TEMI MINISTERIALI DI PEDAGOGIA 2008 - 2013

TEMI DI PEDAGOGIA PROPOSTI PER L'ESAME DI STATO - ANNO 2008

 

Il candidato è tenuto a svolgere, a sua scelta, due dei temi tra quelli proposti.

 

I

“Sia nel mondo umano che in quello animale il gioco è prerogativa di individui giovani tesi all’esplorazione del mondo circostante e all’apprendimento delle regole per controllarlo sul modello adulto. Nel mondo umano…entrano in gioco la vita emotiva, quella intellettiva, i processi di socializzazione e di educazione, che proprio nell’attività ludica trovano le loro prime espressioni.

 

Dal punto di vista educativo il gioco risponde alla dinamica dell’apprendimento dove le risposte vengono modificate da stimolazioni ordinate a rinforzare la risposta o a estinguerla. Questo processo è assolto dal gioco perché consente di passare gradualmente dai problemi più semplici ai più complessi, di verificare immediatamente il successo o l’errore e di progredire a ritmo individuale nella sequenza dei problemi espressi in forma di gioco. L’apprendimento attraverso il gioco inizia molto precocemente, sin dal livello dei giochi funzionali della prima infanzia. In seguito, con i giochi simbolici il bambino impara a evocare situazioni irreali. Infine nell’età scolare, con i giochi secondo regole, si allena all’ordinamento e alla classificazione, alla consequenzialità delle sue scelte e al controllo delle scelte altrui”.

U. GALIMBERTI, Enciclopedia di Psicologia, Milano, Garzanti, 1999

Rifletti sul contenuto del brano sopra riportato e rispondi alle seguenti domande:

                        Quali attività vanno definite come gioco?

                        Da quali bisogni scaturiscono le attività ludiche?

                        Quali sono le principali teorie del gioco?

                        Quale contributo al processo formativo può venire dalle attività ludiche?

 

 

II

“Come afferma Paul Ricoeur, “le opere narrative sono modelli per la ridescrizione del mondo”. In realtà, il racconto non è in se stesso il modello, bensì, per così dire, un’esemplificazione dei modelli presenti nella nostra mente….I modi in cui rileggiamo un’opera narrativa mutano continuamente: di volta in volta la intendiamo in senso letterale, morale, allegorico e mistico.

La funzione della letteratura come arte è quella di aprirci ai dilemmi, alle ipotesi, alla vasta gamma di mondi possibili a cui un testo può fare riferimento; la letteratura è veicolo di libertà e di chiarezza, strumento dell’immaginazione e, anche, della ragione.

Abbiamo bisogno di poesie e di romanzi che ci aiutino a “ri-creare” continuamente il mondo, nonché di una critica letteraria che esalti i modi sempre nuovi in cui gli esseri umani cercano il significato e la sua incarnazione nella realtà o, meglio, in quelle ricche realtà che noi siamo in grado di creare”.

J. BRUNER, La mente a più dimensioni, R. Rini, Bari, Laterza, 1993

Rifletti sul contenuto del brano sopra riportato e rispondi, alle seguenti domande:

                        Che cosa si intende per educazione letteraria?

                        Quale contributo può fornire l’educazione letteraria al processo formativo complessivo?

                        Attraverso quali strumenti didattici si promuove l’educazione letteraria?

                        Quali nessi intercorrono fra l’approccio alla letteratura da un lato e l’educazione dei sentimenti e la ricerca di significati dall’altro?

 

 

III

“Nell’insegnamento il richiamo all’esperienza diretta dei fatti ha giocato un ruolo polemico di una certa rilevanza contro la pseudo-scienza tutta cartacea. Di qui veniva l’istanza di ravvivare l’insegnamento scientifico da un lato mediante richiami alla storia della scienza e degli scienziati e dall’altro mediante la esecuzione diretta in aula di alcuni esperimenti “classici”, invitando gli alunni ad osservare, annotare, misurare, manipolare e a mettere a fuoco gli aspetti ricorrenti, isolando alcune variabili significative. Allo scopo si dovevano dotare le scuole di laboratori e predisporre schede-guida di esperimenti pilota. A sostegno di questa pratica didattica stava la convinzione che i ragazzi potessero pervenire alla formulazione di leggi scientifiche a partire dai fatti osservati, e quindi in maniera induttiva. Per decenni questa è stata la parola d’ordine, almeno fino a quando la critica epistemologica più matura (per es. di K.R. POPPER) ha dimostrato la fallacia di tante pretese induzioni e ha richiamato allo spirito genuino del metodo sperimentale, che procede piuttosto per ipotesi e messa alla prova di esse. Queste critiche non fanno venire meno l’opportunità di cimentare gli alunni con le prove di laboratorio: ma danno ad esse tutt’altro senso di quello di una induzione “cumulativa” da fatti ripetuti.

M. LAENG, Didattica delle scienze, in “Enciclopedia Pedagogica”, Brescia, La Scuola, 1994

Rifletti sul contenuto del brano sopra riportato e rispondi alle seguenti domande:

                        Quali differenze intercorrono fra scienze naturali, scienze esatte e scienze umane?

                        Qual è il ruolo delle scienze della natura nel processo formativo?

                        Qual è il senso del dibattito sviluppatosi nei decenni recenti sull’induttivismo?

 

 

IV

“Come insegnante devo sapere che senza la curiosità che mi muove, che mi pone interrogativi, che mi inserisce nella ricerca, non imparo né insegno. Esercitare la mia curiosità in modo corretto è un diritto che ho come persona e al quale corrisponde il dovere di lottare per esso.

La costruzione o la produzione della conoscenza implica l'esercizio della curiosità, la sua capacità critica. La cosa fondamentale è che insegnante e alunni sappiano che la loro posizione è dialogica, aperta, curiosa, investigativa e non passiva.

In questo senso, il buon insegnante è quello che riesce, mentre parla, a trarre l'alunno fino all'intimità del movimento del suo pensiero. La sua lezione è cosi una sfida e non una ninna nanna.

I suoi alunni si stancano, ma non si addormentano. Si stancano perché accompagnano il movimento del suo pensiero, ne sorprendono le pause, i dubbi, le incertezze”.

P. FREIRE, Pedagogia dell’autonomia, EGA Editore, 2004

Alla luce delle tue conoscenze ed esperienze, illustra:

                        L’educazione alla ricerca ed alla curiosità.

                        Il rapporto docente-alunno.

                        Metodologie attive di insegnamento- apprendimento.

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Durata massima della prova: 6 ore.

È consentito soltanto l’uso del dizionario di italiano.

Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla dettatura del tema.

 

ESAMI DI STATO – TEMI DI PEDAGOGIA 2009

 

Il candidato è tenuto a svolgere, a sua scelta, due temi tra quelli proposti:

I

«La vera tolleranza non è indifferenza alle idee o scetticismo generalizzato. Presuppone una convinzione, una fede, una scelta etica e nello stesso tempo l’accettazione del fatto che siano espresse idee, convinzioni, scelte contrarie alle nostre. La tolleranza comporta una sofferenza nel sopportare l’espressione di idee, secondo noi, nefaste, nonché la volontà di assumere questa sofferenza. Vi sono quattro gradi di tolleranza: il primo, formulato da Voltaire, richiede di rispettare il diritto di proferire un discorso che ci sembra ignobile; ciò non significa rispettare l’ignobile, significa evitare di imporre la nostra concezione dell’ignobile per proibire un diritto di parola. Il secondo grado della tolleranza è inseparabile dall’opzione democratica: la caratteristica della democrazia è di nutrirsi di opinioni diverse e antagoniste; così, il principio democratico ingiunge a ciascuno di rispettare l’espressione delle idee antagoniste. Il terzo grado obbedisce alla concezione di Niels Bohr, secondo cui il contrario di un’idea profonda è un’altra idea profonda; in altri termini, vi è una verità nell’idea antagonista alla nostra, ed è questa verità che si deve rispettare. Il quarto grado consegue dalla coscienza del fatto che gli umani sono posseduti dai miti, dalle ideologie, dalle idee o dagli dei, così come consegue dalla coscienza delle derive che trascinano gli individui ben più lontano e altrove rispetto a dove volevano arrivare. La tolleranza vale evidentemente per le idee, non per gli insulti, le aggressioni, le azioni omicide.»

E.MORIN, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, trad. ital. S. LAZZARI, Milano 2001

Il candidato esponga le sue riflessioni sul testo sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti questioni:

- che cosa si intende per principio di tolleranza?

- qual è il ruolo del principio di tolleranza nello svolgimento dell’attività educativa?

- in che senso l’educazione è anche educazione alla tolleranza?

 

II

«Inoltre, le scelte di un bambino non dipendono tanto da una presa di posizione in favore del bene e contro il male, ma da chi suscita la sua simpatia e la sua antipatia. Più un personaggio buono è semplice e schietto, più è facile per un bambino identificarsi con lui e respingere quello cattivo. Il bambino si identifica con l’eroe buono non a motivo della sua bontà ma perché la condizione dell’eroe esercita un forte richiamo positivo su di lui. L’interrogativo che si pone per il bambino non è: “Voglio essere buono?” ma “Come chi voglio essere?”. Il bambino decide questo proiettando tutto se stesso in un singolo personaggio.»  B.BETTELHEIM, Il mondo incantato, Milano 2008

Il candidato illustri il passo sopra riportato  soffermandosi in modo particolare sull’educazione sentimentale del bambino, sull’acquisizione di comportamenti etico-morali e sui meccanismi di proiezione della personalità.

III

«Trovarsi a vivere in una società complessa e sovente disorientata, anche nella micro società scolastica, in cui ci si trova di fatto riuniti per ragioni varie, e impegnarsi a farne una vera comunità di vita e di lavoro, significa maturare la capacità di cercare e di dare un senso all’esistenza e alla convivenza e di elaborare dialetticamente i costrutti dell’identità personale e della solidarietà, della libertà e della responsabilità, della competizione e della cooperazione.

In questa prospettiva, l’ordinamento giuridico, che trova nella Costituzione il suo nucleo generativo e il suo fondamentale impianto organizzativo, non va considerato come uno dei tanti schemi astratti e immutabili con cui la scuola obbliga gli studenti ad affaticare la memoria, ma come un germe vitale, che si sviluppa lentamente, e non senza ostacoli e resistenze di tipo interno ed esterno, nella vita dei ragazzi e in quella della classe e della scuola.

Tale ordinamento si rivela progressivamente come potente strumento per capire, per accettare e per trasformare la realtà, per impostare relazioni, per affrontare e risolvere in modo non violento i conflitti a tutti i livelli e per immaginare e promuovere nuove regole, coerenti con quei principi e con le linee portanti dell’ordinamento democratico.»

Documento d’indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, MIUR 2009

Il candidato rifletta sul tema proposto ponendo soprattutto l’attenzione sui seguenti punti:

- convergenza fra istruzione ed educazione;

- valore formativo dello studio della Costituzione;

- esercizio della cittadinanza attiva.

IV

«I bambini e i ragazzi stranieri si trovano di fronte a compiti di sviluppo e ostacoli comuni ai loro coetanei autoctoni (apprendere, riuscire, superare prove e prestazioni, diventare autonomi e responsabili), ma devono affrontare anche sfide proprie e particolari: ridefinire il rapporto tra le memorie e le generazioni, costruirsi un’identità in situazione migratoria, ricercare una collocazione che non sia perennemente in bilico tra i due mondi.

Apprendere nella migrazione comporta quindi la capacità di mobilitare risorse per far fronte alle sfide esterne, alle aspettative diverse che provengono da istituzioni educative differenti, al senso di provvisorietà e indefinita appartenenza che a volte si accompagna al viaggio nel nuovo Paese.

Più che di situazione di disagio, per i bambini dell’immigrazione si può dunque parlare di vulnerabilità, cioè di una condizione di “fragilità” dovuta ai rischi di disequilibrio nelle relazioni principali. [...] In termini di relazione tra apprendente e insegnanti, nella grande maggioranza delle scuole, i docenti si assumono il ruolo positivo ed efficace di “facilitatori” di apprendimento e di iniziatori rispetto al nuovo viaggio, reale e simbolico.»

G.FAVARO (a cura di), Alfabeti interculturali, Milano 2000

Il candidato esprima le sue riflessioni sul test o proposto soffermandosi in particolare sui seguenti punti:

- l’educazione interculturale;

- l’accoglienza degli alunni stranieri; 

- la funzione del mediatore linguistico-culturale. 

ESAMI DI STATO – TEMI DI PEDAGOGIA 2010

 

Il candidato svolga, a scelta, due dei seguenti temi proposti:

I

«Esiste una vocazione? E se esiste è qualcosa che ci indica una professione specifica o è piuttosto una propensione, un interesse, una attrazione verso un campo di attività? E come facciamo a riconoscerla, a trovarla? Alcuni hanno una vocazione specifica. Di solito quando c’è una tradizione familiare musicale o artistica o in una impresa che esiste da diverse generazioni. Ma il più delle volte la vocazione si presenta come interesse verso un certo campo di attività.

A quindici anni io volevo “studiare l’animo umano”. Ma era una aspirazione vaga che poi ho realizzato cambiando più volte strada e attraverso diverse professioni: lo psicologo, il sociologo, il professore universitario, lo scrittore. Sempre in base alle mie esperienze posso inoltre dire che quando uno ha una forte motivazione finisce sempre per trovare la sua strada.

Perché impara, diventa bravo e sono gli altri che gli fanno proposte, gli chiedono di svolgere un’attività utile. Ma non tutti hanno una vocazione precoce.

Molti ragazzi sono incerti, non si sentono attratti da nulla in particolare, si disperdono in cento attività superficiali, si fanno trascinare qua e là dagli amici. Per aiutarli bisogna inserirli in strutture definite, con attività regolari. [...]

Per scoprire la vocazione di un ragazzo servono i test attitudinali ma occorre anche una persona saggia che stia con lui, che gli parli e scopra quali sono i suoi desideri, le sue aspirazioni più forti. Infine sono decisivi gli incontri umani, le esperienze concrete in cui ci rendiamo conto se quella è veramente la nostra strada. Pensiamo a Michelangelo quando ha potuto frequentare Lorenzo il Magnifico, a Leonardo quando ha messo piede nella bottega del Verrocchio, a Freud quando ha incontrato lo psichiatra Charcot. Questi sono esempi famosi, ma, in realtà, ciascuno di noi può incontrare il suo Verrocchio o il suo Charcot. L’importante è essere pronti all’incontro.» F.ALBERONI,  Come si può scoprire la vera vocazione dei ragazzi, in “Corriere della Sera”, 25/05/2009

Il candidato rifletta sull’argomento del brano sopra riportato e fornisca la sua risposta alle seguenti questioni:

• che cosa si intende per vocazione?

• quale rapporto intercorre fra processo formativo e vocazione?

• come si realizza la scoperta della propria vocazione?

• quale rapporto intercorre tra vocazione e professione?

 

II

«Nel caso di un libro sulla funzione educativa, comunque, l’ottimismo mi sembra di rigore: cioè, credo sia l’unico atteggiamento rigoroso. Vediamo: tu stessa, amica maestra, io che, come te, sono un insegnante, e qualunque altro docente, possiamo essere, da un punto di vista ideologico o metafisico, profondamente pessimisti. Possiamo essere convinti della onnipotente cattiveria o della triste stupidità del sistema, della diabolica microfisica del potere, della sterilità a medio o lungo termine di ogni sforzo umano e del fatto che, come disse un poeta, “le nostre vite sono fiumi che vanno a dissolversi nel mare della morte”.

Insomma: qualunque cosa, purché sia scoraggiante . Come individui e come cittadini abbiamo il sacrosanto diritto di vedere ogni cosa nel colore tipico delle formiche e di un gran numero di vecchi telefoni, vale a dire molto nero. Ma come educatori non ci resta che l’ottimismo, così come chi fa del nuoto, per praticarlo, ha bisogno di un ambiente liquido. Chi non vuole bagnarsi, deve abbandonare il nuoto; chi prova repulsione per l’ottimismo, deve lasciar perdere l’insegnamento, senza pretendere di pensare in che cosa consiste l’educazione. Perché educare è credere nella perfettibilità umana, nell’innata capacità di apprendere e nel suo intrinseco desiderio di sapere, nel fatto che ci sono cose (simboli, tecniche, valori, memorie, fatti ...) che possono essere conosciute e meritano di esserlo, e che noi uomini possiamo migliorarci vicendevolmente per mezzo della conoscenza. Di tutte queste convinzioni ottimistiche si può ben diffidare in privato, ma nel momento in cui si cerca di educare o di capire in che cosa consiste l’educazione, non resta che accettarle. Con autentico pessimismo si può scrivere contro l’istruzione, ma l’ottimismo è imprescindibile per potervisi dedicare ...

ed esercitarla. I pessimisti possono essere bravi domatori, ma non bravi maestri».

F.SAVATER, A mia madre mia prima maestra, Bari 2004

Il candidato esponga le sue riflessioni sul testo sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti questioni:

• nel contesto pedagogico vale il famoso dualismo pessimismo della ragione ed ottimismo della volontà?

• alla base della pedagogia c’è la convinzione della perfettibilità umana?

• che cosa significa “i pessimisti possono essere bravi domatori, ma non bravi maestri”?

 

III

«Persone discrete e intelligenti non s’intromettono mai fra l’educatore e gli educati per turbare il regolare andamento dell’educazione; né l’educatore, conscio di operare come richiede il bene dell’alunno, cederà mai a malaccorte preghiere di estranei. I genitori medesimi, quando abbiano deposto nelle mani di un istitutore l’autorità loro, non devono indebolirla rendendola inefficace: possono, se credono opportuno, domandare privatamente schiarimenti all’educatore che han sostituito a se stessi; possono esporgli i loro dubbi, i loro desideri, discutere con lui le norme alle quali convenga attenersi; possono, s’ei non lo merita, ritogliergli la loro fiducia; ma non devono screditarlo agli occhi dei suoi allievi; devono, all’opposto, rispettare essi i primi, in faccia ai figliuoli, le sentenze non affatto irragionevoli del loro sostituto e agevolarne la esecuzione. Lo stesso dico delle varie persone d’una famiglia, rispetto a quella fra loro che ha speciale incombenza di educare: lo stesso del padre rispetto alla madre, della madre rispetto al padre. Tutti devono riverire l’autorità educatrice perché gli educati la riveriscano: tutti astenersi dal frammettersi in un governo che di ogni altro è il più scabroso e di cui può dirsi con verità che molti piloti fan romper la nave negli scogli.» R.LAMBRUSCHINI, Della educazione, Torino 1936

Il candidato rifletta sull’argomento del brano sopra riportato e fornisca la sua risposta alle seguenti questioni:

• per quali ragioni l’educatore deve svolgere il suo compito in piena autonomia?

• in che cosa consiste l’autonomia che va riconosciuta all’educatore?

• qual è la corretta ripartizione dei compiti educativi fra docenti e genitori?

• quali sono i caratteri specifici dell’attività educativa esercitata dal docente?

• attraverso quali strumenti si può valorizzare l’autonomia del docente?

 

IV

«I cambiamenti in atto nella mappa del sapere possono disorientare. Mentre in passato le persone dovevano aspettare lunghi periodi di tempo per conoscere i risultati della ricerca, oggi, grazie a Internet, importanti scoperte vengono divulgate in tutto il mondo nel giro di pochi giorni. La pubblicazione a stampa è diventata sempre più una formalità e, in certi campi particolarmente avanzati, viene senz'altro trascurata. Ogni anno vengono creati nuovi campi e sottocampi di indagine, mentre settori un tempo dominanti perdono di importanza. La disponibilità di database estremamente ampi consente a individui privi di un'istruzione formale di padroneggiare materiali e di offrire contributi al mondo accademico. L'istruzione a distanza consente a molti di seguire studi anche avanzati senza entrare in un college o in un'università. E, come si è già detto, la creazione di ambienti virtuali consente a individui determinati e di talento di dimostrare le proprie competenze senza lunghi e costosi processi dì certificazione. […]

È cambiata la nozione stessa di alfabetizzazione; alle tre abilità classiche del leggere, dello scrivere e del far di conto si deve aggiungere la capacità di usare il computer e i linguaggi della programmazione. […]

Sta, inoltre, venendo alla ribalta una diversa miscela di abilità di base. Quando si incomincia a operare in ambiente ipermediale, a concepire e a creare le proprie pagine web. 

H. GARDNER, Sapere per comprendere, Milano 2009 (ed. or. 1999)

 

Il candidato esponga le sue riflessioni sul testo sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti questioni:

  • dizione "mappa del sapere" e nozione di cambiamenti nella "mappa del sapere";
  • prospettive aperte dall’utilizzo di internet;
  • pericoli legati all’utilizzo indiscriminato delle risorse offerte dal web e problemi di sicurezza.

 

ESAMI DI STATO - TEMI DI PEDAGOGIA 2011

 

Il candidato svolga, a scelta, due dei seguenti temi proposti:

I

«L’espressione “ visione del mondo ” si riferisce, in generale, all’universo che ogni popolo, ogni cultura, ogni epoca e ogni individuo si costituiscono conferendo al mondo un determinato senso e un determinato valore. Tale visione non è mai definita e conclusa, ma sempre dinamica e aperta, perché dipende dall’attribuzione di senso (Sinngebung) che l’uomo di volta in volta dà al mondo. In questa attribuzione consistono la libertà dell’uomo e le radici ultime del suo modo di essere strettamente dipendente dalla visione che egli ha del mondo. Questa concezione, già presente nella cultura tedesca di fine Ottocento, è stata filosoficamente tematizzata da Dilthey, che col termine Weltanschauung ha indicato la generalizzazione dei dati culturali, artistici e filosofici che incarnano lo spirito di un’epoca, e da Jaspers, che nella visione del mondo ha distinto il versante soggettivo costituito dagli atteggiamenti e il versante oggettivo rappresentato dalle immagini con la precisazione che “atteggiamenti e immagini del mondo sono astrazioni, che separano ciò che in pratica coesiste”.»

U.GALIMBERTI, Dizionario di Psicologia, Milano, 1999

Il candidato esponga le sue riflessioni sull’argomento del brano sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti questioni:

− che cosa si intende per visione del mondo?

− c’è nell’educando l’esigenza di costruirsi una visione del mondo? e, in caso affermativo, da che cosa nasce tale esigenza?

− quale rapporto intercorre fra processo educativo e costruzione di una visione del mondo da parte dell’educando?

− quale ruolo deve svolgere l’educatore in riferimento a tale processo di costruzione?

 

II

«Io avevo definito la classe non come un luogo dove il ragazzo viene per apprendere dati conosciuti, ma come una struttura sociale nella quale si sviluppino comunicazioni e interazioni tali da far maturare la sua personalità. Oggi, per un insegnante, è difficile intuire le varie interazioni negative che si creano e si modificano all’interno di una classe. Questa è formata da individui diversi per estrazione sociale, sviluppo intellettivo ed educazione, rispetto alle grandi e alle piccole cose; e la scuola è considerata anche come frutto del pensiero genitoriale, che non si capisce mai del tutto in che modo viva la figura dell’insegnante. Dico questo perché in molti casi di cronaca si riscontrano le difficoltà degli insegnanti a scoprire certe situazioni drammatiche e a evitarle. Di certo non sono esigue le difficoltà attuali, loro e di tutto il sistema, riguardo alle classi dagli otto ai tredici-quattordici anni.

Segni indiretti come disattenzione, indifferenza, apprendimento ondulatorio, insicurezza o spavalderia, impulsi e situazioni sessuali eccessivamente ansiogeni, autosufficienza, o al contrario passività e dipendenza, possono essere campanelli d’allarme. Soprattutto se improvvisi.» G.BOLLEA, Genitori grandi maestri di felicità, Milano 2010

Il candidato, seguendo il ragionamento dell’autore del testo sopra riportato, sviluppi il concetto di classe scolastica come struttura sociale, rilevando le possibili dinamiche comunicative e formative che si aprono fra gli alunni.

 

III

«Si è spesso sottolineato l'effetto positivo che l'interazione sociale ha sul ragionamento dei bambini; l'interazione fornisce infatti un sistema di supporto sociale, in modo particolare per quanto riguarda le acquisizioni di tipo procedurale. [...] Le caratteristiche sociali e costruttive dei processi di apprendimento sono ancora largamente sottovalutate o non considerate nella maggior parte dei contesti educativi: per questa ragione, volendo studi are i processi sociali di acquisizione delle conoscenze abbiamo costruito (e inserito in un contesto scolastico) contesti di apprendimento innovativi che abbiamo definito «discussioni». [...] Le discussioni a scuola infatti possono costituire un potente contesto per praticare e imparare nuove strategie di pensiero e ragionamento, a patto che vengano salvaguardate alcune condizioni per la loro realizzazione: ad esempio, partire da un’esperienza comune e condivisa e disporre di un oggetto di discussione realmente problematico anche per gli studenti. È inoltre necessario cambiare i ruoli «sociali» del discorso a scuola: anche l'insegnante può imparare e anche gli studenti possono partecipare attivamente al processo di insegnamento/apprendimento. Come pratica di discorso collettivo una discussione è basata inoltre su abilità conversazionali di tipo più generale che i bambini hanno già imparato quando arrivano a scuola, addirittura quando arrivano alla scuola materna. Quello che devono ancora imparare è a dirigere e utilizzare in modo consapevole queste abilità all'interno delle pratiche di discorso tipiche dei processi di istruzione.» C. PONTECORVO, H. GIRARDET, C.ZUCCHEMAGLIO, Forme di ragionamento condiviso nella comprensione diargomenti storici, in La Condivisione della conoscenza, a cura di C. Pontecorvo, Firenze, 1993

Il candidato esponga le sue riflessioni sull’argomento del brano sopra riportato e, in particolare, si soffermi sui seguenti punti:

− lo sviluppo del linguaggio nella preadolescenza;

− l’utilizzo della pratica argomentativa in una classe della scuola primaria;

− la discussione come strumento di miglioramento delle acquisizioni cognitive.

 

IV

«Io cominciai la mia opera come un contadino che avesse a parte una buona semente di grano e al quale fosse stato offerto un campo di terra feconda per seminarvi liberamente. Ma non fu così;

appena mossi le zolle di quella terra, io trovai oro invece che grano: le zolle nascondevano un prezioso tesoro. Io non ero il contadino che credevo di essere: io ero piuttosto un Aladino che aveva tra le mani, senza saperlo, una chiave capace di aprire quei tesori nascosti.

Infatti, la mia azione sui bambini normali mi portò una serie di sorprese. È logico intendere che quei mezzi che avevano prodotto nei deficienti un grande risultato educativo, potessero costituire una vera chiave per aiutare lo sviluppo dei bambini normali e che tutti i mezzi che avevano avuto successo nel fortificare le menti deboli e nel raddrizzare le intelligenze false, contenessero i principi di una igiene dell’intelligenza, ottima per aiutare le menti normali a crescere forti e diritte. [...] I primi risultati mi gettarono nella più grande meraviglia e spesso nell’incredulità. [...] Il  bambino normale attratto dall’oggetto vi fissava intensamente tutta la sua attenzione e continuava a lavorare e a lavorare senza posa, in una concentrazione meravigliosa. E dopo aver lavorato, allora appariva soddisfatto, riposato e felice. Il riposo era ciò che si leggeva su quei piccoli visi sereni, in quegli occhi di bambino brillanti di contentezza, dopo che era stato compiuto un lavoro spontaneo. Dopo aver lavorato il bambino era più forte, più sano mentalmente di prima.»

P. GIOVETTI, Maria Montessori. Una biografia, Roma, 2005

Il candidato, alla luce delle sue conoscenze ed esperienze, illustri:

− le linee fondamentali del metodo montessoriano;

− la funzione del maestro nella pedagogia montessoriana;

− la pedagogia scientifica: teorie, movimenti ed esperienze tra Ottocento e Novecento. 

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Durata massima della prova: 6 ore.

È consentito soltanto l’uso del dizionario di italiano.

Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla dettatura del tema.

 

 

ESAMI DI STATO – TEMI DI PEDAGOGIA 2012

 

Il candidato è tenuto a svolgere, a sua scelta, due temi tra quelli proposti:

I

«È così chiaro che c’è un’educazione che deve essere impartita ai figlioli non perché sia utile o necessaria, ma perché è liberale e nobile; [...]. Inoltre anche qualcuno degli insegnamenti che hanno in vista l’utilità deve essere impartito ai fanciulli non solo perché utile, ma anche perché può servire come mezzo per l’apprendimento di molte discipline, come avviene nel caso del leggere e dello scrivere. Altrettanto può dirsi per il disegno, che si impara non per non sbagliare nei propri affari privati e per non cadere in errore nella compera e nella vendita degli oggetti che interessano la vita domestica, ma piuttosto perché insegna ad apprezzare la bellezza dei corpi. Cercare ovunque l’utile si addice ben poco a chi ha animo grande e libero.»

Aristotele, Politica, VIII, a cura di C.A. Viano, BUR, Milano 2002

Il candidato esponga le sue riflessioni sul testo sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti questioni:

- in che senso si parla di un’educazione non avente finalità utilitaristiche?

- qual è il fine di un’educazione non utilitaristica?

- quali sono le discipline idonee a contribuire a un’educazione non utilitaristica?

- per quali motivi tali discipline possono fornire un loro contributo?

- nella realtà della scuola è possibile trovare un punto di equilibrio fra educazione disinteressata ed educazione che favorisce l’inserimento nel mercato del lavoro?

- in che cosa può concretamente consistere tale punto di equilibrio?

 

II

«Una tradizione di pensiero ben radicata nella nostra cultura, e che forma gli spiriti fin dalla scuola primaria, ci insegna a conoscere il mondo attraverso “idee chiare e distinte”, ci ingiunge di ridurre ciò che è complesso a ciò che è semplice, vale a dire separare quel che è legato, unificare ciò che è multiplo, eliminare tutto ciò che apporta disordine o contraddizioni nel nostro intendimento. Ora, il problema cruciale del nostro tempo è la necessità di un pensiero in grado di raccogliere la sfida della complessità del reale, vale a dire capace di cogliere le mutue connessioni, interazioni e implicazioni, i fenomeni multidimensionali, le realtà che sono in pari tempo solidali e conflittuali (come la stessa democrazia, un sistema che si nutre di antagonismi mentre li regola). Pascal aveva già formulato l’imperativo di pensiero che bisogna oggi introdurre in qualunque nostro insegnamento, a cominciare dalla scuola per l’infanzia:

“Poiché tutte le cose sono causate e causanti, agevolate e agevolanti, mediate e immediate, e tutte connesse da un legame naturale e insensibile che congiunge le più lontane e le più differenti, ritengo impossibile sia conoscere le parti senza conoscere il tutto, sia conoscere il tutto senza conoscere nel dettaglio le parti”.» Edgar MORIN, in “Le Monde”, 22-23 settembre 1988, ora in La mia sinistra, Erickson, Trento 2011

Il candidato esponga le sue riflessioni sul testo sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti questioni:

- la “tradizione di pensiero ben radicata nella nostra cultura”: il metodo di Cartesio

- il “problema cruciale del nostro tempo”: la sfida della complessità.

- l’“imperativo di pensiero” di Pascal: il futuro del “nostro insegnamento”.

 

III

«La mente umana è stata creata per risolvere problemi, per superare difficoltà, situazioni impreviste, pericoli. Per migliorare la nostra vita e quella di coloro che amiamo. Un problema è, per sua natura, qualcosa che appare improvvisamente. Ci si presenta davanti quando non lo aspettiamo, ci coglie di sorpresa e poi si installa al centro della nostra vita, e non lascia più la presa. Allora dobbiamo concentrare tutte le nostre risorse intellettuali ed emotive, resistere alla tentazione di abbandonare la partita, combattere contro noi stessi e contro l’ostacolo finché non avremo vinto. Solo con la soluzione del problema, tutta l’energia accumulata si scarica, e possiamo proseguire oltre nel nostro cammino. [...] Per questi motivi bisogna che i ragazzi imparino presto ad affrontare gli ostacoli. È sbagliato ridurre troppo i programmi, proteggerli dalle difficoltà, rendere leggera la scuola. Quando i professori non pongono loro problemi stimolanti, quando non li costringono ad essere creativi, quando non impegnano la loro intelligenza e il loro cuore, i ragazzi si indeboliscono. E pensano solo alle canzoni, alle vacanze o si perdono in chiacchiere con i coetanei. Oppure finiscono per cercare un eccitamento qualsiasi nel ritmo ossessivo di una discoteca.

Oppure scaricano le loro potenzialità in eccesso nel movimento frenetico, in folli corse in motorino o in automobile, o in azioni teppistiche. Quando non c’è meta, futuro, speranza, ci incattiviamo sul presente.»

Francesco ALBERONI, La Speranza,Superbur Saggi, Milano 2002

Il candidato esponga le sue riflessioni sul testo sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti questioni:

- la valenza educativa e formativa della didattica per problemi;

- la scuola quale costruzione di un orizzonte esistenziale improntato ai valori;

- i comportamenti giovanili di fronte ai modelli di consumo.

IV

«Un altro principio comune a tutti i “mezzi materiali” costruiti per l’educazione, è il seguente, finora assai poco compreso, e pure del più alto interesse pedagogico: cioè che il materiale deve essere “limitato in quantità”. [...] Il bambino normale non ha bisogno di “stimoli che lo risveglino”, che “lo mettano in rapporto con l’ambiente reale”. Egli è sveglio, e i suoi rapporti con l’ambiente sono innumerevoli e continui.

Egli ha bisogno invece di ordinare il caos formato nella sua coscienza dalla moltitudine di sensazioni che il mondo gli ha dato. [...] Crediamo erroneamente che il bambino più “ricco di giocattoli”, più “ricco d’aiuti” possa essere il meglio sviluppato. Invece la moltitudine disordinata di oggetti, è essa che aggrava l’animo di un nuovo caos, e lo opprime nello scoraggiamento.»

Maria MONTESSORI,La scoperta del bambino, Garzanti, Milano 2008 (Prima ed. 1948)

Il candidato esponga le sue riflessioni sul testo sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti questioni:

- il passaggio dal disordine all’ordine come elemento portante del discorso pedagogico;

- il ruolo dell’educatore nel rapporto bambino-ambiente;

- l’importanza dell’ambiente educativo.

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Durata massima della prova: 6 ore.

È consentito soltanto l’uso del dizionario di italiano.

 

Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla dettatura del tema. 

ESAMI DI STATO - TEMI DI PEDAGOGIA 2013

 

Il candidato è tenuto a svolgere, a sua scelta, due temi tra quelli proposti:

I

«Prima di procedere alle giustificazioni che potremmo chiamare “tecniche” dell’impiego dei tests è opportuno esaminare un’obiezione di fondo, alla quale le argomentazioni “tecniche” da sole non potrebbero rispondere. Si potrà infatti dimostrare abbastanza agevolmente che, se ci hanno da essere voti di profitto e se ci hanno da essere esami, l’impiego di prove oggettive porta un contributo insostituibile alla loro serietà ed obiettività. Ma qual è il valore e la funzione di voti ed esami? Sono essi elementi essenziali del processo educativo, o non piuttosto residui di una concezione superata della educazione, improntata ad una inumana preminenza della funzione selettiva? Perché preoccuparci di voti e di esami che, se anche oggi costituiscono ancora una necessità amministrativa, saranno sperabilmente tolti di mezzo dal progresso educativo, quando le scuole saranno volte al libero ed armonico sviluppo delle attitudini individuali e delle disposizioni sociali degli allievi considerati come “persone” dotate di un loro valore singolare e incommensurabile? [...] La questione può essere riassunta in questi termini: nell’attuale situazione sociale e nell’attuale ordinamento scolastico l’aspetto selettivo non è eliminabile, e d’altra parte ogni rinnovamento dei metodi in senso socializzante è seriamente compromesso dalla sua presenza, che porta naturalmente a forme competitive. Non sembra che la difficoltà possa risolversi altrimenti che scindendo nettamente l’accertamento del profitto individuale dalle attività sociali; e se a queste si vuol dare l’ampio spazio di

cui hanno bisogno per informare veramente di sé la vita scolastica, l’accertamento del profitto dovrà compiersi con metodi che abbinino la rapidità all’oggettività, insomma con prove oggettive sufficientemente intelligenti e ben fatte, tali cioè che l’impegnativo lavoro compiuto collaborativamente serva a superarle più di quanto

non possa servire la preparazione ad hoc degli ultimi giorni.»

Aldo VISALBERGHI, Misurazione e valutazione nel processo educativo, Edizioni di Comunità, Milano 1955

Esponi le tue riflessioni sull’argomento del testo sopra riportato e soffermati, in particolare, su almeno due dei seguenti punti:

- le prove oggettive: pro e contro;

- la funzione “selettiva”;

- “attività sociali” e “forme competitive”;

- misurazione e valutazione.

 

II

«In poche parole, la tesi che sta emergendo è che le metodologie educative adottate nelle aule scolastiche si fondino su una serie di credenze popolari riguardanti la mente dei discenti, alcune delle quali possono agire consapevolmente a favore del benessere del bambino, o inconsapevolmente contro di esso. Queste credenze devono essere rese esplicite e sottoposte a nuovo esame. Diversi approcci all’apprendimento e diverse forme di istruzione – dall’imitazione, all’istruzione, alla scoperta, alla

collaborazione – riflettono convinzioni e assunti diversi riguardo al discente – che può essere considerato soggetto che agisce, che conosce, che sperimenta in proprio, che sviluppa il suo pensiero in collaborazione con altri. Quello che manca ai primati di ordine superiore e che negli esseri umani continua a evolversi è un insieme di credenze sulla mente. Queste credenze a loro volta modificano le convinzioni sulle origini e sulla comunicabilità del pensiero e dell’azione. Un miglior approccio alla

comprensione della mente infantile è quindi un prerequisito indispensabile di qualsiasi progresso in campo pedagogico.»

Jerome BRUNER, La cultura dell’educazione. Nuovi orizzonti per la scuola, Feltrinelli, Milano 1997 (ed. originale 1996)

Esponi le tue riflessioni sull’argomento del testo sopra riportato e soffermati, in particolare, su almeno due dei seguenti punti:

- modelli della mente e modelli di pedagogia;

- la psicologia culturale;

- la psicologia cognitivista;

- comportamentismo e cognitivismo.

 

II

«Nel momento presente, le nostre scuole sono dominate da due correnti apparentemente contrarie, ma egualmente rovinose nella loro azione, e in definitiva confluenti nei loro risultati: da un lato, l’impulso ad ampliare e a diffondere

quanto più è possibile la cultura, e dall’altro lato, l’impulso a restringere e a indebolire la cultura stessa. Per diverse ragioni, la cultura deve essere estesa alla più

vasta cerchia possibile: ecco ciò che richiede la prima tendenza. La seconda esige invece dalla cultura stessa che essa abbandoni le sue più alte, più nobili e più sublimi pretese, e si ponga al servizio di una qualche altra forma di vita, per esempio dello Stato. [...] Si tratta di un dato di fatto generale: con lo sfruttamento - ora perseguito - dello studioso al servizio della sua scienza, diventerà sempre più casuale e più inverosimile la cultura di tale studioso. In effetti, lo studio delle scienze è oggi così ampiamente esteso che chiunque voglia produrre qualcosa in questo campo, e possiede buone doti, anche se non eccezionali, dovrà dedicarsi a un ramo completamente specializzato, rimanendo invece indifferente a tutti gli altri. [...] Ora siamo già arrivati al punto che in tutte le questioni generali di natura seria – e soprattutto nei massimi problemi filosofici – l’uomo di scienza, come tale, non può più prendere la parola. Per contro quel vischioso tessuto connettivo, che si è inserito oggi tra le scienze, ossia il giornalismo, crede che questo compito sia di sua spettanza e lo adempie poi conformemente alla sua natura, ossia – come dice il suo nome – trattandolo come un lavoro alla giornata. Nel giornalismo, difatti, confluiscono assieme le due tendenze: qui si porgono la mano l’estensione della cultura e la riduzione della cultura.» Friedrich NIETZSCHE, Sull’avvenire delle nostre scuole (1872), trad. it., Adelphi, Milano 1992

Esponi le tue riflessioni sull’argomento del testo sopra riportato e soffermati, in particolare, sulle seguenti questioni:

- le due correnti “rovinose” del “momento presente”: impulso all’estensione della cultura e impulso alla riduzione della cultura;

- la specializzazione e l’impossibilità di prendere parola “ in tutte le questioni generali di natura seria”;

- il “giornalismo”: il vero indirizzo culturale dell’epoca moderna.

 

 

IV

«Mestiere rinvierebbe a misterium, forma tarda di ministerium, che indicava un incarico, un servizio.

Per questa via, si arriva alla parola ministro, che, dunque, stava per servitore. Ministro, da minus: il servitore non aveva nulla di magis, «di più», infatti.

Magis si ritrova al contrario in magister, «maestro». Per cui nel «mestiere magistrale» ci sarebbe un palese ossimoro: il rimando al minus contenuto in mestiere, ministro, il rimando al magis contenuto in magister, maestro. C’è dunque la possibilità di essere insegnanti in due modi: praticando un «mestiere», cioè un servizio; essendo «maestri», riconosciuti come portatori di un «di più» che altri non hanno. Che sarebbe come dire: si può esercitare la professione docente così come si esercitano le altre professioni, ovvero per l’utile, noi diremmo oggi per il 27 del mese; la si può esercitare non perché «ministri» di mestiere, ma «magistri» di vita, ovvero perché si è talmente compiuti, realizzati, affermati come persone che si desidera promuovere anche altre persone, come noi, alla compiutezza di sé, alla realizzazione e affermazione piena di sé.

Vaste programme, direbbero i francesi. Vaste programme perché, a questo punto, proprio il magister convoca l’altro filone etimologico da cui proverrebbe il vocabolo

mestiere. O se non etimologico senza dubbio filone storico-antropologico, visto che, di fatto, al di là della filologia indoeuropea che porterebbe maggiori indizi per la derivazione da cui siamo partiti, è accaduto nella storia e nella cultura dei popoli che «mestiere» fosse anche accoppiato a mysterium, «mistero». Perché mysterium? Semplice. Semplice perché non esiste problema più insolubile della pretesa, anche se si fosse del tutto compiuti, realizzati e affermati come persone, che aiutare un’altra persona a compiersi, realizzarsi e affermarsi a sua volta. Non esiste problema più insolubile di questo perché nessuno è l’altro. E se anche qualcuno potesse dichiarare senza ombre di aver scoperto e realizzato l’intero di sé nessuno potrebbe dichiarare di poter fare altrettanto per chiunque altro. Per l’altro, infatti, resterebbe sempre l’ombra: lo si potrà esplorare come oggetto, ma mai come il soggetto che è. Se davvero qualcuno di noi, quindi, potesse rivendicare «il pieno sviluppo della persona che è» solo l’altro potrebbe dire se quanto per noi costituisce «pieno sviluppo» lo sarebbe anche per lui. [...] Ecco, in fondo, perché chi si professa insegnante non fa mai soltanto una professione di un servizio, ma si impegna anche a rispondere di persona a una chiamata che sente in sé e che è invocata da altri.» Giuseppe BERTAGNA, Quale «docente» in quale «scuola»? Dieci anni di incrocio tra riforma degli ordinamenti e della formazione degli insegnanti, in G. Bertagna e C. Xodo (a cura di), Le competenze dell’insegnare. Studi e ricerche sulle competenze attese, dichiarate e percepite, Rubbettino, Soveria Mannelli 2011

Esponi le tue riflessioni sull’argomento del testo sopra riportato e soffermati, in particolare, sulle seguenti questioni:

- che cosa si intende per «mestiere magistrale»?

- quale rapporto intercorre fra «mestiere» e «mistero»?  -

come si realizza la scoperta della vocazione magistrale?

- qual è la specificità dell’insegnare rispetto all’esercizio di qualsiasi altro lavoro?

 

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Durata massima della prova: 6 ore.

È consentito soltanto l’uso del dizionario di italiano.

Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla dettatura del tema.

 

 

ALTRI TEMI MINISTERIALI DI PEDAGOGIA  

 

1. Educare alla differenza 

 

Educare alla differenza significa formare persone in grado di sviluppare le proprie capacità personali e di fare scelte senza sottostare a limiti definiti da ruoli di genere fissi. La scuola è il luogo di socializzazione per eccellenza. Se si considera che le famiglie sono caratterizzate da un numero sempre minore di figli, essa diventa spesso l’ambito dove per la prima volta è possibile relazionarsi in modo continuativo con coetanei di sesso opposto. È attraverso la conoscenza ed il confronto che si sconfiggono i pregiudizi. Occorre investire sulla scuola, per le sue funzioni educative e formative, perché è il luogo privilegiato di interazione e di coinvolgimento di entrambi i generi, per le caratteristiche di apertura culturale, di predisposizione alla ricerca e al confronto e per ribadire il ruolo dell’istruzione e della cultura nel favorire la parità. La scuola diventa quindi un canale prezioso che permette di raggiungere bambini, ragazzi, giovani e di interessarli alle problematiche di genere, nel convincimento che un futuro di pari opportunità è un futuro migliore per tutti.

Il candidato analizzi il tema proposto, affrontando specificamente i seguenti quesiti:

  • In che modo la scuola può affrontare il tema della differenza di genere sollecitando un confronto di opinioni e idee tra gli alunni?
  • Come aiutare gli allievi a riflettere sugli elementi che hanno influito sulla propria crescita di genere (rapporto con genitori e amici, pregiudizi, stereotipi),  analizzando gli aspetti critici e valorizzando gli elementi positivi?
  • Poiché costruire un nuovo modo di convivere e condividere le responsabilità nella nostra società è un processo che riguarda anche gli uomini, in che modo è possibile coinvolgere entrambi i generi e quali sono i vantaggi di una politica per le pari opportunità per gli alunni di ambedue i sessi?

2. "I confini dell'educabilità si sono allargati e, insieme con la tradizionale figura dello scolaro, hanno fatto il loro ingresso nel panorama educativo anche il bambino in età prescolare e l'adulto e la dilatazione educativa si è aperta la strada nella cerchia dei soggetti che presentano un deficit cognitivo o un deficit culturale" F.Ravaglioli, Atlante della pedagogia, a cura di Mario Laeng

Il candidato, alla luce delle sue conoscenze ed esperienze, illustri:
- Il concetto di educazione permanente
- Le problematiche del soggetto portatore di handicap
- Gli aspetti del disagio culturale.

3. J. Dewey, partendo dalla constatazione che gli alunni "perfino in un gioco di competizione manifestano un certo genere di partecipazione, di collaborazione in un'esperienza comune", ha sostenuto che il controllo sociale e l'osservanza di regole condivise non devono essere intese come restrizioni della libertà personale. Da parte sua, Piaget ha scritto che dopo i sette anni i bambini "si accettano nell'unitarietà delle regole ammesse in una stessa partita e si controllano vicendevolmente in modo da manmtenere l'uguaglianza davanti a una legge unitaria". J. Dewey, il mio credo pedagogico, Firenze. La Nuova Italia. 1994 (il libro fu scritto nel 1897). J. Piaget, lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia. Torino. Einaudi. 1964.
Il candidato metta in evidenza

- l'importanza delle regole nell'educazione della persona
- le strategie da impiegare per rimuovere l'atteggiamento antisociale e promuovere il rispetto delle regole.

4. "Io credo che l'educazione sia il mezzo fondamentale della trasformazione della società. Viviamo in un'epoca in cui i cambiamenti sono più rapidi che mai e la diffusione delle notizie ad essi relative pressoché istantanea. Se vogliamo quindi credere seriamente in una scuola che possa essere apprezzata per se stessa, tale scuola deve allora riflettere le trasformazioni che stiamo vivendo". J. S. Bruner, dopo Dewey il processo di apprendimento nelle due culture. Armando. Roma.
Il candidato, alla luce delle sue conoscenze ed esperienze, illustri:
- le caratteristiche della diffusione dell'informazione nella società contemporanea;

- il rapporto tra scuola e società in trasformazione;

- le strategie educative atte a determinare un corretto uso nell'informazione

5. "Alcune delle utilizzazioni migliori e più appropriate del computer nelle abitazioni sono in realtà effetti collaterali della tecnologia informatica: giochi, elaborazione testi, corrispondenza. Quello che è cambiato è che ora i computer sono piccoli e poco costosi." Roger C. Schaank, il computer cognitivo. Giusti. 1989.
Il candidato, alla luce delle sue conoscenze ed esperienze, illustri:
- il ruolo della rivoluzione informatica nei sistemi educativi;

- la differenza dell'uso del computer nell'educazione a casa e a scuola;

- stereotipi e pregiudizi dell'uso del computer