BERGSON
Nel secolo dello sviluppo scientifico e del Positivismo Bergson, pur considerando la scienza come lo strumento migliore per indagare il mondo fisico, la ritiene inadeguata alla conoscenza del mondo spirituale perché è incapace di cogliere l'essenza spirituale profonda che permea la realtà. La coscienza è un flusso continuo che non può essere colto da un esame obiettivo né analizzato da una scienza che riesce solo ad osservare istanti separati e astrattamente isolati.
Bergson individua due ambiti diversi della realtà: uno esterno, costituito da oggetti materiali che si collocano nello spazio, uno interno costituito da eventi ed esperienze che si collocano nel tempo; il primo è oggetto di studio da parte della scienza che tende a ritagliare le cose nello spazio e tende a rappresentare graficamente il tempo come una linea retta divisibile in segmenti uguali; il secondo è il tempo reale o durata reale, in cui ogni istante è presente anche in quello successivo. Bergson ricerca i dati immediati della coscienza, cogliendoli nella loro immediatezza; i dati di coscienza sono qualitativamente eterogenei, a differenza della realtà esteriore, che è divisibile in parti quantitativamente omogenee ed è analizzabile matematicamente e fisicamente.
Bergson riprende la contrapposizione tra mondo esteriore e mondo interiore del dualismo cartesiano: come Kant, sostiene che la realtà esterna ha come sua dimensione specifica lo spazio mentre la realtà interiore ha come dimensione il tempo. Erroneamente a volte interpretiamo l’interiorità in forma spaziale, sovrapponendo al concetto di spazio quello di tempo, ossia spazializziamo il tempo: dobbiamo invece riappropriarci della nostra vera dimensione, che è quella temporale, ossia avvicinarci al mondo della coscienza nella sua dimensione temporale.
Al tempo spazializzato, che è il tempo suddiviso secondo canoni fisici, scientifici e descrittivi, egli contrappone la durata reale, ossia il tempo che scorre nella nostra coscienza, il tempo autentico; se vogliamo compiere un'analisi dell'interiorità, dobbiamo rinunciare agli strumenti scientifici, che pretendono di ritagliare la realtà in elementi uguali e omogenei, perfettamente misurabili mediante strumenti della fisica. Poiché solo il mondo esterno può essere spazializzato, per analizzare l’interiorità dobbiamo rinunciare al rigore del linguaggio scientifico: dove non arrivano i concetti, arriveranno le immagini, ad esempio quelle della valanga (se si stacca una massa di neve e comincia a rotolare, accumula progressivamente sempre più neve, senza perdere quella presente in origine) e del gomitolo (arrotolando un filo su se stesso, il gomitolo cresce e continua a mantenere le sue caratteristiche: anche se c'è sempre del filo nuovo che si aggiunge, quello che c'era prima non sparisce ma, al più, resta nascosto). Il gomitolo e la valanga crescono, anzi concrescono senza perdere gli elementi iniziali
La memoria, la coscienza e il tempo autentico (durata reale) assomigliano al gomitolo e alla valanga, poiché nel tempo reale (quello della coscienza) nulla si perde mai veramente, a differenza del tempo falso dello spazio. Nel tempo della scienza gli istanti sono differenti quantitativamente tra di loro: è un tempo reversibile, fatto di momenti distinti l'uno dall'altro (come una collana di perle), dove gli spazi diversi si escludono a vicenda.
La durata si riferisce al permanere del tempo: il passato viene continuamente accumulato nel tempo che scorre; i vari tempi non sono omogenei tra loro, a differenza dello spazio, che può essere diviso in particelle uguali fra loro.
I tempi sono qualitativamente diversi, ma i tempi successivi non escludono i precedenti, ma li recuperano come succede con il gomitolo o con la valanga: tutto resta presente e si arricchisce continuamente; pertanto il secondo momento è ricco di tutto quello precedente. Nell'interiorità ogni istante è ricco degli istanti precedenti e la "durata" implica il permanere. Nella durata reale in ogni istante successivo è presente il tempo passato: ogni fase del tempo opera un’azione di spinta e penetrazione in quella successiva: il passato viene conservato nella sua interezza e spinge verso il futuro (spontaneità).
Meccanicismo e finalismo sono due facce del determinismo. La maniera corretta per interpretare la realtà interiore non è né il finalismo né il meccanicismo, bensì la spontaneità, intesa come un flusso di coscienza in cui non si possono ritagliare pezzi (perché che ogni momento è presente anche in quello successivo) e in cui nulla è già determinato e tutto spinge e crea continuamente in una forma che schizza via da ogni determinazione. Strettamente connesso al problema della spontaneità vi è quello della libertà: se il passato spinge verso il futuro, nulla avviene in modo prevedibile e rigoroso: lo slancio vitale è una forza creatrice sempre in grado di produrre qualcosa di nuovo.
Non più la scienza e l'intelligenza ma la metafisica e l'intuizione; quest’ultima ci permette di cogliere direttamente i dati immediati della coscienza, la durata reale, il flusso della coscienza, la spontaneità e la libertà di ciò che avviene nell’interiorità, in antitesi al determinismo che domina il mondo esterno.
L’immagine è più di una rappresentazione, ma meno di un oggetto; è un'esistenza a metà strada tra oggetto e rappresentazione. L’oggetto è un’immagine che esiste in sé, indipendentemente dal soggetto che la percepisce. La memoria non è riducibile al cervello, ma ha una sua dimensione autonoma e spirituale, mentre il cervello è un puro e semplice meccanismo che filtra. Nulla si perde nella memoria: la mente è memoria e tutte le nostre esperienze sono custodite in essa.
Bergson contrappone l'intelligenza, riguardante il mondo esterno, propria della scienza e cristallizzata nel linguaggio, all'intuizione, sulla quale si costruisce la metafisica, capace di attingere al flusso della coscienza e di cogliere l'essenza dall'interno della vita psichica.
Ne L'evoluzione creatrice Bergson tende a vedere nel cosmo il corrispondente della coscienza, ossia un principio comune, uno slancio vitale che governa l'evoluzione del mondo vivente. Superando definitivamente ogni dualismo e ogni insanabile frattura tra mondo spirituale e mondo fisico, ammette un unico principio valido per l'intera realtà che, alla fin fine, è una sola. Non ha senso parlare di due realtà differenti (anima e corpo) e di due strumenti diversi per conoscerli: l'intelligenza e l'intuizione non indagano più due realtà diverse, bensì indagano in due modi diversi l'unica realtà esistente.
L'intera realtà è il frutto di uno slancio vitale, creativo e spontaneo, che sfugge ad ogni forma di determinabilità: nell'interiorità scopriamo un flusso, un processo che investe non solo la coscienza, ma tutta la realtà.
La durata reale non è solo la coscienza ma diventa la chiave di lettura del mondo vivente e dell'intero universo. La coscienza e la materia, coi loro due tempi (la durata reale e il tempo spazializzato) e con i loro due strumenti (l'intuizione e l'intelligenza), non vengono più contrapposte, in quanto anche la materia è permeata da quell'unico principio vitale che Bergson chiama slancio vitale. Esso corrisponde in parte alla volontà di Schopenhauer: è un principio unico che soggiace all'intera realtà, e con esso Bergson spiega l'evoluzione del mondo vivente.
Se ammettiamo un unico principio spirituale, come si spiega la materia? Lo slancio vitale, penetrando nella materia, la spinge in direzioni diverse (evoluzione): gli esseri viventi contengono in sé lo slancio vitale, ma sono sempre esseri animali incarnati nella materia; ogni essere vivente è il risultato della spinta data in una certa direzione dall'unico slancio vitale, che di fronte alla materia si divide e in qualche caso spinge oltre. Ogni specie vivente è il risultato di una spinta dello slancio vitale che a volte va oltre, altre volte si frena. Lo slancio vitale, che ha un’essenza spirituale, nel momento in cui esaurisce la sua forza tende a manifestarsi come materia.
Questo evoluzionismo, a differenza di Darwin, è carico di spiritualismo e presuppone quasi una lotta tra slancio vitale e materia inerte che lo frena.
Le specie animali sono tra loro diverse: più lo slancio vitale va in alto e più riesce ad emergere nella sua natura spirituale. Nelle forme vegetali l'identità spirituale è quasi ingabbiata, perché lo slancio vitale non penetra nella materia: negli animali e ancora di più nell'uomo, esso si è spinto oltre qualitativamente e quantitativamente.
Lo slancio vitale, come un fuoco d'artificio, sale verso l'alto ma esaurisce la sua spinta e tende a ricadere al suolo; ad esaurirsi non è lo slancio infinito, bensì i singoli frammenti che si spengono e tendono a ricadere.
Nell'uomo, che costituisce il vertice dei vertebrati, l'uomo è dotato di intelligenza ma, se lo desidera, può recuperare la dimensione dell'istinto e fonderla con quella dell'intelligenza, dando vita all'intuizione, una specie di intelligenza istintiva che fa sì che si abbia la certezza immediata e interiore dell'istinto e la coscienza propria dell'intelligenza.
Nel saggio Il riso Bergson si concentra su tre aspetti della comicità: 1) è legata a un fattore umano (una caduta suscita ilarità, un animale può essere comico se somiglia alla caricatura dell'uomo); 2) è legata all'insensibilità (non si può ridere di una persona che genera pietà; il comico non si rivolge al cuore ma all'intelligenza); 3) ridere ha natura sociale (è condivisibile con altri esseri, reali o immaginari.