camera. Esce vestita da donna)

BEATRICE. Eccomi pronta. Vi aspetto dal signor Pantalone.  [S’avvia per partire].

FLORINDO (a Truffaldino) Vieni a vestirmi.

TRUFFALDINO. Signor padron, Vossignoria deve andare in casa del signor Pantalone.

Vorrei chiederle una grazia. Sono innamorato della serva del signor Pantalone, e vorrei che lei dicesse una parola in mio favore al signor Pantalone

FLORINDO. Sì, lo farò. Speriamo che tu metta un po’ di giudizio. [Entra in camera].

 

SCENA II

 

PANTALONE, il DOTTORE, CLARICE, SILVIO, SMERALDINA, BRIGHELLA,  TRUFFALDINO, POI FLORINDO, POI BEATRICE/FEDERICO

 

PANTALONE. Clarice, il signor Silvio ti chiede perdono.

SILVIO. Signora Clarice, vi amo davvero; il timore di perdervi mi aveva reso furioso.

DOTTORE. Alle preghiere di mio figliuolo aggiungo le mie. Signora Clarice, mia cara nuora, compatitelo.

SILVIO. Cara Clarice mia, per pietà, abbiate compassione di me.

CLARICE. [Sospirando verso Silvio] Crudele!

PANTALONE. [Prende la mano di Silvio e di Clarice] Venite qui, che il cielo vi benedica.

DOTTORE. Via, è fatta.

SILVIO. Perdonatemi, per amor del cielo.

CLARICE. [Sospirando] Ah! Vi ho perdonato.

BRIGHELLA. [Entra] Con bona grazia, si può entrare?

PANTALONE. Signor Brighella, mi avete fatto intendere queste fandonie, mi avete assicurato che il signor Federico era quello.

BRIGHELLA. Caro signore, con quegli abiti pareva proprio lui.

PANTALONE. Basta. Che c’è di nuovo?

BRIGHELLA. La signora Beatrice è qui e vi vorrebbe riverire.

PANTALONE. Venga pure, è la padrona.

CLARICE. Povera signora Beatrice, mi consolo che sia in buono stato.

BEATRICE. Signori, eccomi qui a chiedervi scusa, a domandarvi perdono, se per cagione mia aveste dei disturbi…

CLARICE. Niente, amica, venite qui. [L’abbraccia].

PANTALONE. Signora Beatrice, per esser donna e giovane, avete avuto un bel coraggio.

BEATRICE. Amore fa fare delle gran cose.

SMERALDINA. [A Silvio] Ehi, signore, vi sarebbe il mio matrimonio.

TRUFFALDINO (arriva). Faccio la reverenza a questi signori.

BEATRICE. Ecco il signor Florindo, il mio sposo.

TRUFFALDINO. [A Smeraldina, piano] Giovinetta, vi riverisco.

SMERALDINA. [Piano a Truffaldino] Ciao, morettino. [A Clarice] Signora padrona, il servitore della signora Beatrice mi vorrebbe; s’ella dicesse una parola alla sua padrona, potrei fare la mia fortuna).

CLARICE. Sì, cara Smeraldina, lo farò volentieri. [Torna al suo posto].

FLORINDO (arriva). Servitor umilissimo di lor signori. (A Pantalone] È ella il padrone di casa?

PANTALONE. Per servirla.

FLORINDO. La signora Beatrice deve esser mia sposa, e se volete  onorarci, benedirete le nostre nozze.

PANTALONE. Datevi la mano.

FLORINDO. Son pronto, signora Beatrice.

BEATRICE. Eccola, signor Florindo.

CLARICE. [A Beatrice] Amica, me ne consolo.

BEATRICE. [A Clarice] Ed io di cuore con voi.

SILVIO. [A Florindo] Signore, mi riconoscete? [Accennando Beatrice] Ecco chi mi ha disarmato.

BEATRICE. [A Silvio] Potete dire chi vi ha donato la vita.

SILVIO. Sì, è vero.

CLARICE. [A Silvio] In grazia mia però.

SILVIO. È verissimo.

PANTALONE. Tutto è giusto, tutto è finito.

TRUFFALDINO. Manca il meglio, signori.

PANTALONE. Cosa manca?

TRUFFALDINO. [Piano a Florindo] (Mi ha promesso di domandare al signor Pantalone Smeraldina come mia moglie)

FLORINDO. Signor Pantalone, ardisco di domandarvi una grazia. Il mio servitore bramerebbe per moglie la vostra cameriera; avreste voi difficoltà di accordargliela?

CLARICE. Signor Florindo, dovevo io proporre le nozze della mia cameriera per il servitore della signora Beatrice.

FLORINDO. Allora non tenete in conto quello che vi ho chiesto.

CLARICE. Se non la sposa il vostro, non la deve sposare nemmeno quell’altro.

TRUFFALDINO. Signor Florindo, non avete chiesto Smeraldina per il vostro servitore?

FLORINDO. Sì, non l’hai sentito tu stesso?

TRUFFALDINO. E la signora Clarice, non ha destinato Smeraldina al servitore della signora Beatrice?

CLARICE. Dovevo parlarne sicuramente.

TRUFFALDINO. Bene, Smeraldina, dammi la mano perché io sono servitore del signor Florindo e della signora Beatrice.

FLORINDO. Signora Beatrice, il vostro servitore dov’è?

BEATRICE. Eccolo qui. È Truffaldino

FLORINDO. Truffaldino? Tu hai servito due padroni nel medesimo tempo?

TRUFFALDINO. Signor sì, ho fatto questa bravata. Perdonatemi tutti.

PANTALONE. Perdoniamo Truffaldino e gli diamo in moglie la brava Smeraldina. Evviva!

FINE