La bottega del caffè - Testo rielaborato e ridotto a cura del sito Cultura&Svago

 

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CARLO GOLDONI - La bottega del caffé

 

PERSONAGGI  

 

RIDOLFO caffettiere

DON MARZIO gentiluomo napoletano

EUGENIO mercante

LEANDRO il falso conte

PLACIDA moglie di Leandro

VITTORIA moglie di Eugenio

LISAURA ballerina

PANDOLFO biscazziere

TRAPPOLA garzone di Ridolfo

Il barbiere

Il locandiere

Il capitano degli sbirri

Alcuni sbirri

 

Scena stabile: a Venezia una strada spaziosa con tre botteghe: un caffè, un negozio di barbiere; una sala giochi. Di fronte vi è un caseggiato con due portoni: la casa della ballerina e la locanda.  

ATTO PRIMO  

Scena prima Ridolfo e Trappola  

RIDOLFO Figliuolo, comportatevi bene; siate veloce e pronto a servire gli avventori, con civiltà e proprietà, perché il credito di una bottega si basa sulle buone maniere di coloro che vi lavorano.

TRAPPOLA Caro padrone, alzarsi di buon’ora non fa per me.

RIDOLFO Eppure bisogna alzarmi presto, perché arrivano presto i viaggiatori, i lavoratori e i marinai, che si alzano di buon mattino.

TRAPPOLA Non viene nessuno; si poteva dormire un'altra oretta.

RIDOLFO Ora verrà gente; non è tanto presto. Il barbiere ha aperto e lavora parrucche. Anche il botteghino del gioco è aperto.

TRAPPOLA Oh! quanto alla bisca, è aperta tutta la notte.

RIDOLFO A messer Pandolfo fruttano bene. Non innamoratevi di questo guadagno, perché la farina del diavolo va tutta in crusca.

TRAPPOLA Povero signor Eugenio! Che fine sta facendo!

RIDOLFO Ha poco giudizio! La moglie è una giovane di garbo e lui corre dietro le donne e gioca col conte tutti i suoi denari.

 

Scena seconda Ridolfo e Pandolfo.

 

PANDOLFO Caffè.  

RIDOLFO Trappola, date il caffè a messer Pandolfo. Accomodatevi. Vi siete divertito anche voi a giocare?

PANDOLFO Sì, un po’.

RIDOLFO Amico, non sta bene che il padrone della bottega giochi: se perde, si fa burlare, se guadagna, fa nascere sospetti.

PANDOLFO Mi basta che non mi burlino; che sospettino quanto vogliono. Ho guadagnato due zecchini ad un garzone d'orefice.

RIDOLFO Malissimo: spingete i giovani a rubare ai loro padroni.

PANDOLFO Eh! non mi venite a moralizzare. Non faccio  bricconate. So giocare. Son fortunato e per questo vinco.

RIDOLFO Il signor Eugenio ha giocato stanotte?

PANDOLFO Ha perso cento zecchini in contanti, e ora perde sulla parola col signor Conte. 

RIDOLFO Poveraccio! Il gioco non è da galantuomini.

Scena terza Don Marzio, Ridolfo e Trappola

 

DON MARZIO Caffè!

RIDOLFO Subito, sarà servito.

DON MARZIO Non si vede ancora veduto nessuno.

RIDOLFO È ancora presto. Ecco il caffè. (con sdegno) (tra sé)

DON MARZIO Si è veduto il signor Eugenio?

RIDOLFO Illustrissimo signor no.

DON MARZIO Mi ha chiesto in segreto di prestargli dieci zecchini in cambio di un paio di orecchini di sua moglie.

RIDOLFO Tutti possono avere difficoltà, ma nessuno ha piacere che si sappia; è venuto da lei, sicuro che non dirà niente a nessuno.

DON MARZIO Oh io aiuto tutti e non me ne vanto. Ecco gli orecchini di sua moglie (li mostra). Gli ho prestato dieci zecchini; li valgono? Chiamate il vostro garzone. Ehi, Trappola.

TRAPPOLA Eccomi.

DON MARZIO Va’ dal gioielliere, mostragli questi orecchini e chiedi se valgono i dieci zecchini che gli ho prestato.

TRAPPOLA Subito.

DON MARZIO Sì. Chiedi anche al barbiere se può farmi la barba.

TRAPPOLA La servo (tra sé) (per dieci quattrini vuole bere il caffè e vuole un servitore a suo comando.) (entra dal barbiere) (torna) Il barbiere è occupato. Non appena avrà finito, vi servirà.

DON MARZIO Bravo. Va’ a far vedere gli orecchini.

(TRAPPOLA parte)

 

Scena quarta Don Marzio,  Ridolfo, poi Eugenio.

 

DON MARZIO Ridolfo, non sapete niente della ballerina? Io sì.

RIDOLFO Io non mi interesso dei fatti degli altri.

DON MARZIO Ma bisogna saper qualcosa per potersi regolare. È protetta dal conte Leandro, che se ne approfitta, briccone!

RIDOLFO Io son qui tutto il giorno, e posso attestare che in casa sua vedo solo il conte Leandro.

DON MARZIO Non potete controllare la porta di dietro, pazzo!

RIDOLFO Io non m’impiccio di nessuno.

 

Scena quinta Pandolfo, Eugenio e Don Marzio.

 

PANDOLFO Signor Eugenio, una parola. (lo tira in disparte)

EUGENIO So quel che volete dirmi. Ho perso trenta zecchini sulla parola. Son galantuomo, li pagherò.

PANDOLFO Ma il signor Conte aspetta. Dice che ha rischiato i suoi denari e vuol essere pagato.

EUGENIO  (a Pandolfo) Ha vinto cento zecchini in contanti.

PANDOLFO Sentite, per salvare la vostra reputazione, vi posso procurare trenta zecchini.

EUGENIO Animo, Pandolfo, trovatemi questi trenta zecchini.

PANDOLFO Io ho un amico che ve li darà; ma occorre un regalo.

EUGENIO Ho delle tele; le venderò e pagherò.  

DON MARZIO Messer Pandolfo, che avete col signor Eugenio?

PANDOLFO Un piccolo affare, che deve restar segreto.

DON MARZIO Io sono amico del signor Eugenio, conosco i suoi segreti. Gli ho prestati dieci zecchini in cambio degli orecchini di sua moglie e non ne parlo. (a Eugenio) Avete perso? Avete bisogno di nulla? Son qui.

EUGENIO Ho perso sulla parola trenta zecchini.

DON MARZIO Trenta zecchini, e dieci, che ve ne ho dati, sono quaranta, gli orecchini non possono valer tanto,

PANDOLFO Trenta zecchini li troverò.

DON MARZIO Bravo; trovatene quaranta; quando mi darete i miei dieci, vi darò gli orecchini.

EUGENIO Vi prego, parlate col signor Conte, chiedete che mi dia tempo ventiquattr'ore; son galantuomo, lo pagherò.

PANDOLFO Egli deve andar via, e vuole il danaro subito.

EUGENIO Se potessi vendere una delle mie tele, farei presto.

PANDOLFO Volete che cerchi io il compratore?

EUGENIO Sì, caro amico, fatemi il piacere, vi pagherò il disturbo.

PANDOLFO Vado dal signor Conte. (va alla bottega del gioco)

EUGENIO Oh bravo! (chiama forte) Caffè!

RIDOLFO Subito vi servirò. (va in bottega)

DON MARZIO (ad Eugenio) Avete perso molto?

EUGENIO Cento zecchini riscossi ieri, e poi trenta sulla parola.

 

Scena sesta Don Marzio ed Eugenio, poi Ridolfo.

 

DON MARZIO Avete saputo della ballerina? Il Conte la mantiene.

EUGENIO Può mantenerla, vince zecchini a centinaia.

DON MARZIO Io sono informato di tutto. So quando vi va, quando esce. So tutto.

RIDOLFO (col caffè) Ecco qui il caffè. (ad Eugenio)

DON MARZIO Ah! So tutto della ballerina. Chi vuol sapere quel che passa in casa delle virtuose e delle ballerine, venga da me.

RIDOLFO Tutti considerano la ballerina una donna per bene. In casa sua non va nessuno.

DON MARZIO Una donna per bene? Ma che dite? In casa sua vanno per la porta di dietro, flusso e riflusso.

EUGENIO Ella pare una ragazza piuttosto savia.

DON MARZIO Savia? Il conte la mantiene e da lei va chi vuole.

EUGENIO Io ci ho provato e non ho ottenuto niente. Vengo qui ogni giorno; e non ho visto mai nessuno.

DON MARZIO Non sapete che ha la porta segreta? Vanno di là.

 

Scena settima Il barbiere, Don Marzio, Eugenio, Ridolfo.

 

BARBIERE (a Don Marzio) Illustrissimo, venite a farvi la barba.

DON MARZIO Vado, poi vi dirò il resto. (va)

EUGENIO Che dite, Ridolfo, della ballerina?

RIDOLFO Non credete al signor Don Marzio. Quella è la porta della stradetta (la indica); giuro che di là in casa non va nessuno.

EUGENIO Ma il Conte la mantiene?

RIDOLFO Il Conte la vuole sposare.

EUGENIO Non vi sarebbe niente di male; ma dice signor Don Marzio che in casa vi va chi vuole.

RIDOLFO Ed io vi dico che non ci va nessuno.

 

Scena ottava Eugenio e Ridolfo.

 

RIDOLFO Caro signor Eugenio, come avete potuto intrigarvi con lui? Non avevate altri a cui chiedere dieci zecchini in prestito?

EUGENIO Anche voi lo sapete?

RIDOLFO L'ha detto qui pubblicamente in bottega.

EUGENIO Caro amico, devo pagare trenta zecchini. Ho due pezze di stoffa; se riesco a venderle, mi libero da don Marzio.

RIDOLFO Posso interessarmi io a venderle. Fatemi un ordine di consegna delle due pezze ed io vi presterò i trenta zecchini.

EUGENIO Sì, caro, vi sarò obbligato. Saprò le mie obbligazioni.

RIDOLFO Non voglio nemmeno un soldo. Lo farò per la buona memoria di vostro padre, che è stato mio buon padrone.

EUGENIO Voi siete un gran galantuomo.

RIDOLFO Vi prego di scrivere l'ordine.

EUGENIO Son qui; dettatelo voi, ch'io scriverò.

RIDOLFO (detta) Consegnerete a Messer Ridolfo Gamboni due pezze di panno affinché egli le venda per conto mio, avendomi prestato zecchini trenta. Mettete la data e sottoscrivete.

EUGENIO Ecco fatto.

RIDOLFO Prendete, ecco trenta zecchini.

EUGENIO Caro amico, vi sono obbligato.

RIDOLFO Signor Eugenio, vado, ma questa è la strada della rovina.  Lasciate andare il gioco, pensate a vostra moglie. (parte)  

 

Scena nona Eugenio e Lisaura.  

 

EUGENIO Mia moglie, povera disgraziata, questa notte non mi ha veduto. Che avrà pensato? Le voglio bene, ma mi piace di più la mia libertà. Devo metter giudizio. (vede Lisaura) Padrona riverita!

LISAURA Serva umilissima!

EUGENIO Comandate che vi faccia servire il caffé?

LISAURA Bene obbligata: non incomodatevi.

EUGENIO Io mi degno di tutto; via, staremo insieme un po’.

LISAURA Perdonatemi, non apro con tanta facilità.

EUGENIO Aprite, via, non facciamo scene.

LISAURA Di grazia, signor Eugenio, avete visto il conte Leandro?

EUGENIO Magari non lo avessi veduto. Aprite, vi dirò ogni cosa.

LISAURA Vi dico, signore, che io non apro a nessuno.

 

Scena decima Leandro, Eugenio e Lisaura.

 

EUGENIO Vedete questa signora? Non mi vuole aprire la porta.

LEANDRO Con chi credete che di avere a che fare?

EUGENIO Per quel che dice Don Marzio, flusso e riflusso.

LEANDRO Menzogne. E datemi subito i miei trenta zecchini.

EUGENIO Ve li darò. Ho ancora ventiquattr'ore per pagare.

LEANDRO Vedete, signora Lisaura? Non ha un soldo, e pretende di fare il grazioso.

EUGENIO Ecco trenta zecchini. Tenete e imparate a parlare coi galantuomini della mia sorta. (siede nella bottega del caffé)

LEANDRO (tra sé) (a Lisaura) Aprite!

LISAURA Andate al diavolo!

LEANDRO Aprite! (le mostra gli zecchini nel Cappello)

LISAURA Per questa volta vi apro. (apre)

EUGENIO Lui sì, ed io no? Gliela farò pagare.

 

Scena undicesima Placida ed Eugenio.

 

PLACIDA (vestita da pellegrina, ad Eugenio) Signore, per amor del cielo, datemi qualche cosa.

EUGENIO Chi siete? Perché girate il mondo?

PLACIDA Per bisogno di tutto. Io sono piemontese. Mio marito è un mercante fannullone e mi ha abbandonata. Vi prego di aiutarmi.  A Venezia non conosco nessuno, non ho danari, son disperata.

EUGENIO Che cosa siete venuta a fare a Venezia?

PLACIDA A trovare quel disgraziato di mio marito.

EUGENIO Mascheratevi, così lo troverete più facilmente.

PLACIDA Non so nemmeno dove alloggiare.

EUGENIO (tra sé) Se volete, questa è una buona locanda. Eccovi mezzo ducato. (tra sé) (Tutto quello che mi è avanzato dal gioco.)

PLACIDA Ringrazio la vostra pietà. (entra in locanda)

 

Scena dodicesima Don Marzio, Eugenio.

 

DON MARZIO (La pellegrina mi pare la stessa che ll'anno scorso che veniva ogni sera a domandar l'elemosina). C’è Trappola? Ha riportati gli orecchini che mi ha dati in pegno il signor Eugenio?

EUGENIO Che cosa dite di me?

DON MARZIO Bravo, con la pellegrina!

EUGENIO Non si può assistere una povera creatura bisognosa?

DON MARZIO Sì, la conosco. Veniva qui l'anno scorso ogni sera.

EUGENIO Lei dice che non è mai stata a Venezia.

DON MARZIO Povero gonzo! Il mio occhialetto non sbaglia. È  una pellegrina, che invece d'essere alloggiata, cerca di alloggiare.

EUGENIO Adesso voglio sapere la verità. (entra nella locanda)

 

Scena tredicesima Don Marzio, poi Vittoria.  

VITTORIA Don Marzio, avete visto mio marito?

DON MARZIO Sì, signora. È in questa locanda con una pellegrina.

VITTORIA Uomo senza giudizio! Vuol perdere la reputazione.

DON MARZIO Questa notte ha perso cento zecchini in contanti e trenta sulla parola. Gli restano soltanto le tele e poi è finito.

VITTORIA Spero che non stia per andar in rovina.

DON MARZIO Ha impegnato tutto! Ha impegnato a me... Basta. Son galantuomo, non voglio dir altro.

 

Scena quattordicesima Trappola, Don Marzio, Vittoria.

 

TRAPPOLA (Oh! La signora Vittoria! Non deve sentire) (tra sé)

DON MARZIO (piano a Trappola) Cosa dice il gioielliere?

TRAPPOLA (piano a Don Marzio) Dice che non valgono dieci.

DON MARZIO (a Vittoria) Vedete che fa vostro marito? Mi dà in pegno questi orecchini per dieci zecchini, e non li valgono.

VITTORIA Questi sono i miei orecchini.

DON MARZIO Datemi dieci zecchini e ve li do.

VITTORIA Ne valgono di più. Aspettate, troverò i dieci zecchini.

DON MARZIO Non aspetterò; chiederò ai gioiellieri di Venezia.

VITTORIA Non dite che sono miei, salvate la mia reputazione.

DON MARZIO Che importa a me della vostra reputazione! Chi non vuol che si sappia, non faccia pegni. (parte)

VITTORIA Che  incivile! Trappola, è vero che mio marito si diverte con una forestiera?

TRAPPOLA No, è una ballerina e vive in questa casa (la indica).

VITTORIA Come può rovinarsi così? Ma io mi difenderò, parlerò, dirò le mie ragioni; e se non basta, ricorrerò alla giustizia.

TRAPPOLA Eccolo, che viene dalla locanda.

VITTORIA Caro amico, lasciatemi sola. (Trappola esce)

 

Scena quindicesima Vittoria, poi Eugenio.

 

VITTORIA Voglio mascherarmi. (si maschera)

EUGENIO Mascherina? Siete muta? Volete caffè?

VITTORIA Non ho bisogno di caffè, ma di pane. (si smaschera)

EUGENIO Voi! Che cosa fate qui?  Andate subito a casa vostra!

VITTORIA Ah, sì? Io a casa e voi a divertirvi?

EUGENIO Voi andate a casa, ed io resterò dove vorrò.

VITTORIA Andrò da mio padre, il quale saprà chiedervi ragione del vostro procedere e della mia dote.

EUGENIO Brava, signora. Questo è il gran bene che mi volete; questa è la premura che avete di me e della mia reputazione.

VITTORIA Ho tanto sofferto, ho tanto pianto, ora non posso più.

EUGENIO Alla fine, che cosa vi ho fatto?

VITTORIA Tutta la notte a giocare! Mi ha detto Don Marzio che avete perduto cento zecchini in contanti e trenta sulla parola.

EUGENIO Non gli credete: non è vero.

VITTORIA Vi siete divertito con la pellegrina. Avete impegnato i miei  orecchini, senza dir nulla a me, moglie amorosa e onesta?

EUGENIO Come avete saputo degli orecchini?

VITTORIA Me l'ha detto il signor Don Marzio.

EUGENIO Ah linguaccia!

VITTORIA Siete rovinato e voglio mettere al sicuro la mia dote.

EUGENIO Vittoria, se mi voleste bene, non parlereste così.

VITTORIA Vi voglio bene anche troppo, e se non vi avessi amato tanto, sarebbe stato meglio per me.

EUGENIO Andrete da vostro padre? Non avete fiducia in me?

VITTORIA Tornerò quando avrete messo giudizio.

EUGENIO Non seccatemi. Se aveste dignità, non verreste a cercare vostro marito in una bottega da caffè.

VITTORIA Non ci verrò più. Ho agito da moglie innamorata. M'avete con ingratitudine risposto; non mi vedrete mai più. (parte)

EUGENIO Se mi porta via la dote, son rovinato, ma la prenderò con le buone. Basteranno quattro carezze per consolarla. (esce)

 

ATTO SECONDO

 

Scena prima Ridolfo ed Eugenio.

 

RIDOLFO (tra sé) Le pezze le ho vendute a tredici lire il braccio, ma non  glieli voglio dar tutti, altrimenti li consuma in un giorno.

EUGENIO Ebbene, amico Ridolfo, avete venduto le pezze?

RIDOLFO Ho venduto una parte in contanti: quaranta zecchini.

EUGENIO Via, non è male. Datemeli.

RIDOLFO Piano, signor Eugenio: vi ho prestato trenta zecchini.

EUGENIO Tenete trenta zecchini, datene dieci a me.

RIDOLFO Coi dieci zecchini dovrete pagare il signor Don Marzio.

EUGENIO Sì, bisogna pagarlo. Ma io devo restar senza danari?

RIDOLFO Pagate Don Marzio e recuperiamo gli orecchini. Io voglio aiutarvi; lo faccio per gratitudine verso vostro padre.

EUGENIO Voi siete un uomo molto proprio e civile; è peccato che facciate questo mestiere; meritereste miglior fortuna.

RIDOLFO Io mi contento, ho un mestiere onesto e non scambierei il mio stato con nessuno. Non mi manca niente

EUGENIO Che uomo di garbo; magari io fossi come lui. (esce)

 

Scena seconda Don Marzio e Ridolfo

 

DON MARZIO Gli orefici mi dicono che non valgono dieci zecchini. Non darò più soldi a nessuno. Dove sarà Eugenio? RIDOLFO Signore, avete voi gli orecchini del signor Eugenio? Prendete i dieci zecchini, date a me i pendenti.

DON MARZIO Li porterò io subito alla signora Vittoria.

 

Scena terza Eugenio e Pandolfo, poi Ridolfo

 

PANDOLFO Signor Eugenio, ho trovato un compratore  a otto lire al braccio.

EUGENIO Che dite? Ridolfo lo ha venduto a tredici lire.

PANDOLFO Ma io vi faccio dare tutti i denari uno sopra l'altro. Col denaro alla mano, al di d'oggi, bisogna accontentarsi.

EUGENIO Ma se costa a me dieci lire. Beh, meglio di niente.

RIDOLFO Signor Eugenio, che succede?  Posso sapere qualcosa?

EUGENIO Ho bisogno di denari e devo vendere altre due pezze. Mi devo accontentare di otto lire a braccio, ma sono in contanti.

RIDOLFO Volete svendere la roba così miseramente? Vendendo a otto lire il braccio guadagnerete quarantaquattro zecchini.

PANDOLFO Dite quaranta. I rotti vanno per la senseria, a me.

RIDOLFO (Che ladro!) Se invece vendete, come vi ho promesso io,  le pezze a tredici lire, guadagnerete settanta zecchini e venti lire. Io vi ho già dato prima trenta zecchini, e poi dieci; e dieci degli orecchini che ho ricuperati, sono cinquanta; dunque avete avuto dieci di più di quello che vi dà subito il signor sensale!

EUGENIO Avete ragione; ma adesso ho necessità di danari.

RIDOLFO Ecco venti zecchini, uno sull'altro, senza senseria.

EUGENIO Vi ringrazio; (a Pandolfo) da voi non mi occorre altro.

PANDOLFO (di nascosto, chiede a Eugenio se vuol giocare)

EUGENIO (di nascosto fa segno che andrà a giocare anche lui)

EUGENIO Raccontate, Ridolfo. Avete avuto subito i danari?

RIDOLFO Li avevo già in tasca, ma non volevo farveli sprecare.

EUGENIO Mi fate torto a dirmi così;  dove sono gli orecchini?

RIDOLFO Don Marzio ha portato gli orecchini a vostra moglie.

EUGENIO Se sapeste come era arrabbiata! Voleva andar da suo padre, voleva la sua dote. Ma l’ho sistemata con quattro carezze.

RIDOLFO Signor Eugenio, avete una bella moglie; che volete di più? Lasciate il gioco e andate a casa, consoli la vostra cara sposa.

EUGENIO Dite bene, vi ringrazio davvero.

PANDOLFO (fa cenno che l'aspetta, Eugenio fa cenno che andrà)

EUGENIO Sì, vado. (Di nascosto entra nella bottega del gioco)

 

Scena quarta Lisaura e Don Marzio.

 

DON MARZIO (guarda Lisaura con l’occhialetto) Servitor suo.

LISAURA Serva umilissima.

DON MARZIO State bene?

LISAURA Per servirvi.

DON MARZIO Avete visto il conte Leandro?  Aprite, parleremo.

LISAURA Scusate, io non ricevo visite.

DON MARZIO Verrò per la porta di dietro.

LISAURA Io non apro a nessuno. Io sono una donna onorata.

 

Scena quinta Placida, Don Marzio, Lisaura.

 

PLACIDA (Non vedo più il signor Eugenio.)

DON MARZIO (a Lisaura dopo avere osservato Placida con l'occhialetto) Ehi! Avete veduto la pellegrina?

LISAURA E chi è?

DON MARZIO È mantenuta dal signor Eugenio.

LISAURA Con un uomo sposato? Me ne vado. Non voglio star qui, quando di fronte abita una persona del genere. (esce)

 

Scena sesta Placida, Don Marzio.

 

DON MARZIO Oh, oh, la ballerina si ritira per paura di perdere il suo decoro! (coll'occhialetto) Signora pellegrina, vi riverisco.

PLACIDA Serva devota.

DON MARZIO Dov'è il signor Eugenio?

PLACIDA Conoscete il signor Eugenio?

DON MARZIO Siamo amici. Sono stato, poco fa, da sua moglie.

PLACIDA Dunque il signor Eugenio ha una moglie?

DON MARZIO Sì, è sposato, ma gli piace divertirsi coi bei visetti: avete veduto quella signora a quella finestra?

PLACIDA L'ho veduta; mi ha fatto la finezza di uscire, senza parlare, dopo avermi ben guardata.

DON MARZIO Quella dice di essere ballerina, ma… m'intendete.

PLACIDA È una poco di buono?

DON MARZIO Sì; e il signor Eugenio è uno dei suoi protettori.

 (Placida esce)

 

Scena settima Ridolfo, Don Marzio, poi Eugenio, Leandro, Lisaura.

 

RIDOLFO C’è al mondo anche della gente onorata. Non sappiamo chi sia quella pellegrina.

DON MARZIO Io lo so. È quella dell'anno scorso.

RIDOLFO Io non l'ho più veduta.  

EUGENIO (allegro e ridente) Schiavo, signori, padroni cari.

RIDOLFO Come! Qui il signor Eugenio?

EUGENIO (ridendo) Certo; sono qui. Ho vinto, sissignore.

DON MARZIO Oh! Che miracolo!

EUGENIO Beh? Non posso vincere? Chi sono, uno stordito?

RIDOLFO Signor Eugenio, è questo il proposito di non giocare?

EUGENIO Ho vinto. Oggi non potevo proprio perdere.

LEANDRO Si è guadagnato i miei denari e mi stava sbancando.

DON MARZIO (ad Eugenio) Ma quanto avete vinto?

EUGENIO (con allegria) Eh, sei zecchini.

RIDOLFO (tra sé) (Oh pazzo! Ieri ne ha perduti cento e trenta, e oggi gli pare di aver vinto un tesoro averne guadagnati sei.)

LEANDRO (A volte bisogna lasciar vincere per allettare.)

DON MARZIO (a Eugenio) Che volete fare di questi sei zecchini?

EUGENIO Se volete che li mangiamo, io ci sto. Andiamo all'osteria? Ognuno pagherà la sua parte.

DON MARZIO Io con voi galantuomini vengo dappertutto.

LEANDRO In compagnia d'amici farò venire la ballerina. (Va e torna dando la mano a Lisaura) Eccoci, eccoci.

EUGENIO (a Lisaura) Padrona mia riverita.

DON MARZIO Schiavo suo. (guarda Lisaura con l'occhialetto)

LISAURA Serva di lor signori.

LOCANDIERE – Ecco il pranzo per lor signori.

(Il locandiere serve in tavola. Tutti allegri mangiano.

 

Scena ottava Tutti i precedenti, più Vittoria mascherata.

 

(Dopo aver finito, escono dalla locanda ed entrano nella bottega del caffè brindando cantando allegramente)

EUGENIO (cantando) “Viva, viva i buoni amici”.

VITTORIA (arriva dalla strada sente il chiasso, riconosce la voce del marito, lo vede e smania).

EUGENIO (fa un brindisi) Signora maschera, alla vostra salute!

LISAURA Chi è questa maschera?

VITTORIA Mi sento male. Voglio ammazzarmi sotto i suoi occhi.

EUGENIO (brinda) Evviva quella bella giovane. Che begli occhi.

VITTORIA Aiuto, muoio. (cade svenuta)

(Leandro entra nella bottega del gioco)

 

Scena Placida, Leandro, Eugenio, Don Marzio.

 

Dalla bottega del gioco escono in allegria Leandro ed Eugenio)

LEANDRO Evviva la bella fortuna del signor Eugenio!

PLACIDA (tra sé) (Ecco mio marito.) Io mi sento morire.

LEANDRO (nel vedere Placida, fa il gesto di volerla uccidere, Placida fugge verso la locanda).

EUGENIO No, fermatevi!

DON MARZIO (arrivando) Non fatelo!

PLACIDA Aiuto, Aiuto! (arriva alla locanda, inseguita da Leandro. Eugenio insegue Leandro Placida. Don Marzio fugge)

LEANDRO (ad Eugenio) Andate via, non sono fatti vostri.  

EUGENIO Mai. Difenderò io vostra moglie. Non ho paura di voi. (lo minaccia a gesti)

LEANDRO (preoccupato, fugge in casa della ballerina)

 

Scena Eugenio, Vittoria e Ridolfo.

 

EUGENIO (verso la casa) Vile, venite fuori, se avete coraggio.

VITTORIA (ad Eugenio) Se volete sangue, spargete il mio.

EUGENIO Via di qui, andate via, o farò qualche sproposito.

VITTORIA Uccidetemi, traditore, disgraziato senza coscienza.

EUGENIO (intimorito, si asciuga gli occhi e non parla)

RIDOLFO (ad Eugenio) Signor Eugenio, non siete intenerito?

(a Vittoria) Il signor Eugenio piange, si pentirà, cambierà vita.

VITTORIA Lacrime di coccodrillo! Non gli credo; è un traditore.

EUGENIO (arrabbiato, si allontana dalla scena)

RIDOLFO È in soggezione. Vorrebbe scusarsi e non sa come fare.

VITTORIA Andate a cercarlo.  Questa è l'ultima volta che piango. O si pente e tornerà ad essere il mio caro marito; o persiste e non sopporterò più le sue ingiurie. (escono Ridolfo e Vittoria)

 

ATTO TERZO

 

Scena prima (A casa di Lisaura) Leandro, Lisaura e Don Marzio.

 

LISAURA Andate via da casa mia.

LEANDRO A me un simile trattamento?

LISAURA Sì, a voi, falsario, impostore!

LEANDRO Eh, via! Ho abbandonato mia moglie per causa vostra.

LISAURA Se vi avessi saputo ammogliato, non vi avrei mai ricevuto in mia casa. Non tornate più da me. 

LEANDRO Ci verrò a prendere la mia roba.

LISAURA Non tornate. La metterò davanti al portone di casa.

DON MARZIO (si avvicina e guarda con l’occhialetto). (a Leandro) Che problemi avete? Confidatevi con me; garantisco, da buon amico, che non dirò i fatti vostri a nessuno.

LEANDRO Voglio credervi: vi aprirò il mio cuore in gran segreto. La  pellegrina è mia moglie. L’ho abbandonata a Torino.

DON MARZIO (tra sé, guardandolo con l'occhialetto) (Briccone!)

LEANDRO Non sono conte, sono un poveraccio; non mi andava di  lavorare e volevo vedere un po’ il mondo, così venni a Venezia...

DON MARZIO (fra sé) (A fare il birbante).

LEANDRO Che guaio! Speriamo che mia moglie non mi veda.  Prenderò la mia roba e andrò via. Vi raccomando la segretezza. (si avvia al portone di Lisaura)

DON MARZIO Andate e non fatevi vedere. (tra sé) Briccone! Meriterebbe tante bastonate!

 

Scena seconda Placida e Don Marzio, poi Ridolfo ed Eugenio.

 

PLACIDA (avvicinandosi) Dov’è quel traditore di mio marito?

DON MARZIO Non lo so e non lo dico. Se lo trovate, vi ammazza.

PLACIDA Pazienza. Vorrei vederlo.

DON MARZIO È andato dalla ballerina, poi partirà  (esce)

(Arrivano Ridolfo ed Eugenio, che parlano tra di loro) 

RIDOLFO State tranquillo, signor Eugenio. La signora Vittoria vi  ha già perdonato.

PLACIDA Siete voi, signor Eugenio? Vi prego, aiutatemi.

EUGENIO Credetemi, Ridolfo, questa povera donna merita tanta compassione; è onestissima, e suo marito è un briccone.

PLACIDA So che sta prendendo la sua roba a casa della ballerina, poi se ne andrà.

RIDOLFO Allontanatevi, signora; lasciate fare a me. (Placida si allontana. Eugenio entra nella bottega del caffè per parlare con Vittoria)

 

 

Scena terza Trappola, Don Marzio, poi Pandolfo.

 

DON MARZIO Trappola, si è visto il signor Eugenio?

TRAPPOLA Sì, è dentro la bottega.

DON MARZIO Caffè. (siede)

TRAPPOLA Subito. (va a prendere il caffè e glielo porta)

PANDOLFO Illustrissimo, ho bisogno della vostra protezione.

DON MARZIO Che c'è, biscazziere? Confidatemi, che v'aiuterò.

PANDOLFO Pensate un po’: io, un uomo così onorevole, sono stato querelato come baro di carte.

DON MARZIO (ironico) Bricconi! A un galantuomo della vostra sorta! Come l'avete saputo?

PANDOLFO Me l'ha detto un amico, ma non hanno prove.

DON MARZIO Io potrei raccontarne delle belle sulle tua abilità!

PANDOLFO Non rovinatemi; datemi la vostra protezione.

DON MARZIO Vi proteggerò. Lasciate fare a me. Ma badate bene. Avete carte segnate in bottega? Nascondetele con cura in un luogo segreto. Io non parlerò.

PANDOLFO Le nascondo in bottega sotto le travature. (entra)

DON MARZIO Va bene, siete proprio un gran furbo!

 

Scena quarta Don Marzio, il capo con gli sbirri, poi Trappola.

 

DON MARZIO Costui rischia la galera. Se qualcuno scopre la metà delle sue bricconate, lo chiudono subito in prigione.

CAPO (agli sbirri) Girate qui intorno, e quando chiamo venite.  (siede) Caffè!

TRAPPOLA La servo. (va per il caffè, e lo porta)

CAPO Che belle giornate. Godiamoci il tempo finché è buono. Questa bottega vicina mi pare onorata.

DON MARZIO Onorata? È un ridotto di ladri.

CAPO Mi pare che il padrone sia messer Pandolfo.

DON MARZIO Egli per l'appunto. È un grandissimo baro. Tutti  cadono nel suo trabocchetto.

CAPO Come mai non si vede?

DON MARZIO Volete ridere? È in bottega, che nasconde le carte sotto le travature. Ma voi, chi siete? Non mi pare di conoscervi.

CAPO Or ora mi conoscerete.

TRAPPOLA (al Capo) Eh? Signore; il caffè.

CAPO Eccomi. (Fischia. Subito gli sbirri entrano da Pandolfo, lo prendono e lo legano)

 

Scena quinta Pandolfo, gli sbirri, il capo e Don Marzio.

 

PANDOLFO Signor Don Marzio, vi sono obbligato.

DON MARZIO A me? Non so nulla.

PANDOLFO Io andrò forse in galera, ma la vostra lingua merita la berlina. (va via con gli sbirri)

CAPO (a Don Marzio) L’ho trovato che nascondeva le carte. (esce)

DON MARZIO Oh, che ho fatto! Colui che credevo un signore era uno sbirro travestito. Mi ha tradito, mi ha ingannato.

 

Scena sesta Ridolfo, Leandro e Don Marzio.

 

RIDOLFO (a Leandro) Bravo; chi intende la ragione è un uomo di garbo; in questo mondo abbiamo solo il buon nome, la fama e la reputazione.

LEANDRO Ecco colui che mi ha consigliato di partire (indica Don Marzio).

RIDOLFO Bravo, Don Marzio; voi date questi consigli; invece di farlo riunire alla moglie lo persuadete ad abbandonarla e andar via?

DON MARZIO Unirsi con la moglie? Impossibile, non la vuole.

RIDOLFO Per me è stato possibile: l'ho persuaso a tornare con lei.

LEANDRO (tra sé) (Per forza, per non finire in rovina.)

RIDOLFO Su, andiamo a chiamare la signora Placida.

 

Scena settima Don Marzio, poi Ridolfo.

 

DON MARZIO Si lamentano della mia lingua, e a me pare di parlare bene. Dico quello che so perché sono di buon cuore.

(vede tornare RIDOLFO) Gran Ridolfo! Voi unite i matrimoni.

RIDOLFO E voi siete quello che cerca di disunirli.

DON MARZIO Io l’ho fatto per far bene.

RIDOLFO Da una cosa cattiva non nasce mai una buona. Separare il marito dalla moglie è contro ogni legge e crea gravi problemi.

DON MARZIO Ehi, voi osate parlare da temerario. Vi toglierò la mia protezione. Non verrò più alla vostra bottega.

RIDOLFO (tra sé) (Oh, il cielo lo volesse!) 

 

Scena ottava Ridolfo, Eugenio e Vittoria.

 

(Arrivano insieme Ridolfo e Vittoria)

VITTORIA Caro Ridolfo, vi debbo la pace, la quiete, la vita.

EUGENIO Amico, ero stufo di far questa vita, ma non sapevo come staccarmi dai vizi. Mi avete aperto gli occhi, mi avete illuminato: sono un altro uomo, sarò savio e dabbene, come voi.

RIDOLFO Dite troppo, signore: io non merito tanto.

VITTORIA Finché sarò viva mi ricorderò sempre del bene che mi avete fatto. Mi avete restituito il mio consorte, l'unica cosa buona in questo mondo. Ho versato tante lagrime per riacquistarlo; ma sono lagrime d'amore e di tenerezza, che mi riempiono l'anima di diletto, mi fanno scordare ogni affanno, rendendo grazie al cielo.

RIDOLFO Mi fate piangere dalla consolazione.

DON MARZIO (guardando con l'occhialetto) (Oh pazzi maledetti!)

RIDOLFO Sapete la novità? Pandolfo è in prigione.

EUGENIO Bene, se lo merita, quel briccone! (esce con Ridolfo e Vittoria)

 

Scena nona Don Marzio, Leandro e Placida.

 

DON MARZIO (guardando con l’occhialetto Eugenio e Vittoria, tra sé) Io so perché Eugenio è tornato da sua moglie. Egli è un fallito e non ha più da vivere. La moglie è giovane e bella...

LEANDRO Andiamo alla locanda a prendere il vostro bagaglio.

PLACIDA Caro marito, avete avuto tanto cuore di abbandonarmi?

LEANDRO Non ne parliamo più. Vi prometto di cambiare vita.

PLACIDA Lo voglia il cielo. (vanno alla locanda)

 

Scena decima Lisaura e Don Marzio, poi Placida.

 

LISAURA Vedo la pellegrina con Leandro. Non voglio vederla.

DON MARZIO (coll'occhialetto) Schiavo, signora ballerina. Che cosa avete? Mi parete alterata.

LISAURA Mi meraviglio del locandiere, che ha nella sua locanda quella pellegrina, che è una donna di mal affare.

PLACIDA Eh, signorina, io sono una donna onorata, non so se si potrà dire la stessa cosa di voi.

LISAURA Se foste una donna onorata, non andreste in giro per il mondo disonestamente.

DON MARZIO (ascolta, osserva coll'occhialetto e ride)

PLACIDA Io son venuta in cerca di mio marito.

LISAURA Ah, sì? E l’anno scorso chi cercavate?

PLACIDA Non sono mai stata a Venezia (Don Marzio osserva)

LISAURA Bugiarda. Già l’anno scorso facevate birbonerie. Lo ha detto Don Marzio.

PLACIDA Don Marzio non può aver detto di me tale iniquità.

DON MARZIO Io non l'ho detto. (guardando con l'occhialetto) 

EUGENIO E’ vero, ha detto che la pellegrina l'anno scorso birboneggiava a Venezia e che la signora ballerina riceve visite a casa di nascosto.

VITTORIA A me ha detto che mio marito praticava la ballerina e la pellegrina; me le ha dipinte come due scelleratissime femmine.

PLACIDA Ah scellerato!

LISAURA Ah maledetto!

 

Scena undicesima Leandro, Don Marzio, Lisaura, Placida, Vittoria, Eugenio.

        

LEANDRO Voi, voi avete fatto nascere mille disordini! Avete tolto la reputazione a due donne onorate.

DON MARZIO Anche la ballerina è onorata?

LISAURA Tale mi vanto di essere. L'amicizia col signor Leandro era diretta a sposarlo, non sapendo che egli avesse già moglie.

PLACIDA La moglie sono io.

LISAURA Impostore!

VITTORIA Maldicente!

EUGENIO Ciarlone!

DON MARZIO A me, che sono l'uomo il più onorato del mondo? Io non ho mai commesso una cattiva azione in vita mia.

 

Scena dodicesima Trappola, Ridolfo,  barbiere, locandiere, Leandro.

 

TRAPPOLA Il signor Marzio l'ha fatta bella. Ha fatto la spia a Messer Pandolfo.

RIDOLFO E' uno spione! Via dalla mia bottega.  

BARBIERE Signor spione, non venite mai più a farvi la barba nella mia bottega. (entra)

LOCANDIERE Signora spia, non venite più a mangiare nella mia locanda. (entra nella locanda)

LEANDRO Signor protettore, far la spia è azione da briccone. (entra nella locanda)

DON MARZIO Spione a me? A me spione? Per avere svelato accidentalmente il cattivo costume di Pandolfo, sarò imputato di spione? Io non prevedevo l'inganno, eppur tutti m'insultano,  ognuno mi scaccia. La mia lingua mi ha acquistato l'infamia, che è il peggiore de' mali. Ho perduto il credito e non lo riacquisterò mai più. Andrò via di questa città; partirò da un paese in cui tutti vivono bene, tutti godono la libertà, la pace, il divertimento, quando sanno essere prudenti, cauti ed onorati.

 

- FINE -