Altri poeti italiani moderni e contemporanei

POESIE

 

ALTRI POETI ITALIANI CONTEMPORANEI (Da fine '800 ai nostri giorni)

GIOVANNI PASCOLI

GIOSUE' CARDUCCI 

GABRIELE D'ANNUNZIO

Giovanni Pascoli - Il sole e la lucerna

 

In mezzo ad uno scampanare fioco

sorse e batté su taciturne case

il sole, e trasse d’ogni vetro il fuoco.

 

C’era ad un vetro tuttavia, rossastro

un lumicino. Ed ecco il sol lo invase,

lo travolse in un gran folgorìo d’astro.

 

 E disse, il sole: - Atomo fumido! io

guardo, e tu fosti. - A lui l’umile fiamma:

- Ma questa notte tu non c’eri, o dio;

e un malatino vide la sua mamma

 

alla mia luce, fin che tu sei sorto.

Oh! grande sei, ma non ti vede: è morto! -

 

II

 

E poi, guizzando appena:

- Chiedeva te! che tosse!

voleva te! che pena!

 

Tu ricordavi al cuore

suo le farfalle rosse

su le ginestre in fiore!

 

Io stavo lì da parte...

gli rammentavo sere

lunghe di veglia e carte

piene di righe nere!

 

stavo velata e trista,

per fargli il ben non vista.

 

(Da Canti di Castelvecchio)

 

 

GIOVANNI PASCOLI - Rosa di macchia

Rosa di macchia, che dall'irta rama
ridi non vista a quella montanina,
che stornellando passa e che ti chiama
rosa canina;

se sottil mano i fiori tuoi non coglie,
non ti dolere della tua fortuna:
le invidïate rose centofoglie
colgano a una

a una: al freddo sibilar del vento
che l'arse foglie a una a una stacca,
irto il rosaio dondolerà lento
senza una bacca;

ma tu di bacche brillerai nel lutto
del grigio inverno; al rifiorir dell'anno
i fiori nuovi a qualche vizzo frutto
sorrideranno:

e te, col tempo, stupirà cresciuta
quella che all'alba svolta già leggiera
col suo stornello, e risalirà muta,
forse, una sera.

(da "Myricae")

RENOIR - View de Venice 1881
RENOIR - View de Venice 1881

GIOVANNI PASCOLI - *Nebbia

 

Nascondi le cose lontane,

tu nebbia impalpabile e scialba,

tu fumo che ancora rampolli,

su l'alba,

da' lampi notturni e da' crolli

d'aeree frane!

Nascondi le cose lontane,

nascondimi quello ch'è morto!

Ch'io veda soltanto la siepe

dell'orto,

la mura ch'ha piene le crepe

di valeriane.

Nascondi le cose lontane:

le cose son ebbre di pianto!

Ch'io veda i due peschi, i due meli,

soltanto,

che dànno i soavi lor mieli

pel nero mio pane.

Nascondi le cose lontane

che vogliono ch'ami e che vada!

Ch'io veda là solo quel bianco

di strada,

che un giorno ho da fare tra stanco

don don di campane...

Nascondi le cose lontane,

nascondile, involale al volo

del cuore! Ch'io veda il cipresso

là, solo,

qui, solo quest'orto, cui presso

sonnecchia il mio cane.

 

GIOVANNI SEGANTINI PRIMAVERA SULLE ALPI 1897
GIOVANNI SEGANTINI PRIMAVERA SULLE ALPI 1897

GIOVANNI PASCOLI

 

*Tra il dolore e la gioia

 

Vidi il mio sogno sopra il monte in cima;
era una striscia pallida, cò suoi
Boschi d'un verde quale mai né prima
vidi né poi.
Prima, il sonante nembo coi velari,
tutto ascondeva, delle nubi nere:
poi, tutto il sole disvelò del pari
bello a vedere.
Ma quel mio sogno al raggio d'un'aurora
nuova m'apparve e sparve in un baleno,
che il ciel non era torbo più né ancora
tutto sereno.

ANTONIO SMINK PITLOO - Coppia di popolani
ANTONIO SMINK PITLOO - Coppia di popolani

ANGELO ZANARDINI (1820-1893) - *Serenata

 

Non ti chiedo di schiudermi il verone

Perchè sarebbe troppo grande gioja,

Fa sol ch'io sappia che la mia canzone

Non ti dà noja.

 

Fa che intenda il fruscio della tua vesta,

Fa che indovini le adorate forme

Tanto ch'io veda che per me sei desta

E amor non dorme.

 

E se non dormi spegni il lumicino

E traguarda un istante in sulla via,

Tanto ch'io senta che mi stai vicino,

E che sei mia.

 

E se tu m'ami, e se lo vuoi tacere,

Bacia con le tue labbra il bianco fiore

Che porti in seno, e lascialo cadere

Sovra il mio core.

Cristiano Banti Riunione di contadine
Cristiano Banti Riunione di contadine

GIOSUE' CARDUCCI - *San Martino

 

La nebbia a gl'irti colli
Piovigginando sale, 
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar; 
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar. 
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri,
Nel vespero migrar.

VAN GOGH - Campo di grano con cipressi
VAN GOGH - Campo di grano con cipressi

GIOSUE' CARDUCCI - Davanti San Guido

 

I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti 
Mi balzarono incontro e mi guardar. 
Mi riconobbero, e— Ben torni omai —
Bisbigliaron vèr' me co 'l capo chino — 
Perché non scendi ? Perché non ristai ? 
Fresca è la sera e a te noto il cammino. 
Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d'una volta: oh non facean già male! 
Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido cosí ? 
Le passere la sera intreccian voli
A noi d'intorno ancora. Oh resta qui! — 
— Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d'un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei—
Guardando lor rispondeva — oh di che cuore ! 
Ma, cipressetti miei, lasciatem'ire:
Or non è piú quel tempo e quell'età.
Se voi sapeste!... via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità. 
E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtú:
Non son piú, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro piú. 
E massime a le piante. — Un mormorio
Pe' dubitanti vertici ondeggiò
E il dí cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò. 
Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe' parole:
— Ben lo sappiamo: un pover uom tu se'. 
Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir. 
A le querce ed a noi qui puoi contare
L'umana tua tristezza e il vostro duol.
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol! 
E come questo occaso è pien di voli,
Com'è allegro de' passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;
I rei fantasmi che da' fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.
Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l'ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l'ardente pian,
Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co 'l lor bianco velo;
E Pan l'eterno che su l'erme alture
A quell'ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà. —
Ed io—Lontano, oltre Apennin, m'aspetta
La Tittí — rispondea; — lasciatem'ire.
È la Tittí come una passeretta, 
Ma non ha penne per il suo vestire. 
E mangia altro che bacche di cipresso; 
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio, cipressi! addio, dolce mio piano! — 
— Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta? — 
E fuggíano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va. 
Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giú de' cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia: 
La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l'ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch'è sí sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,
Canora discendea, co 'l mesto accento 
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Piena di forza e di soavità. 
O nonna, o nonna! deh com'era bella
Quand'ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest'uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor! 
— Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare: 
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare: 
Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare. 
— Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio cosí.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,
Sotto questi cipressi, ove non spero, 
Ove non penso di posarmi piú: 
Forse, nonna, è nel vostro cimitero 
Tra quegli altri cipressi ermo là su. 
Ansimando fuggía la vaporiera
Mentr'io cosí piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore. 
Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo 
Rosso e turchino, non si scomodò: 
Tutto quel chiasso ei non degnò d'un guardo
E a brucar serio e lento seguitò. 

IPPOLITO NIEVO

 

E anch’io meschino trovator di rime

Né miei più fanciulleschi anni, quand’era

Nuovo a tutto il pensiero, e la speranza

Vece tenea della lontana fede

Ond’oggi faccio schermo alle presenti

Viltadi, anch’io sulle deserte arene

Del Tirreno discesi, e popolai

De’ miei sogni quell’onde, ove le prime

Fenicie prore arditamente in traccia

Correvan di nuova terra.

 

DANTE GABRIEL ROSSETTI - Bocca baciata
DANTE GABRIEL ROSSETTI - Bocca baciata

D'ANNUNZIO - *'A vucchella

 

Si' comm'a nu sciurillo,

tu tiene na vucchella

nu poco, pucurillo,

appassuliatella.

Méh, dammillo, dammillo,

è comm'a na rusella,

dammillo nu vasillo,

dammillo, Cannetella.

 

Dammillo

e pigliatillo

nu vaso piccerillo.

Nu vaso piccerillo

comm'a chesta vucchella

ca' pare na rusella,

nu poco, pucurillo,

appassuliatella.

 

Si, tu tiene na vucchella

nu poco, pucurillo,

appassuliatella.

 

Sei come un fiorellino,

hai una boccuccia

un poco, solo un po'

appassitella.

Dai, dammelo, dammelo,

è come una rosella,

dammi un bacetto,

dammelo, Cannetella.

 

Dammelo

e prenditelo

un piccolo bacio.

Un piccolo bacio

come questa boccuccia

che sembra una rosella,

un poco, solo un poì

appassitella. 

 

Sì, tu hai una boccuccia

un poco, solo un po'

appassitella.

NICOLAS POUSSIN - L'ispirazioene del poeta (1630)
NICOLAS POUSSIN - L'ispirazioene del poeta (1630)

GIOSUE' CARDUCCI - *Il poeta

 

Il poeta, o vulgo sciocco, 

Un pitocco

Non è già, che a l'altrui mensa 

Via con lazzi turpi e matti 

Porta i piatti 

Ed il pan ruba in dispensa. 

E né meno è un perdigiorno

Che va intorno

Dando il capo ne' cantoni,

E co 'l naso sempre a l'aria

Gli occhi svaria

Dietro gli angeli e i rondoni. 

E né meno è un giardiniero

Che il sentiero

De la vita co 'l letame

Utilizza, e cavolfiori

Pe' signori

E viole ha per le dame. 

Il poeta è un grande artiere,

Che al mestiere

Fece i muscoli d'acciaio:

Capo ha fier, collo robusto,

Nudo il busto,

Duro il braccio, e l'occhio gaio. 

Non a pena l'augel pia

E giulía

Ride l'alba a la collina,

Ei co 'l mantice ridesta

Fiamma e festa

E lavor ne la fucina: 

E la fiamma guizza e brilla

E sfavilla

E rosseggia balda audace,

E poi sibila e poi rugge

E poi fugge

Scoppiettando da la brace. 

Che sia ciò, non lo so io;

Lo sa Dio

Che sorride al grande artiero. 

Ne le fiamme cosí ardenti

Gli elementi

De l'amore e del pensiero

Egli gitta, e le memorie

E le glorie

De' suoi padri e di sua gente.

Il passato e l'avvenire

A fluire

Va nel masso incandescente. 

Ei l'afferra, e poi del maglio

Co 'l travaglio

Ei lo doma su l'incude.

Picchia e canta.

Il sole ascende,

E risplende

Su la fronte e l'opra rude. 

Picchia.

E per la libertade

Ecco spade,

Ecco scudi di fortezza:

Ecco serti di vittoria

Per la gloria,

E diademi a la bellezza. 

Picchia.

Ed ecco istoriati

A i penati

Tabernacoli ed al rito:

Ecco tripodi ed altari,

Ecco rari 

Fregi e vasi pe 'l convito. 

Per sé il pover manuale

Fa uno strale

D'oro, e il lancia contro 'l sole: 

Guarda come in alto ascenda

E risplenda,

Guarda e gode, e più non vuole. 

D'Annunzio - La pioggia nel pineto

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
sui ginestri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
l'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come un foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancora trema, si spegne,
risorge, treme, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontane,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.