LUDWIG VAN BEETHOVEN

BEETHOVEN. AUTOBIOGRAFIA DI UN GENIO. Lettere, pensieri, diari

 

Curatore dell’opera è Michele Porzio, il quale fa riferimento alle Lettere di Beethoven, ILTE, Torino 1968, da cui dichiara di aver tratto  indicazioni autobiografiche ben più espressive e colorite rispetto al Diario.

 

Nella lettera del 15 settembre 1787 al dottor von Schaden Beethoven venne sollecitato dal padre a far visita alla madre che versava in pessime condizioni di salute. Trovò sua madre ancora in vita ma in uno stato disperato perché era malata di Tisi. Morì dopo molti patimenti e sofferenze

 

A Hoffmeister, nella lettera del 6 marzo 1801, Beethoven dichiara che non solo sta molto male, ma che le sue preoccupazioni sono anche di tipo economico e non sa come guadagnarsi da vivere. In qualche modo di adoperare tutta la sua influenza per indurle per indurre la società filarmonica a dare un concerto a suo beneficio, il cui ricavato potrebbe garantirgli di vivere e ancora in maniera rigorosa

 Nel 14 marzo 1801 Beethoven riferisce di aver già subito quattro operazioni e che presto ne dovrà subire una quinta. Sa di essere stato colpito dolorosamente da una sorte ben dura. Continua a pregare Dio nella speranza di sopportare meglio la sua sorte.

 

Nella lettera a Wegeler del 29 giugno 1801 Beethoven si lamenta dei suoi malesseri e in particolare della sua sordità. Sostiene che le sue composizioni guadagnano molto, per sua fortuna, e che riceve più ordini di quanti non ne possa soddisfare.

La sordità è andata sempre peggiorando: sente le sue orecchie fischiare e ronzare giorno e notte. Quasi nessuno intorno a lui se ne  accorge, ma teme che i nemici possano danneggiarlo. Ha maledetto più volte il creatore e la sua stessa esistenza.

 

Beethoven parla ancora della sua sordità nella lettera a Carl Amenta del primo luglio 1801. I medici gli hanno fatto capire che il suo male dipende dalle condizioni del suo addome e che sarà difficile guarire la sordità. Ultimamente ha perfezionato la sua tecnica pianistica con cui ha composto diverse opere e vuole che il suo amico le ascolti e sia il suo stesso orecchio.

 

Nella lettera a Breitkopf del 13 novembre 1802 Beethoven accusa i furfanti immatricolati di aver tentato di ingannare il conte Fries facendosi consegnare un'opera di Beethoven con la scusa di doverla semplicemente trascrivere. In realtà essi hanno compiuto la più grave truffa di questo mondo. Beethoven si è dovuto difendere da questi furfanti e salvare la sua opera perché non venisse distrutta.

 

Nella lettera ai fratelli Carl e Joan il musicista giustifica il proprio carattere misantropo e astioso perché, essendo sordo, rimane tagliato fuori da tantissime attività sociali e familiari. Non può dire continuamente alla gente:” parlate più forte” e confessare la debolezza del senso dell'udito perché proprio lui, un musicista, deve avere un udito molto professionale.

La sua sventura è doppia perché lo fa fraintendere; non trova sollievo nella compagnia degli uomini; non può fare conversazioni né confidenze, è costretto a vivere completamente solo. Nelle rare occasioni in cui sta con gli altri prova molta ansia. Si sente umiliato quando vicino a lui suona un flauto in lontananza e a lui non arriva a alcun suono. Solo la sua arte lo ha trattenuto, aiutandola a resistere fino alla fine

 

Il 26 agosto 184 Beethoven scrive a Breitkopf e lamenta la lentezza di molti editori stranieri che non hanno pubblicato le sue opere e decide di inviarle tutte affinché vengano pubblicate in tempo e possano essere conosciute, evitando qualunque ritardo.

 

In una lettera a Mayer 8 aprile 1806 Beethoven denuncia errori tremendi dei cori e lo prega di far fare molte prove affinché questi errori vengano annullati. Lo prega di prendere a cuore la faccenda come se fosse sua.

 

In una lettera del 7 gennaio 18/09 Beethoven parla degli intrighi di Salieri che non sa dirigere e non sa nemmeno leggere una partitura. Per odio verso di lui Salieri gli ha giocato un tiro maligno: ha minacciato di espellere tutti gli orchestrali se avessero suonato per Beethoven. Però il pubblico ha accolto con entusiasmo l'opera di Beethoven nonostante l'odio di Salieri.

 

Nella lettera a Breitkkopf del 26 luglio 1809 parla ancora dei suoi malesseri e chiede i compensi per le sue opere maggiori; gli chiede di inviargli al più presto gli spartiti di altri musicisti, per esempio il Requiem di Mozart, le messe di Haydn, gli spartiti di Bach.

 

Nella lettera a Bettina Brentano del 1811 si dichiara molto felice per aver ricevuto le sue lettere per il suo matrimonio.

 

Il 10 aprile 1811 scrive una lettera a Goethe di cui è un grande ammiratore. Lo ringrazia per tutto quello che farà per lui; gli promette di inviargli in visione l'opera Eegmont e gli chiede di formulare un giudizio sull'opera stessa. Accetterà sia le lodi che i biasimi.

 

Il 6 e 7 luglio 1812 scrive una lettera all'immortale amata e sa che il loro amore durerà soltanto se entrambi faranno dei sacrifici e lui dovrà vivere per sé e per lei: non vede l’ora di vederla presto, così i loro cuori saranno vicini l'uno all'altro. Il suo cuore trabocca dal desiderio di dirle tante parole, ma ogni parola gli sembra inadeguata e conclude “Sei sempre il mio fedele unico tesoro”.

 

In un'altra lettera del 7 luglio scrive che i suoi pensieri corrono all'immortale amata. Vorrebbe vivere esclusivamente con lei oppure non vederla mai lontano fino a quando non potrà volare fra le sue braccia. Le dichiara la sua piena fedeltà verso di lei e assicura che cercherà di realizzare al più presto lo scopo di vivere insieme.

 

Nella lettera a Karl Amenda del 12 aprile 1815 si congratula con lui che conduce una vita felice e ha dei figli. A lui non è toccata nessuna delle due felicità: né una vita felice né i figli e deve vivere quasi completamente solo separato da tutte le persone che ama.

 

Nella lettera alla Contessa Annamaria Erdödy Beethoven sostiene che gli esseri umani, in quanto personificazioni di uno spirito infinito, sono nati per avere insieme gioie e dolori e anzi raggiungono la gioia unicamente attraverso la sofferenza.

 

Nella lettera “la regina della notte” al Cayetan Giannatasio Del Rio del 20 febbraio 1816 il musicista afferma con forza che il nipote Karl (figlio di suo fratello) Carlo deve rimanere in istituto e che l’indegna madre di lui non deve mai fargli visita. Questa donna, chiamata Regina della notte, è rimasta al ballo degli Artisti fino alle tre del mattino esponendo la nudità del suo intelletto e quella del suo corpo. Beethoven considera orribile tutto questo; per questo dice che dovrà occuparsi lui di Carl e tenerlo lontano dalla madre.

 

All'arciduca Rodolfo, in una lettera del 1819, Beethoven consiglia di non dimenticare le opere di Händel perché gli offriranno sempre il nutrimento più sublime al suo elevatissimo livello musicale e che sicuramente traboccherà di animazione e di ammirazione per questo grandissimo uomo.

 

In una lettera a Luigi Cherubini del 15 marzo 1823, il musicista dichiara che le sue opere sono superiori a tutte le altre composizioni teatrali e che rimane incantato ogni volta che sente parlare delle sue composizioni. Gli chiede di intervenire a suo favore perché ha appena composto una grande messa solenne e vorrebbe inviarla alle Corti europee. Chiede la sua raccomandazione per far sì che le varie maestà accolgano la sua opera.

 

Nella lettera a Vegeler del 29 giugno 1801 Beethoven si lamenta dei suoi malesseri e in particolare della sua sordità. Sostiene che le sue composizioni guadagnano molto, per sua fortuna e riceve più ordini di quanti non ne possa soddisfare. La sordità è andata sempre peggiorando: sente le sue orecchie fischiare e ronzare giorno e notte. Quasi nessuno intorno a lui se ne accorge, ma teme che i nemici possano danneggiarlo. Per questo motivo maledice più volte il creatore e la sua stessa esistenza.

Nella lettera del 18 marzo 1827 a Ignaz Moscheles il musicista ringrazia per gli sforzi compiuti dalla società filarmonica perché lo aiuteranno nelle sgradevoli condizioni attuali dal punto di vista economico.

 

I più grandi beni solo la pace interiore e la libertà.

 

Vivere solo è come un veleno per chi è sordo perché avrà sempre motivo di sospettare di qualsiasi persona inferiore che gli sta attorno.

BEETHOVEN. AUTOBIOGRAFIA DI UN GENIO. Lettere, pensieri, diari- Oscar Mondadori Classici