LE FIABE   AMOR DI SALE  IL PIFFERAIO MAGICO        IL PRINCIPE RANOCCHIO

IL RE PORCO   LA BABA JAGA    IL NEGROMANTE        LA PENNA DEL GRIFONE

PETROSINELLA       LA GATTA CENERENTOLA               IL PESCIOLINO D'ORO

LA VECCHIA SCORTICATA      LA SERPE BIANCA             LE TRE MELARANCE  

I VESTITI NUOVI DELL'IMPERATORE                       PSICOLOGIA DELLA FIABA

Il re Porco

IL RE PORCO

 

Testo liberamente tratto da una fiaba

di Giovan Battista Straparola 

 

O nonna, o nonna! deh com'era bella

Quand'ero bimbo! ditemela ancor,

Ditela a quest'uom savio la novella

Di lei che cerca il suo perduto amor!

 

Sette paia di scarpe ho consumate

Di tutto ferro per te ritrovare:

Sette verghe di ferro ho logorate

Per appoggiarmi nel fatale andare:

 

Sette fiasche di lacrime ho colmate,

Sette lunghi anni, di lacrime amare:

Tu dormi a le mie grida disperate,

E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.

 

(Giosuè CarducciDavanti San Guido)

 

C'erano una volta un re e una regina che non avevano figli. Tutti i i sudditi speravano che presto nascesse un erede. Finalmente la regina rimase incinta. Venne circondata da ogni cura da medici e servi e dal marito devoto. Un giorno, mentre era in giardino, fu avvicinata da uno sconosciuto sudicio e malmesso, che le chiese l’elemosina. La regina, disturbata dal suo aspetto, gli disse:  Vai via, brutto porco! Il vecchio le rispose: Che tu possa partorire un porco e sparì.

 

Al momento del parto, quando tutti aspettavano che arrivasse un bel bebè, venne al mondo un graziosissimo porcellino. La regina pianse disperata; il re si strappò i capelli e la felicità sparì dal regno. I regali genitori si affezionarono al cuccioletto, che capiva e parlava come un essere umano ma era pur sempre un animale.

 

Il principe porcello crebbe; girava da solo per il palazzo, parlava coi ministri ed aveva un angolo preferito nei giardini reali; esso confinava con l’orto d’un povero uomo che aveva tre figlie, tutte belle. Il porco s’innamorò della maggiore e si presentò al re suo padre per chiedergli il permesso di sposarla.

 

Il povero re, per il gran bene che voleva al figlio, si decise di andare a parlare con il suo suddito, il quale si rifiutò, ma il re tanto insistette e lo pregò tanto, che l’uomo promise di convincere la figlia a sposare il re porco.

 

Il giorno delle nozze si fecero grandi feste: il porco si divertì come tutti i maiali del mondo: si rotolava nel fango e nel sudiciume. Alla sera si ritirò in camera con la sposa, la quale lo prendeva a calci ogni volta che le si avvicinava. La sposa aveva nascosto sotto le vesti un pugnale, per uccidere il suo sposo nel sonno. Ma si addormentò per prima e fu il porco ad azzannarla e ucciderla.

Al mattino l’omicidio fu scoperto e sollevò un vero scandalo, ma poi si seppe che la sposina voleva uccidere il re.

 

Tempo dopo il re porco scelse per moglie la secondogenita del loro vicino e grugnì e strepitò per essere accontentato. Il re e la regina cercarono di farlo desistere, ma era così furioso che si rotolava nel porcile e insudiciava la reggia dalla rabbia, azzannava i ministri, distruggeva il mobilio.

 

Il re si rassegnò ad andare a chiedere la mano dell'altra figlia a quel povero padre che piangeva ancora la morte della maggiore. Anche la regina andò ad implorare affinché accondiscendesse alle nozze, Anche stavolta il povero padre dovette dare il consenso al matrimonio di e porco con la figlia, ma la ragazza non era affatto rassegnata e nascose un veleno nel vestito. Celebrate le nozze, si infilò nel letto mormorando:  Vedrai, brutta bestia, appena ti addormenterai non ti sveglierai mai più.

 

Il porco indovinò anche le sue intenzioni e fece finta d'addormentarsi. Quando la ragazza si avvicinò per ucciderlo l'azzannò e l'uccise come la prima.
Alla corte furono versate lacrime di disperazione, ma poi l’amore dei genitori prevalse.

 

Dopo qualche tempo re porco vide nell’orto vicino alla reggia la terzogenita che, nel frattempo, era cresciuta e diventata bella più delle sue sorelle. Se ne innamorò e pretese di sposarla. Anche stavolta i genitori lo pregarono, lo supplicarono, lo minacciarono, ma inutilmente. Il re dovette andare dal suo suddito a chiedere per il figlio la mano della sua terzogenita. Egli disse: Me ne ha uccise due, lasciatemi almeno questa. Il re non poteva dargli torto, ma era pur sempre un padre e dovette insistere. Questa volta fu la ragazza a non rifiutarsi e disse: Maestà, sono contenta di sposare vostro figlio. Fissate la data delle nozze.

 

E anche il terzo matrimonio fu celebrato. Questa volta la sposa restò vicino a re porco, gli parlava, lo accarezzava ed era molto affettuosa con lui.

La sera, si infilò nel letto senza parlare. Il porco le si avvicinò e cominciò a strofinarsi accanto a lei. La sua pelle setolosa cadde e sotto apparve un bellissimo giovane. Raccontò alla sua sposa di essere stato condannato a nascere porco per la cattiveria di sua madre, ma che sarebbe diventato un essere umano come tutti non appena si fosse dissolto il maleficio. Il giovane era così gentile e bello che la ragazza subito se ne innamorò.

 

All’alba il principe dovette riprendere la sua pelle di porco e disse alla sposa: Non dire mai nulla a nessuno di quello che hai visto e udito questa notte, altrimenti sarà peggio per te e per me. La ragazza promise ma, passati pochi giorni, confessò tutto alla regina, la quale, non potendo credere alle parole, andò a spiare durante la notte nella camera degli sposi e fu felice di vedere il proprio figlio.

 

Ma il mattino dopo, salutando la sposa, il principe le disse: Hai fatto male a parlare; ormai è troppo tardi. Io devo andarmene e non posso dirti dove. Se mi vorrai ritrovare dovrai camminare per sette anni, dovrai riempire sette fiasche di lacrime del tuo pianto, dovrai logorare sette paia di scarpe di ferro e consumare nel tuo cammino sette mazze di ferro.

 

Subito il giovane scomparve e non se ne seppe più nulla. Inutilmente i genitori e la sposa lo cercarono in tutto il regno; infine la sposa si mise in viaggio per cercarlo, rimpiangendo amaramente la felicità perduta; piangeva e camminava, camminava e piangeva.

 

Cammina cammina, alimentandosi alla meglio e dormendo dove capitava, una notte vide un lumicino in mezzo a un bosco. Arrivò a una capanna e bussò. Venne ad aprirle una vecchia stracciata e sdentata che le disse: Per carità, che fate in questo posto? Rispose: Aiutatemi, vi prego: ho fame, ho freddo e ho sonno. Ma la vecchietta la mise in guardia: Se restate qui morirete. Questa è la casa del Vento Tramontano che mangia tutti coloro che entrano in questa casa.

 

La ragazza rispose: Sono stanca e non so dove andare. Morirei lo stesso. Fatemi entrare. Tanto pregò e insistette che la vecchia la fece entrare e le chiese di aiutarla a preparare la cena, in modo da saziare abbondantemente il Vento Tramontano in modo che, dopo, non avesse più fame e non la divorasse.

 

Così prepararono tanto cibo da soddisfare un esercito. Quando il Vento Tramontano stava per arrivare, la viandante si nascose.

Quando entrò il Vento cominciò a tremare tutta la capanna. Il Vento Tramontano sentì subito al fiuto un odore sconosciuto e cominciò a dire: Ucci, ucci Sento puzzo di cristianucci:
o ce n’è, o ce n’è stato, o ce n’è di rimpiattato!

La moglie gli disse: Avete proprio una bella fissazione. Chi volete che ci sia? E Lui: Moglie mia, sapete che non sbaglio mai.

 

Allora subito la moglie gli porse le vivande più saporite e lui mangiò e si abbuffò, bevve abbondantemente, ma continuò a dire: Eppure io sento proprio odore di cristiano! Allora la moglie gli confessò di aver ospitato una povera donna in cerca del marito e gli chiese di non ucciderla. Lui promise che non avrebbe mai mangiato una regina.

 

Gli si presentò la giovane e gli chiese se avesse visto il suo sposo. Il Vento Tramontano rispose di averlo visto tanto tempo prima in una reggia, ma le disse che forse suo fratello, il Vento di Ponente, poteva saperne di più.

Le disse di andare verso ponente e le diede una nocciolina e le disse di schiacciarla in caso di difficoltà.

La principessa ringraziò e andò a dormire.

 

Il giorno dopo si avviò verso ponente alla ricerca della casa del Vento. Arrivò in cima a un monte dove incontrò una vecchia sdentata  alla quale chiese: Abita qui il Vento di Ponente?
Rispose: Si, per tua disgrazia, ma sta per tornare e allora … povera te!

La donna insistette e la vecchia la fece entrare…. Tutto andò come la prima volta: aiutò la moglie del Vento a preparare un lauto pasto. Il Vento mangiò, e quando la principessa gli chiese notizie del suo sposo, rispose:
L'ho visto in una reggia e si è risposato. Mio fratello, il Vento di Levante, sa certamente dove si trova. Andate da lui.
Per aiutarla le diede una mandorla, da schiacciare al momento del bisogno.

 

L'indomani la principessa partì per il levante e intanto nel cammino erano passati diversi anni, aveva versato tante lacrime e aveva consumato diverse paia di scarpe e verghe di ferro.
Finalmente arrivò a casa del Vento di Levante sulla riva del mare. Era tanto stanca e sfinita, che la moglie del Vento la raccolse per pietà.
Il Vento di Levante, che era più tranquillo e umano dei suoi fratelli, cercò di aiutare la principessa e le disse:
Il vostro sposo si trova in una reggia, perché è diventato sovrano d'un regno tanto lontano che voi non raggiungereste mai….Domani devo andare da quelle parti. Partiremo molto presto. E le diede una noce da schiacciare in caso di difficoltà.

 

Il mattino dopo il Vento di Levante la prese sulle spalle e cominciò velocemente. Disse alla donna: Oggi fanno oggi il bucato le donne della reggia: mescolatevi fra loro e quando stenderanno la biancheria schiacciate la nocciola che vi ha dato il Vento Tramontano.  Subito dopo la depositò a terra e volò via.

 

Le lavandaie lavavano e sciacquavano; la principessa si avvicinò per aiutarle. Allora schiacciò la nocciola e apparvero stesi sul prato i capi di biancheria più fini e più belli che mai si fossero visti. Era una tela divina, bellissima e ineguagliabile. Una delle donne corse a chiamare la sua padrona. Arrivò la regina, che subito volle quella stoffa per sé. Le domandò: Quanto volete per questa roba? le chiese. Rispose: Sappiate, regina, che io non vendo per danaro. E la regina: E allora cosa volete? Replicò: Passare una notte col vostro sposo. La sovrana disse allora: Siete sfrontata, ma la tela mi piace troppo. Venite alla reggia questa sera e sarete soddisfatta.

 

La regina prese la biancheria e fece preparare per il suo sposo pietanze piccanti, in cui nascose dentro tanto sonnifero che avrebbe addormentato un bue, e poi andò a tavola.
Il re mangiò con appetito; ebbe sonno e volle andare subito a letto Quando si fu coricato, la regina fece entrare nella camera la donna e se ne andò.

 

La principessa si avvicinò al letto e riconobbe subito il suo sposo: lo chiamò, lo baciò, lo abbracciò, ma non riuscì a svegliarlo; e allora cominciò a piangere e a dire:

 

Sette paia di scarpe ho consumato,
sette fiasche di lacrime ho colmato,
sette mazze e sett'anni di dolore
per ritrovare l'unico mio amore.

 

Ma il principe non si svegliava. Venne l’alba e arrivò la regina, che la mandò via.

 

Disperata la principessa se ne andò per la città, dove c’era mercato; pensò di schiacciare la mandorla. Subito apparvero tanti vestiti così belli che subito si avvicinarono molte persone meravigliate.

La notizia corse per la città ed entrò anche nella reggia. Quando la regina seppe che erano in vendita dei vestiti mai visti, volle andare a vedere di che si trattava.

 

Arrivata al mercato, rimase senza parole davanti a quegli abiti meravigliosi. Rivide la stessa donna della volta precedente e le chiese quanto volesse. Le disse: Regina, ormai sapete che io non vendo per denaro. La sovrana rispose: Voi sapete che io pago in qualunque modo. Cosa volete? Replicò: Passare una notte con il vostro sposo. E l’altra: Venite stasera alla reggia.
E dicendo così prese tutti gli indumenti preziosi e se ne andò.

 

La sera la regina preparò una cena ancor più piccante della volta precedente e aumentò la dose di sonnifero.
La principessa cercò di svegliare lo sposo, ma inutilmente: gli disse quanto lo amava, quanto a lungo e a fatica lo avesse cercato. Parlava e piangeva e gli disse:

 

Sette paia di scarpe ho consumato,
sette fiasche di lacrime ho colmato,
sette mazze e sett’anni di dolore
per ritrovare il mio unico grande amore.

 

E gli chiedeva: Perché non mi rispondi? Parla, ti prego: l’alba si avvicina e col canto del gallo arriverà la regina.

 

La regina arrivò all’alba e la scacciò in malo modo.

La principessa piangendo uscì dalla reggia e andò vagando per la città. Giunse in piazza, dove erano arrivati i mercanti dalle terre lontane riportando ricchezze e gioielli favolosi da offrire ai sovrani.

Si nascose il viso con un mantello e, mescolandosi al corteo, entrò nella reggia. Giunta nella sala principale schiacciò la noce e subito  apparvero dei gioielli eccezionali, mai visti: brillanti grossissimi, oggetti d’oro di mirabile fattura, diademi e meravigliose corone d’oro di valore incalcolabile.

 

La regina si diresse subito verso quel tesoro e ne chiese il prezzo. La principessa a questo punto si scoprì il capo e disse: Ormai voi sapete, regina, che io non vendo per denaro. La sovrana rispose: Ho capito cosa volete: voi vendete  e io pago. Passate stasera.

Fece raccogliere tutti i tesori e se ne andò.

 

Quel giorno il re si alzò molto tardi, perché il sonnifero era stato veramente troppo e rimase a letto. Vide tutto quello che accadeva nella sala e chiese notizie di lei alla serva, la quale gli raccontò di averla già vista due volte alla reggia, in cui l’aveva fatta entrare proprio la regina. Gli riferì che la donna, ogni volta, gli aveva lungamente rivolto frasi d’amore, mentre lui dormiva profondamente e gli riferì che la donna ogni volta recitava questi versi:

 

sette paia di scarpe ho consumato,
sette fiasche di lacrime ho colmato,
sette mazze e sett’anni di dolore
per ritrovare l’unico mio amore.

 

Il re capì subito di che cosa si trattava e la sera, quando la regina gli fece portare una cena con tanto sonnifero, fece finta di mangiare e diede di nascosto tutto il cibo ai suoi cani., i quali si addormentarono subito.

Quella notte finse di dormire e vide entrare la donna, che riconobbe come la sua sposa, divenuta magra e sofferente per le pene e i disagi.

Ella gli rivolse frasi d’amore e recitò questi versi:

 

Sette paia di scarpe ho consumato,
sette fiasche di lacrime ho colmato,
sette mazze e sette anni di dolore
per ritrovare l ’unico mio amore.

 

Il re si alzò sul letto e l’abbracciò. Piansero di gioia, perché ormai  l'incantesimo era finito. Decisero così di tornare al loro regno. Qui tutti salutarono con gioia il ritorno di re Porco. Poiché i suoi genitori erano morti, egli fu incoronato re, la sua sposa divenne regina e vissero tutti felici e contenti.